Hanno fatto la resistenza

De Rossi (59)© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
3 min

A Monchi non risparmiamo critiche da agosto, ma oggi abbiamo il dovere di stringergli la mano (ricapiterà?) poiché ha avuto la forza di mettere se stesso tra Pallotta, il dissenso, e Di Francesco: ha difeso petto in fuori la sua scelta e il professionista dopo un 1 a 7 che avrebbe steso un toro e il professionista l’ha ripagato presentando una squadra concentrata, viva, a tratti arrembante (fondamentale il rientro dopo quasi cento giorni di De Rossi, allenatore in campo); una squadra fermata solo da un marziano, Donnarumma. Non possiamo sapere se questo pareggio col Milan ricaricato da Piatek e Paquetà (al quale mancano un rigore e l’espulsione di Pellegrini) potrà restituirci una Roma credibile e europea, ma certo il fatto che sia riuscita a resistere allo tsunami emotivo è un gran bel segnale.

Segnali forti dall’Olimpico ma anche da San Siro dove s’è celebrato il “dannocapo” (cinese) dell’Inter, sempre in bilico tra la possibilità di alzare la posta, in nome di un progetto grandioso, e quella di perdere l’anima per strada. Ieri l’ha persa di nuovo, l’anima, e si sono inevitabilmente moltiplicate le censure tattiche, le spiegazioni psicologiche, le più centrate: il punto non è mettere dentro Ranocchia per farlo saltare (non è una battuta) in attacco e provare a sfondare dal cielo - l’avevano fatto altri in passato, anche con successo: non è tentare di risolverla di testa, ma entrare nella testa di una squadra che quando si ritrova sotto non riesce mai - ripeto, mai - ad aggiustare il risultato. Una resa per certi versi catastrofica, dunque, perché l’Inter si è mostrata incapace di risollevarsi perfino col Bologna che non vinceva in trasferta dal dicembre del 2017. Da sempre Spalletti, che tatticamente non ha niente da invidiare a nessuno, dà il meglio di sé (e alla squadra) quando si sente addosso la piena fiducia di società e pubblico: le prime sconfitte, le prime ombre, le prime diffidenze ambientali alimentano la sciofobia e allora sono guai seri. Nella testa dei suoi ha saputo invece entrare immediatamente Mihajlovic: mai visto nei mesi precedenti Danilo così preciso e determinato, Dijks altrettanto potente e intraprendente, Pulgar e Mbaye sempre dentro la partita, e insomma una squadra, non un insieme di conigli bagnati; offensivo pensare che giocassero contro Inzaghi: in debito di audacia, non riuscivano neppure a giocare per sé stessi, troppo contratti, timorosi, persi di vista il piacere, la voglia di giocare. Di crederci.

PS. Marek, insegna la tattica ai cinesi.


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