Le colpe di Zeman, le paure del Cagliari

Seconda sconfitta interna consecutiva: la squadra sembra aver imboccato un tunnel senza via di uscita e il futuro ora preoccupa
Vincenzo Sardu
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E’ una crisi di rigetto? I sintomi ci sono tutti. Il Cagliari non sembra più una creatura zemaniana, peggio, non sembra neanche una creatura calcistica. E’ un qualcosa difficile da inquadrare, da capire: prende gol con sistematica puntualità, offre nitide occasioni da rete agli avversari e che si chiamino Fiorentina, Chievo o Modena non fa differenza, non sviluppa più trame di gioco lineari e logicamente funzionali e ora non arriva più neanche a insidiare il portiere avversario. Se non è involuzione questa, cosa altro potrebbe essere?

Squadra impaurita, e che per paura sbaglia più di quanto non farebbe in virtù delle sue imperfette capacità. Una paura nella quale, questo è il sospetto più preoccupante, le scelte di Zeman probabilmente funzionano da detonatore, da benzina lanciata a secchiate sul fuoco. Benedetti impresentabile, Balzano spostato a sinistra dove non si ritrova, il tridente dove non c’è neanche un attaccante di ruolo, Crisetig costretto a fare l’interno che è un ruolo di ripiego e non il suo canonico (regista). Tutto ciò alimenta la paura e le incertezze nelle quali ogni squadra che si misura con il Cagliari sguazza felice. Non fosse stato per un arbitro troppo tenero, i rossoblù avrebbero pagato un pegno ancor più amaro (rigore perdonato a Benedetti e rosso non sventolato a Cossu, nel primo tempo).

Basta per decretare la fine del sogno zemaniano? Occorre ammettere che la squadra sta mostrando una crisi di rigetto profonda, a tutti i livelli. Non fa niente di quel che il boemo predica, ed è evidentemente intimorita. Il corto circuito è di tale portata da non sembrare risolvibile con un patto d’acciaio interno. Il Cagliari, messo così, difficilmente potrà rialzarsi.

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