La soglia matta

La soglia matta© ANSA
Ivan Zazzaroni
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ROMA - L’ errore più grave l’ha commesso il presidente della federcalcio Gravina il giorno in cui, per spiegare la mancata adozione del protocollo Uefa (con 12 giocatori di movimento più un portiere negativi si va avanti) scelse di affidarsi al buonsenso dei presidenti. Era giunto a quella conclusione apparentemente pilatesca soltanto dopo aver raccolto i pareri di alcuni esponenti delle venti società: uno gli aveva suggerito di porre la soglia massima a tre positività, un altro di alzarla a quattro, un terzo a sei e più. E via discorrendo. 

Ma, come disse quel tale, «il buonsenso è un po’ come il deodorante: le persone che ne hanno più bisogno non lo usano». Anche per questo, inevitabilmente, il consiglio di Lega tenutosi ieri sul tema (e mo’ che famo?) si è diviso: accesissimi i toni, al punto che il presidente Dal Pino ha dovuto rinviare di ventiquattr’ore la decisione.

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A qualcuno undici positività in una sola squadra, il Genoa, non bastano per imporre lo spostamento della partita. La motivazione è semplice: dal momento che anche l’Italia va verso l’introduzione della direttiva europea (subito dopo la sosta), non è giusto creare un precedente: cosa accadrebbe se in futuro un’altra squadra con una dozzina di contagiati fosse costretta a scendere in campo? 

Siamo alle solite comiche: è augurabile che, in questa fase di vuoto normativo, prevalga la sportività e si scelga la strada del rinvio (è questo l’orientamento di Dal Pino). Quello che succederà dopo l’equiparazione del nostro campionato a quelli che applicano già il protocollo Uefa fa parte di un’altra storia. Il cui titolo potrebbe essere: «Solo norme chiare e precise, nel calcio italiano l’interesse privato prevale sempre sul buonsenso».

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