Il silenzio di Elkann rafforza le voci su Andrea

Curve e ‘ndrangheta: perché Jaki non interviene in difesa del cugino Andrea e della Juve? Davvero possibile la “rimozione” del presidente che insegue la leggenda?
Il silenzio di Elkann rafforza le voci su Andrea© ANSA
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ROMA - Contatti pericolosi Juve-'ndrangheta: perché Jaki Elkann non interviene in difesa del cugino Andrea e della Juve? Sono fondate le voci sulla possibile “rimozione” del presidente dei 5 scudetti (più uno, questo, e sarà leggenda) di fila? Se lo domandano in tanti, in particolare Tony Damascelli, giornalista esperto (anche) di cose juventine: “… John Elkann torna a essere il giudice della sentenza” scrive su Il Giornale. “Non è ancora intervenuto a commentare la vicenda, il suo silenzio è sgradevole ma significativo. Il destino di suo cugino è segnato da tempo, la vicenda giudiziaria e le voci maligne di presunti contatti con il mondo della tifoseria criminale, accelerano i tempi di un divorzio che si era manifestato con le scelte private famigliari dello stesso Andrea, non del tutto gradite dal presidente di FCA. Andrea Agnelli ha portato a casa e a cassa risultati e denari che hanno consolidato e rafforzato l'asset del Gruppo ma il ciclo sportivo è a conclusione, probabilmente con la leggendaria vittoria del sesto titolo consecutivo, a meno di clamorose rivoluzioni e penalizzazioni”. “Tutto ciò non cambia il disegno di Elkann”, prosegue Damascelli, “il quale potrebbe avere due soluzioni: o vendere la Juventus, eventualità che non va mai esclusa, o modificare, cosa ormai data per certa, l'attuale gerenza. Anche in questo caso due sono le scelte: affidare la presidenza a uno dei famigliari, Alessandro Nasi o Lapo Elkann, oppure ricorrere a una soluzione bonipertiana con l'incarico offerto a Del Piero o a Nedved, confermando gli altri membri dell' attuale consiglio di amministrazione. Resta la zona grigia, il gioco delle parole e dei sospetti, incontri, contatti, il fumo dentro il quale si muove da tempo Andrea Agnelli, uomo solo al comando. E con la paura che a pagare possa essere ancora la Juventus. Come nel duemila e sei”.

AGNELLI: «MAI INCONTRATO I BOSS» - TUTTO SULLA JUVE

IL CASO - Ma ricostruiamo il caso. I legali della Juve, e forse anche il presidente Agnelli, nei prossimi giorni andranno in Commissione parlamentare Antimafia per fare chiarezza su presunti contatti con alcuni boss della 'ndrangheta emersi dalle indagini della Procura di Torino nell'ambito dell'inchiesta "Alto Piemonte". Ieri, parlando davanti ad alcuni parlamentari in Antimafia, il procuratore della Figc, Giuseppe Pecoraro, ha spiegato che dai documenti prodotti dalla Procura di Torino “si evidenzia che Saverio Dominello e il figlio Rocco sono rappresentanti della cosca Bellocco Pesce di Rosarno. Rocco Dominello ha rapporti con la dirigenza Juve per la gestione di biglietti e degli abbonamenti”. L'ex Prefetto ha poi aggiunto che “i dirigenti che hanno contatti con queste persone sono: Merulla, Calvo, D'Angelo e il presidente Agnelli. Anche il dg Marotta ha avuto un rapporto, seppure occasionale, col mondo degli ultras ma non è stato coinvolto dalla conclusione delle indagini”.

LA DIFESA DI AGNELLI - Andrea Agnelli si è affidato a Twitter: «Nel rispetto di organi inquirenti e giudicanti - ha scritto - ricordo che non ho mai incontrato boss mafiosi. Ciò che leggo è falso».

CHI È DOMINELLO - Il referente della 'ndrangheta di cui si parla è Rocco Dominello, come ricostruisce oggi la Repubbica, figlio incensurato di Saverio, e finito insieme al padre in carcere a luglio durante un'operazione antimafia della Mobile che ha sgominato una delle cosche piemontesi. Dalle carte dell'inchiesta è emerso l'interesse dei boss verso il business del bagarinaggio allo Stadium ed è per questo che Pecoraro ha acquisito gli atti e ora ipotizza che la società abbia favorito economicamente il tifo organizzato, fatto vietato dal codice di giustizia sportiva.

MEMORIALE - Nel memoriale che lo scorso luglio inoltrò alla procura di Torino nel quadro dell'inchiesta Alto Piemonte, Andrea Agnelli assicurò che non ci sono stati "né sconti né omaggi" in occasione della cessione di biglietti della Juve a gruppi ultras. Il presidente spiegò che ad occuparsi della questione fu Alessandro D'Angelo, capo della sicurezza del club. Ma le indagini dicono che un ex capo ultras (che compare fra i 23 indagati per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio) avrebbe messo in contatto un componente della famiglia Dominello con la dirigenza della Juventus. Fu steso, secondo gli inquirenti, un vero e proprio patto: il boss avrebbe fatto da portavoce ad alcuni gruppi della tifoseria organizzata, mantenendo "la pace nella curva", e in cambio avrebbe ricevuto quote di biglietti da distribuire ai supporter o da trattenere per sé e destinare al bagarinaggio.

NEGATO INCONTRO COL BOSS - In un interrogatoro di agosto, il boss Dominello ha parlato di un incontro con Agnelli nella sede bianconera, circostanza che però non ha trovato riscontri. Il presidente, in una telefonata intercettata il 4 agosto 2016 con il security manager della Juventus Alessandro D'Angelo, ha negato con forza di aver incontrato Dominello. «Dice che era la prima volta che ti incontrava - le parole di Dominello - come se lo avessi combinato io questo incontro ...». Agnelli risponde: «No, no, no, mai e poi mai saremmo scesi in quei dettagli lì la prima volta. Impossibile, impossibile. È impossibile che io non appena ti conosco faccio quei discorsi con te».

LE PAROLE DI PECORARO - Nelle scorse settimane il procuratore Pecoraro ha firmato l'avviso di conclusione delle indagini. "L'altra sera - ha detto all'Ansa - mi sono pervenute le carte della memoria difensiva della Juve: le valuterò attentamente, poi prenderò una decisione con i miei collaboratori. Alla base della mia audizione - tiene a ribadire Pecoraro - ci sono le carte che mi sono state trasmesse dalla Procura della Repubblica di Torino: e io ho parlato di contatti, ma non di rapporti. A questo punto - spiega - nell'inchiesta sportiva su questa vicenda io ho tre possibilità. Se trovo convincenti le osservazioni della Juve, archivio: altrimenti c'è il patteggiamento o il deferimento». Più tardi, con una nota, ribadisce gli stessi concetti, sottolineando che la "attenta valutazione" delle memorie della Juventus è tuttora in corso e che solo al termine “prenderemo le nostre determinazioni. Tra l'altro, ho chiesto che l'audizione fosse secretata, proprio perché ci sono ancora valutazioni in corso». Vuole vederci chiaro anche Marco di Lello (Pd), presidente del comitato Mafia e sport della Commissione parlamentare antimafia: «Agnelli dice di non aver mai incontrato boss mafiosi. Ma risulta dagli atti, proprio per questo gli chiederemo di venirci a spiegare in Antimafia”.

COSA RISCHIA LA JUVE - A presentarsi in Antimafia per spiegare la posizione della Juventus saranno prima i legali, invitati a Roma mercoledì prossimo, poi eventualmente il presidente Agnelli, disposto a farsi ascoltare solo in caso di convocazione ufficiale. Intanto la Juventus ha mandato alla procura federale le memorie difensive e Pecoraro entro dieci giorni deciderà se chiedere il deferimento dei quattro dirigenti e della società. Al momento però, sul piano della giustizia sportiva, l'ipotesi più probabile è il patteggiamento con una multa di alcune decine di migliaia di euro.


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