La rivoluzione di Allegri, Conte è già il passato

Non era semplice sostituire il tecnico dei tre scudetti consecutivi: Max lo ha fatto lasciando la sua impronta
La rivoluzione di Allegri, Conte è già il passato© REUTERS
Antonio Barill
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ROMA - Non era semplice sostituire Antonio Conte, capitano storico e allenatore del rilancio, capace, dopo gli anni bui post-Calciopoli, di restituire orgoglio alla Juve e inanellare tre scudetti. Il suo addio, oltretutto, era stato traumatico, all’alba del ritiro e in capo a troppe frizioni, lui convinto di guidare una squadra logora, inadeguata a una grande Champions, la società legata invece al progetto e sicura d’un nuovo salto di qualità. Massimiliano Allegri planò a Torino in quel contesto confuso, strappato all’oblio da un sms di Marotta: era stato tecnico del Milan rivale e prendeva il posto d‘un eroe partito all’improvviso, peraltro così diverso sul piano del carattere: comprensibili le perplessità iniziali, trascese, in poche frange esagitate, nelle manate al suv che entrava a Vinovo. «Meglio evitare il cancello prinicipale» suggerirono i responsabili della sicurezza ad Andrea Agnelli, ma il presidente declinò il consiglio con un sorriso: «È la nostra scelta, non dobbiamo nasconderci...». Max ebbe la certezza che non sarebbe mai rimasto solo, sorrise a sua volta e coniò una promessa: «Conquisterò i tifosi con il lavoro e i risultati». Oggi che ha lo scudetto sul petto - tra i pochissimi tecnici, nella storia del calcio, ad aver vinto a Milano e Torino -, che ha prenotato la finale di Coppa Italia e ha riportato la Juventus tra le prima quattro d’Europa, Conte è più che mai sullo sfondo: amato e rispettato come merita, ma in una dimensione giusta perché vincente in primis è la Juve. S’erano avvicendati, prima di lui, Trapattoni e Lippi, adesso c’è Max e tutti hanno lasciato un’impronta: ognuno con il suo stile e le sue idee, tutti con una società forte alle spalle. Max non urla però sa farsi sentire, è esigente in campo ma elastico fuori, ama il dialogo più dell’imposizione, si sente aziendalista nel senso positivo del termine: con questi tratti caratteriali, che lo accompagnano da sempre, ha saputo fare una rivoluzione gentile, evitando di sconvolgere un’organizzazione collaudata, innestandosi sull’eccellente lavoro svolto prima, ma trasmettendo progressivamente la sua filosofia, allungando la linea difensiva, rimodellando il centrocampo per inserire il trequartista, mascherando gli infortuni senza mai lamentarsi, concedendo più libertà a Tevez e responsabilizzando Morata, dando un tocco internazionale a una squadra che ha imparato in fretta a stimarlo e seguirlo.

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