Per il Cagliari una vittoria con troppo amaro

I messaggi arrivati dal pirotecnico 4-3 sul Sassuolo vanno ben oltre la pur ottima classifica. Le "sceneggiate" in campo, lo spogliatoio in subbuglio
Vincenzo Sardu
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Sembra una maledizione. Passi avere il morale basso quando la classifica piange, quando la retrocessione è dietro l'angolo. No, il Cagliari torna in serie A in carrozza, vincendo per la prima volta il campionato di B, ai giorni nostri porta a casa un bottino di 23 punti che sono tantissimi di più rispetto all'attuale media salvezza, di cui virtualmente ha già in tasca almeno tre fette su quattro. Eppure no, persino questo non basta.

Una velenosa campagna anti Rastelli da una parte della tifoseria che sì ha il diritto sacrosanto a esprimere dissenso, sia pur se talvolta si eccede - e da qui gli schizzi di veleno - ma che sembra davvero incredibile non tenga conto che all'attuale tecnico è stato chiesto unicamente un risultato: salvare il posto in serie A. Cosa che, nonostante tutto, Rastelli sta portando a casa.

Ci sono cose che non vanno, alcune delle quali certamente addebitabili anche allo stesso allenatore, ma pure così evidenti e disarmanti su elementi nei quali lui poco può fare. Alcuni giocatori non sono all'altezza della serie A e fatto un bel mucchio, togliendo uno, massimo due nomi, quelli della difesa sono tutti validissimi giocatori per un livello inferiore, ma inadatti alla serie A. Naturalmente, 42 reti in diciotto partite non si prendono soltanto per colpa della qualità degli interpreti del reparto. Ma quello resta il tarlo più evidente tanto che sulla materia la società sta già operando per qualche correttivo in sede di mercato di gennaio. La fortuna di fare scelte senza assilli di classifica, che tanti sottovalutano, aiuterà Tommaso Giulini.

Il problema vero, di cui si era annusato lo sgradevole profumo nelle ultime settimane, è emerso con la sua carica virulenta ieri notte. Dessena che reagisce istericamente al cambio - va detto, ineccepibile per le condizioni tattiche in campo - getta la fascia di capitano a terra e scalcia i tabelloni pubblicitari mentre rientra negli spogliatoi, senza passare dalla panchina come prassi e stile raccomanderebbero, e poco più tardi Sau che deliberatamente ignora la mano tesa del suo allenatore all'uscita dopo il cambio - ineccepibile, pure questo visto il tema in campo - sono i segnali non più ignorabili di un malessere che sembra avere un solo obiettivo: l'allenatore.

Nessuno ha previsto per contratto che un calciatore debba amare il suo tecnico. Ma non osservare le più elementari norme di buonsenso, e di stile, contribuisce a mandare un messaggio sbagliato, pericoloso, cattivo all'esterno. Come se ne esce? Una conseguenza deve esserci. O si interrompe il rapporto con l'allenatore - e allo stato non ce ne sarebbero i motivi per quanto detto prima - o si interviene con dure sanzioni a carico di chi pensa che indossare la maglia del Cagliari non sia da sé un'ottima e sufficiente ragione per sopportare anche un cambio non gradito.

Il Cagliari di tutto ha bisogno, tranne che di situazioni che lo minano all'interno, mandando un messaggio sbagliato all'esterno. Ora per quanto si farà a gara per dare chiavi di lettura alternative o empiriche, gli occhi per vedere li hanno avuti tutti, dunque i provvedimenti devono scattare. In un modo o nell'altro. Poi ci sarà tempo per correggere il correggibile a gennaio, iniziando a dare un'occhiata verso la prossima stagione dove sarà opportuno fare serie valutazioni anche sulle cause e sui personaggi che si sono esibiti ieri. Non soltanto nei ruoli canonici, purtroppo.


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