Kalinic, fame di calcio e voglia di riscatto

L'attaccante della Fiorentina sta stupendo tutti. E pensare che quando era arrivato...
Kalinic, fame di calcio e voglia di riscatto© ANSA
Alberto Polverosi
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Ma dov’era nascosto Nikola Kalinic? Facciamo questa domanda ai tifosi viola e, di riflesso, agli osservatori del calcio: secondo voi, se al posto di Mario Gomez quel caldo pomeriggio di due anni fa si fosse presentato Kalinic quanta gente sarebbe andata al Franchi a osannarlo? Ventimila come allora o venti come immaginiamo? Chi lo ha preso è stato bravo, punto e basta. Non è calcistica la sua vera, grande qualità. E’ umana: la fame. Kalinic ha attraversato un calcio ignoto ai più, il calcio croato e ucraino, non con lo Shakhtar, nemmeno con la Dinamo Kiev, ma col Dnipro conosciuto in Europa solo l’anno scorso per aver raggiunto la finale di Europa League. Ha segnato tanto dove per noi spocchiosi occidentali conta poco, l’Est del continente, ed è arrivato in uno dei primi 5 campionati europei a 27 anni, quando un centravanti o è già famoso per quanti gol ha fatto o è una figura di secondo piano. Kalinic ha scardinato questo pregiudizio proprio con la sua fame. E’ come se avesse abbattuto un’altra barriera e ora “ve lo faccio vedere io”. Il primo gol di San Siro è stato un regalo di Handanovic, certo, ma chi è scattato su quel pallone che era placidamente fra i piedi del portiere sloveno? O meglio, la domanda più giusta è: perché c’è andato? Perché ha fame, perché il suo calcio è lotta, lo è da sempre. Anche il secondo gol, facile no? E’ bastato spingere la palla in rete. Ma solo Kalinic ha creduto che quella palla potesse trasformarsi in rete. Lui è scattato verso la porta, i difensori dell’Inter sono rimasti impalati. Quattro gol della Fiorentina, tre suoi, uno su rigore procurato da lui, come l’espulsione di Miranda. Contro l’Inter è stato mostruoso, ha lottato su ogni pallone, sfidando sul piano dei muscoli e delle botte giocatori dal fisico di Miranda, Guarin e Felipe Melo. Ha piedi buoni, ma soprattutto vede e sente la porta come pochi altri centravanti, e attacca e difende come nessun altro centravanti.


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