Juventus, Agnelli inibito un anno

Il presidente del club campione d'Italia inibito dodici mesi. Trecentomila euro di ammenda alla società. Entrambe le parti annunciano ricorso
Juventus, Agnelli inibito un anno© ANSA
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ROMA - Un anno di inibizione al presidente della Juventus Andrea Agnelli, accusato di aver favorito la cessione di biglietti agli ultras, e trecentomila euro di multa al club. Questa la decisione del collegio giudicante della Federcalcio in merito al processo sportivo che vede coinvolta la Juve e il suo numero uno. Il procuratore Pecoraro aveva richiesto 2 anni e 6 mesi d’inibizione - e multa di 50mila euro - per il presidente della società bianconera e un’ammenda di 300mila euro, 2 partite a porte chiuse e una senza il settore Sud per il club. La sentenza può ovviamente essere impugnata sia dal club che dalla procura federale.

«Il Tribunale Federale Nazionale-Sezione Disciplinare, rigettate le eccezioni preliminari, ha accolto parzialmente il deferimento proposto dal Procuratore Federale e, per l'effetto, in parziale ridefinizione delle richieste formulate ha disposto le seguenti sanzioni: Andrea Agnelli: anni 1 di inibizione e 20 mila euro di ammenda; Francesco Calvo: anni 1 di inibizione e 20 mila euro di ammenda; Stefano Merulla: anni 1 di inibizione e 20 mila euro di ammenda; Alessandro Nicola D’Angelo: anni 1 e mesi 3 (tre) di inibizione e 20 mila euro di ammenda; Juventus 300 mila euro di ammenda».

PECORARO: FACCIO RICORSO - "Sono parzialmente soddisfatto perchè siamo riusciti a provare la colpevolezza di tutti, ma i fatti sono talmente gravi che secondo me andavano sanzionati di più: per questo presenteremo ricorso". Il capo della Procura Figc, Giuseppe Pecoraro, al telefono con l'Ansa commenta la sentenza del tribunale sulla vicenda Agnelli-ultrà e annuncia ulteriore battaglia legale. "Credo sia utile la valutazione di un'altra corte, tenendo presente che le risorse derivanti dal bagarinaggio sono andate alla criminalità organizzata e questo è gravissimo".

RICORSO ANCHE PER AGNELLI -  Anche la Juve ricorre contro la sentenza del tribunale della Figc sulla vicenda Agnelli-Ultrà. Lo annuncia con una dichiarazione all'Ansa la società bianconera che sottolinea come la sentenza abbia "escluso ogni ipotesi di legame con esponenti della criminalità organizzata". "Juventus Football Club, preso atto dell'odierna decisione del Tribunale Federale Nazionale, - è detto nella nota - preannuncia ricorso presso la Corte Federale di Appello nella piena convinzione delle proprie buone ragioni, che non hanno ancora trovato adeguato riconoscimento. La società esprime la propria soddisfazione perché la sentenza odierna, pur comminando pesanti inibizioni nei confronti del Presidente e delle altre persone coinvolte, ha dopo ampia valutazione del materiale probatorio acquisito escluso ogni ipotesi di legame con esponenti della criminalità organizzata. Juventus Football Club - conclude la società bianconera - ha fiducia nella giustizia sportiva e ribadisce di aver sempre agito in un percorso condiviso con le Forze dell'Ordine con l'obiettivo di contribuire alla piena salvaguardia della sicurezza e dell'ordine pubblico". 

LEGGI TUTTA LA SENTENZA

Il Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, costituito dal Dott. Cesare Mastrocola Presidente; dall’Avv. Paolo Clarizia, dal Dott. Pierpaolo Grasso, dall’Avv. Valentina Ramella, dall’Avv. Sergio Quirino Valente Componenti; con l’assistenza del Dott. Paolo Fabricatore Rappresentante AIA; si è riunito il 26.5.2017 e 15.9.2017 e ha assunto le seguenti decisioni: “” (192)

– DEFERIMENTO DEL PROCURATORE FEDERALE A CARICO DI: ANDREA AGNELLI (all’epoca dei fatti tesserato quale Presidente della Juventus FC Spa), FRANCESCO CALVO (all’epoca dei fatti tesserato quale Dirigente Direttore Commerciale della Juventus FC Spa e comunque soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del CGS), ALESSANDRO NICOLA D’ANGELO (all’epoca dei fatti dipendente addetto alla sicurezza (Security Manager) della Juventus FC Spa e dunque soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del CGS), STEFANO MERULLA (all’epoca dei fatti dipendente responsabile del ticket office della Juventus FC Spa e dunque soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del CGS), Società JUVENTUS FC Spa - (nota n. 10152/101 pf16-17 GP/blp del 18.3.2017). Il Deferimento Il Procuratore Federale, Visti gli atti dell’attività di indagine espletata nel procedimento disciplinare n. 101 pf 16-17 avente a oggetto “comportamento di tesserati della FC Juventus Spa in ordine a presunti rapporti intrattenuti con la tifoseria organizzata per l'acquisto da parte della stessa, di biglietti ed abbonamenti a fini di bagarinaggio ed altre utilità, con la realizzazione di illeciti guadagni per associazioni malavitose", nonchè gli elementi acquisiti dagli Organi preposti, confluiti nella comunicazione di conclusione delle indagini; Preso atto delle memorie difensive depositate da tutti gli avvisati e dell’audizione del Sig. Andrea Agnelli; Rilevato che nel corso dell'attività istruttoria sono stati acquisiti e valutati i numerosi atti di indagine elencati in deferimento, in numero di 35; Considerato che la vicenda ha formato oggetto del procedimento penale pendente dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino - D.D.A. (n. 10270/2009 RGNR e sottoprocedimenti n. 22857/13 RGNR, n. 27583/14 RGNR e 1378/15 RGNR, costituenti la cosiddetta "indagine Altopiemonte"), riguardante l'infiltrazione di soggetti appartenenti a   organizzazioni malavitose fra gruppi di tifosi "ultras" della Juventus FC e i plurimi e duraturi contatti con la dirigenza della Società; Considerato che la Procura Federale ha svolto una autonoma attività istruttoria al cui esito è emersa la violazione della normativa federale che assume profili di particolare gravità e allarme non solo in ambito sportivo; Ritenuto che il comportamento ascritto ai soggetti interessati integra la violazione delle disposizioni normative federali contestate e trascritte in relazione a ogni singola posizione; Deferiva dinanzi al Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare:

1) Agnelli Andrea, all’epoca dei fatti tesserato quale Presidente della Juventus FC; in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva e dell’art. 12, commi 1, 2, 3 e 9 stesso Codice, perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011-12 a quantomeno tutta la stagione sportiva 2015-16, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società da lui presieduta pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, non impediva a tesserati, dirigenti e dipendenti della Juventus FC Spa di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, autorizzando la fornitura agli stessi di dotazioni di biglietti e abbonamenti in numero superiore al consentito, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras” e assecondando, in occasione della gara Juventus-Torino del 23/02/2014, l’introduzione all’interno dell’impianto sportivo, ad opera dell’addetto alla sicurezza della Società D’Angelo, di materiale pirotecnico vietato e di striscioni rappresentanti contenuti non consentiti al fine di compiacere e acquisire la benevolenza dei tifosi “ultras”;

2) Calvo Francesco, all’epoca dei fatti tesserato quale Dirigente Direttore Commerciale della Juventus FC Spa e comunque soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del CGS; in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva e dell’art. 12, commi 1, 2, e 9 stesso Codice, perché, nel periodo che va dall’ottobre 2011 al settembre 2015, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, intratteneva personalmente nonché consentiva ad altri dipendenti della Juventus FC Spa, a lui subordinanti, di intrattenere rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, facendo sì che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla   cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras”;

3) D’Angelo Alessandro Nicola, all’epoca dei fatti dipendente addetto alla sicurezza (Security Manager) della Juventus FC Spa e dunque soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del CGS; in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva e dell’art. 12, commi 1, 2, 3 e 9 stesso Codice, perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011-12 a quantomeno tutta la stagione sportiva 2015-16, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, intratteneva personalmente rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, facendo sì che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, a numerosi incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras” nonché, in occasione della gara Juventus-Torino del 23/02/2014, introducendo di persona, all’interno dell’impianto sportivo, materiale pirotecnico vietato e striscioni rappresentanti contenuti non consentiti al fine di compiacere e acquisire la benevolenza dei tifosi “ultras”;

4) Merulla Stefano, all’epoca dei fatti dipendente responsabile del ticket office della Juventus FC Spa e dunque soggetto che ha svolto, per la predetta Società attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del CGS; in ordine alla violazione dei principi di lealtà, correttezza e probità e dell’obbligo di osservanza delle norme e degli atti federali di cui all’art. 1 bis, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva e dell’art. 12, commi 1, 2, e 9 stesso Codice, perché, nel periodo che va dalla stagione sportiva 2011-12 a quantomeno tutta la stagione sportiva 2015-16, con il dichiarato intento di mantenere l’ordine pubblico nei settori dello stadio occupati dai tifosi “ultras” al fine di evitare alla Società pesanti e ricorrenti ammende e/o sanzioni di natura sportiva, intratteneva personalmente rapporti costanti e duraturi con i cosiddetti “gruppi ultras”, anche per il tramite e con il contributo fattivo di esponenti della malavita organizzata, facendo sì che venissero fornite loro dotazioni di biglietti e abbonamenti, anche a credito e senza previa presentazione dei documenti di identità dei presunti titolari, così violando disposizioni di norme di pubblica sicurezza sulla cessione dei tagliandi per assistere a manifestazioni sportive e favorendo, consapevolmente, il fenomeno del bagarinaggio, partecipando personalmente, inoltre, in alcune occasioni, a incontri con esponenti della malavita organizzata e della tifoseria “ultras”;

5) la Società Juventus FC Spa, a titolo di responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, commi 1, e 12, commi 1, 2 e 3, del CGS, in ordine agli addebiti contestati al suo Presidente, e a titolo di responsabilità oggettiva, ai sensi degli artt. 4, comma 2, e 12, commi 1, 2 e 3 del CGS, in ordine agli addebiti contestati ai Sig.ri Francesco Calvo, Alessandro Nicola D’Angelo, e Stefano Merulla che svolgevano tutti, all’epoca dei fatti, attività rilevante ai fini dell’ordinamento federale, ai sensi dell’art. 1 bis, comma 5, del CGS, per la predetta Società. Le memorie difensive La Juventus FC e il suo Presidente, Sig. Andrea Agnelli, depositavano una memoria congiunta chiedendo l'integrale proscioglimento dall'addebito contestato, sostenendo in linea generale la propria estraneità in ragione di due ordini di motivi scriminanti. 1. Respingevano infatti di aver intrattenuto rapporti con soggetti malavitosi confermando di aver legittimamente colloquiato, in via esclusiva, con coloro che gestivano la tifoseria, censurando in tal senso l'uso improprio del termine "malavita organizzata" ove accostato alla predetta unità gestionale del tifo. Minimizzando quindi la portata dei contatti sporadici intercorsi con il Sig. Rocco Dominello (trait d'union, appunto, con la malavita organizzata) e affermando di non conoscere lo status del medesimo (in quanto nessun processo avrebbe sentenziato la sua appartenenza a detti gruppi), circoscrivevano il loro comportamento ai leciti colloqui con la tifoseria, ipotizzando la circostanza che gli ultras, al loro interno, avrebbero potuto anche annoverare soggetti pregiudicati, ma sconosciuti in tale veste illecita ai vertici della Juventus.

2. Per quanto concerne la fornitura dei biglietti e abbonamenti, nel ribadire che il rilascio di ogni tagliando avveniva dietro presentazione di documenti personali e corrispettivo (secondo quanto ribadito anche nelle memorie degli altri incolpati), il Presidente smentiva categoricamente di essere a diretta conoscenza delle dinamiche operative afferenti alla gestione dei gruppi organizzati, così come rivelato in seno a ogni deposizione resa da tutti i dirigenti ascoltati, adoperandosi anzi per l'affermazione di una direttiva apicale secondo la quale i preposti non avrebbero dovuto concedere nessun omaggio, né prezzi scontati per il rilascio dei biglietti. Reiterando il puntuale rispetto, a cura dei preposti, delle regole dettate dalla presidenza, la difesa si soffermava sulla occasionalità dei colloqui intercorsi con la tifoseria ultras e sulla necessità di operare nella maniera effettivamente adottata per il mantenimento dell'ordine pubblico all'interno dello Stadio per ragioni di pubblica sicurezza, soffermando l'attenzione sull'assunto conclusivo che la Juventus ha sempre avuto, quale obiettivo, la frequentazione serena dei propri impianti da donne, giovani, ragazzi e famiglie. I deferiti concludevano quindi per la pronuncia di proscioglimento. I Sig.ri Alessandro Nicola D'Angelo e Stefano Merulla depositavano una memoria congiunta eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione del Tribunale Federale, in quanto privi di tesseramento con la FIGC in epoca antecedente e coeva ai fatti. Nel merito respingevano l'addebito mosso in relazione ai contestati rapporti con associazioni malavitose, negando recisamente ogni contatto e assumendo che né la DDA né la Procura della Repubblica avevano mai indagato loro per tali motivazioni, affermando anzi che non appena appresa la scomoda posizione del Sig. Rocco Dominello (nell'estate del 2015), avevano immediatamente tagliato ogni rapporto con il medesimo. Non negavano di aver avuto   rapporti con i gruppi organizzati della tifoseria e degli ultras, tuttavia detti consessi erano da annoverare tra gli impegni istituzionali di cooperazione tra tifoseria e forze dell'ordine ai fini della corretta gestione degli impianti sportivi. Ammettevano comunque di aver violato il Decreto Pisanu vendendo più di quattro biglietti a ciascun acquirente, motivando la illegittima deroga con ragioni di ordine pubblico che imponevano un dialogo maggiormente acquiescente da parte della dirigenza nei confronti della tifoseria (spostamento dei gruppi in determinati settori dello Stadio, apposizione di segni identificativi, trasferte e altro). Riconducevano il pagamento dilazionato dei biglietti al rapporto fiduciario instauratosi nel tempo tra acquirenti e venditori dei tagliandi, ventilando la circostanza di essere a conoscenza che alcuni gruppi effettuassero bagarinaggio, senza tuttavia conoscere modalità e termini di tali margini di guadagno. Precisavano che la distribuzione dei biglietti per le gare in trasferta era disciplinata dalle Società ospitanti, per cui il rapporto di compravendita subiva altre e difformi dinamiche alle quali si erano sempre uniformati. Conferivano infine scriminanti precisazioni riferite all'episodio relativo alla introduzione di uno zaino contenente uno striscione e dei fumogeni all'interno della Stadio, a cura del dirigente Sig. Alessandro Nicola D'Angelo, rendendo noto che la relativa perpetrazione del fatto è stata oggetto di confessione resa a cura dei soggetti effettivamente responsabili (due tifosi che avevano confezionato ed esposto uno striscione offensivo). Concludevano pertanto per l'applicazione di una sanzione contenuta nell'ammenda in riferimento alla sola vendita dei biglietti in numero superiore a quattro. Il Sig. Francesco Calvo depositava la propria memoria ponendosi in sostanziale linea con gli altri deferiti e rimarcando come l'attività di intrattenimento con i gruppi organizzati fosse dettata dalla tutela dell'ordine pubblico all'interno degli impianti sportivi. Negava ogni ingerenza o semplice contatto con il Sig. Rocco Dominello o con la malavita organizzata, ricordando che la peculiare attività di relazione con i tifosi ultras era votata alla esplicata necessità pubblica di carattere istituzionale, così da poter meglio gestire la tifoseria organizzata. Riferiva di conoscere soltanto de relato le attività svolte dai Sig.ri D'Angelo e Merulla e dalle ricevitorie (in proprio) per la vendita dei biglietti, precisando di essere a conoscenza che la distribuzione avveniva sempre dietro pagamento del corrispettivo. Limitava, in sintesi, l'ambito normativo di incidenza del deferimento a proprio carico alla sola applicazione dell'art. 12, co. 2 CGS, contestando specificamente l'addebito ex art. 1 bis co. 1 CGS (prevalenza della lex specialis sulla lex generalis), nonchè gli addebiti ex art. 12 commi 1 e 9 per non averli commessi. Concludeva quindi per l'applicazione della esimente dello stato di necessità, ovvero e in subordine per l'applicazione di una moderata ammenda in applicazione del disposto di cui all'art. 12, comma 6 ultimo cpv. In data 12 settembre 2017 l'Avv. Maria Turco e l’Avv. Luigi Chiappero hanno depositato ulteriore documentazione nell'interesse dei propri assistiti. Il dibattimento All’udienza del 15 settembre 2017 le parti hanno ripercorso tutte le argomentazioni formulate nei propri scritti.

La Procura Federale ha formulato le seguenti richieste: - Andrea Agnelli: anni 2 (due) e mesi 6 (sei) inibizione + € 50.000,00 (Euro cinquantamila/00) ammenda; - Francesco Calvo: mesi 6 (sei) inibizione + € 10.000,00 (Euro diecimila/00) ammenda; - Stefano Merulla: anni 1 (uno) e mesi 6 (sei) inibizione + € 10.000,00 (Euro diecimila/00) ammenda; - Alessandro Nicola D’angelo: anni 2 (due) inibizione + € 10.000,00 (Euro diecimila/00) ammenda; - Juventus FC Spa: disputa di 2 (due) gare a porte chiuse + chiusura curva sud per un’ulteriore gara + € 300.000,00 (Euro trecentomila/00) ammenda. Richiedendo, inoltre, per le persone fisiche, l'estensione in ambito UEFA e FIFA delle predette sanzioni. Nel corso del dibattimento l'Avv. Chiappero ha depositato copia dell'organigramma della Società Juventus FC Spa nel corso delle stagioni sportive oggetto del deferimento, nonché ulteriore documentazione idonea a dimostrare l'assenza di alcun provvedimento interdittivo o penale di sorta nei confronti dei soggetti con i quali gli odierni deferiti sono accusati di aver interagito. La Procura Federale ha proposto formale opposizione alla presentazione della predetta documentazione.

Preliminarmente occorre rigettare l'eccezione di difetto di giurisdizione formulata dalla difesa dei Sigg.ri Merulla e D'Angelo in quanto, dalla disamina dei fatti appare evidente che gli stessi abbiano svolto, nel caso di specie attivitá all'interno della Juventus FC Spa e, comunque, nel suo interesse, rientrando a pieno titolo fra i soggetti di cui all'art. 1, comma 5 del Codice di Giustizia Sportiva in vigore fino al 1 agosto 2014 e, successivamente, fra i soggetti di cui all'art. 1 bis comma 5 del nuovo Codice di Giustizia Sportiva. Nel merito il deferimento si appalesa fondato nei termini che seguono. L'imponenza del tema generale afferente ai rapporti tra le Società e i tifosi (oltremodo attuale poiché da sempre all'attenzione della FIGC, che lo ha focalizzato con assoluta meticolosità ai fini del mantenimento dell'ordine pubblico), é stato dettagliatamente esaminato nell'indagine in questione - grazie anche al supporto probatorio fornito dall'indagine penale condotta dalla Procura della Repubblica di Torino - all'esito della quale sono emersi elementi di chiara colpevolezza a carico degli odierni deferiti, e, conseguentemente della Società. I fatti, tutti collocabili nell'alveo dell'art. 12 CGS in relazione ai contestati commi sono stati in gran parte ammessi dai deferiti, sono noti e di agevole individuazione nella loro perpetrazione. Il riepilogo del processo sportivo può essere quindi riassunto nel principio cardine riferito alla antigiuridicità dei fatti commessi, in stretta comparazione con la norma contestata, il cui mero confronto conduce de plano alla conclusione che gli eventi oggetto della incolpazione sono stati effettivamente commessi (vedremo in prosieguo in quale misura e maniera). Va premesso che l'ordinamento statale (non solo sportivo) prevede, all'art. 1 quater, comma 7 bis del D.L. 24 febbraio 2003, n. 28, testualmente che: "É fatto divieto alle Società organizzatrici di competizioni nazionali riguardanti il gioco del calcio di porre in vendita o cedere, a qualsiasi titolo, direttamente od indirettamente, alla Società sportiva cui appartiene la squadra ospitata, titoli di accesso agli impianti sportivi ove tali competizioni si disputano, riservati ai sostenitori della stessa. É, altresì, fatto divieto di porre in vendita o cedere, a qualsiasi titolo, alla stessa persona fisica o giuridica titoli di accesso in numero superiore a quattro. In caso di violazioni delle disposizioni del presente comma si applicano le sanzioni previste dal comma 5 dell'articolo 1-quinquies". Tale disposizione è stata introdotta dal D.L. 8 febbraio 2007, n. 8, nell'ambito dell'adozione di "misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche" La violazione di tale disposizioni, al di là delle sanzioni di carattere sportivo comporta, come sopra indicato, l'applicazione di sanzioni amministrative pecuniarie da Euro 10.000,00 ad Euro 150.000,00. Trattasi, pertanto, di violazione grave non solo per le conseguenze di carattere disciplinare nell’ambito del diritto sportivo, ma anche per le conseguenze di natura amministrativa in capo alle Società che infrangono tali disposizioni. Dall'esame dei fatti, come desunti anche dalle dichiarazioni dei deferiti Calvo, D'Angelo e Merulla, il Collegio rileva che la ratio della norma è stata completamente stravolta. In altri termini ciò che il legislatore ha individuato quale elemento idoneo a causare o quantomeno a favorire fenomeni di violenza, è stato, invece, utilizzato dagli odierni deferiti al dichiarato fine di mantenere l'ordine pubblico nei settori delle stadio occupati dagli ultras ed i buoni rapporti con la tifoseria. Tale circostanza si appalesa oltremodo preoccupante anche in ragione del fatto che non sono stati fenomeni sporadici e occasionali; in realtà le vicende contestate assurgono a vero e proprio modus operandi di una delle Società più blasonate a livello europeo per un lunghissimo arco di tempo ed hanno trovato la loro conclusione non già a seguito di un volontario cambio di rotta societario, ma esclusivamente per l'avvenuta conoscenza delle attività di indagine della Procura della Repubblica di Torino. La reiterata violazione della norma statale sopra indicata e, conseguentemente dell'art. 12, comma 2 del CGS é stata pacificamente ammessa dal Calvo, dal Merulla e dal D'Angelo che hanno invocato, a loro discolpa diverse esimenti che, tuttavia, non possono trovare accoglimento. La presunta vis estorsiva dei capi ultras non trova conferma, per le fattispecie oggetto di contestazione, né nelle dichiarazioni dei deferiti che, al contrario, riconoscono di non essere mai stati né minacciati, né particolarmente pressati da tali soggetti, né nel tenore delle intercettazioni in atti, da cui sembra, invece, evincersi un normale e collaudato rapporto di fiducia reciproca; risulterebbe quantomeno strano, fra l’altro, che soggetti in grado di porre in essere pressioni di natura estorsiva, venissero addirittura condotti ad incontri con la massima dirigenza juventina. Altrettanto pacifica appare la violazione dell'art. 12 comma 1 del CGS da parte dei tre dirigenti sopra indicati. La disposizione in questione prevede che alle Società é fatto divieto di contribuire, con interventi finanziari o con altre utilitá, alla costituzione ed al mantenimento di gruppi, organizzati e non, di propri sostenitori. L'ampiezza temporale, del fenomeno descritto in deferimento, l'entità dei tagliandi e degli abbonamenti distribuiti oltre il limite normativo agli esponenti del tifo organizzato induce a ritenere sicuramente violata la disciplina in questione, a prescindere dalla dibattuta effettiva conoscenza della circostanza che i beneficiari fossero dediti al bagarinaggio ovvero fossero esponenti della criminalità organizzata (la qual cosa, fra l'altro non risulta adeguatamente provata tanto è vero che la notizia ufficiale riferita alla presunta appartenenza dei citati soggetti a cosche illecite, venne resa pubblica in epoca successiva rispetto ai rapporti intercorrenti tra la dirigenza e la tifoseria, e che non appena appresa la notizia, ogni contatto ebbe immediato termine). Emerge, invero, dagli atti, perché inequivocabilmente dichiarato dagli stessi deferiti D'Angelo e Calvo, che gli stessi fossero pienamente consapevoli delle "utilitá" (che fra l'altro, non è necessario che debbano essere esclusivamente di natura economica) finalizzate al mantenimento dei gruppi e/o dei sostenitori ai quali avevano riconosciuto i predetti benefici in dispregio della normativa; i predetti hanno chiaramente affermato di essere ben consapevoli del "business" che permettevano di fare in virtù di un ben delineato compromesso. Poco importa, ai fini della valutazione della norma violata della concreta conoscenza dell’effettiva entità di tale business, sebbene, va ribadito, la consuetudine protrattasi per ben cinque stagioni lascerebbe presupporre una piena conoscenza dell'entità del fenomeno. A tal riguardo la tesi sostenuta dalle difese secondo la quale all'interno del prezzo "maggiorato" la tifoseria avrebbe offerto ai tifosi alcuni "bonus" collaterali quali il viaggio, e/o una probabile consumazione in pasti alimentari non è idonea ad incidere sulla fattispecie sanzionatoria giacché, in ogni modo, con tale modalità gli odierni deferiti hanno garantito il mantenimento, anche economico, dei gruppi organizzati e, comunque dei sostenitori, non senza considerare l'inevitabile ricarico di prezzo che, almeno nelle partite di cartello, é stato verosimilmente attuato dai beneficiari dei tagliandi (l'episodio del tifoso svizzero citato a pag. 6 del deferimento ne è un esempio lampante); analoga considerazione deve farsi riguardo l'erogazione di tessere abbonamento gratuitamente distribuite al gruppo "Viking" al fine di favorire la loro migrazione in un diverso settore dello "Juventus Stadium". Per quanto attiene la violazione dell'art. 12, comma 9 del CGS, il Collegio ritiene che la stessa non possa trovare applicazione nei confronti del Merulla e del D'Angelo in quanto non tesserati. Il tenore letterale della disposizione infatti impone il divieto di intrattenere rapporti con esponenti e/o gruppi di sostenitori che non facciano parte del tifo organizzato ai soli tesserati, non potendo estendersi analogicamente anche a tutti gli altri soggetti indicati all’art.1 bis, comma 5 del CGS. Si sottolinea, inoltre, che tale precetto si pone in netta contrapposizione con quelli indicati ai precedenti commi dell'art. 12 che, invece, hanno fra i destinatari anche i soggetti indicati all'art. 1 bis, comma 5 del CGS. Quanto al tesserato Calvo, invece si ritiene che non possa ritenersi violato il divieto in questione giacché la disposizione in argomento è entrata in vigore a decorrere dalla stagione sportiva 2015-2016 allorquando il Calvo non prestava più servizio presso la Societá.

Con riferimento alla posizione del Presidente Andrea Agnelli, il Collegio ritiene che la difesa assolutoria non appare meritevole di accoglimento. Il massimo Dirigente del club ha sostenuto di non essere affatto a conoscenza dei rapporti interpersonali tra i suoi preposti e la tifoseria, dichiarandosi totalmente estraneo a qualsivoglia ingerenza gestionale in ragione della sua funzione apicale, essendosi limitato a fornire delle ben determinate direttive al proprio dirigente e di aver delegato le funzioni inerenti al servizio biglietteria al Sig. Calvo. Al riguardo il deferito ha sostenuto di aver improntato la propria azione alla massima legalità e trasparenza, evitando la distribuzione dei biglietti "omaggio" avendo cura di impartire direttive volte a fare in modo che ogni biglietto fosse oggetto di vendita. Reputa però il Tribunale che la invocata estraneità del Presidente non possa ritenersi tale poiché il tenore della istruttoria e la indubbia frequentazione dirigenziale con gli altri deferiti, unitamente al lunghissimo lasso temporale durante il quale si è dipanato il periodo oggetto di indagine (ben 5 stagioni sportive) ed alla cospicua quantità di biglietti e di abbonamenti concessi illegittimamente recitino in maniera opposta rispetto alla ragioni rassegnate dal Presidente. Infatti, In atti non è fatto mistero che l'intero management fosse votato a ricucire i rapporti con gli ultras e ad addolcire ogni confronto con i Club, al punto da favorire concretamente ed espressamente le continue richieste di agevolazioni così da rendersi disponibili a scendere a patti pur di non urtare la suscettibilità dei tifosi, il cui livore avrebbe comportato multe e sanzioni alla Juventus. Oltre tutto la nuova struttura (Juventus Stadium) necessitava di un preconfezionato ordine gestionale delle curve al cui interno avrebbero dovuto albergare tutti i tifosi più "caldi", in modo tale da avere la immediata percezione di cosa stesse accadendo sugli Spalti. In ciò infatti risiede la ratio dei gesti accondiscendenti posti in essere in favore della tifoseria che si ritiene siano stati quanto meno tacitamente accettati dalla Presidenza. In tale contesto devono, pertanto, essere inquadrate anche le condotte contestate dall’Agnelli che nulla ha fatto per evitare il perpetrarsi di tali gravissime condotte. Ma v'è di più. Come è noto la cd delega di funzioni, al fine di escludere la responsabilitá del delegante, deve contenere una serie di elementi sostanziali che, nel caso di specie, non è dato rinvenire. In primo luogo la delega deve essere conferita per atto scritto e al suo interno devono essere specificatamente individuate le funzioni attribuite anche al fine di delimitare l'ambito di autonomia organizzativa e gestionale del delegato. In secondo luogo l'avvenuta delega non esime il delegante dall'attivare periodiche attivitá di controllo e di verifica dell'operato del delegato al fine di verificare il rispetto dei compiti e delle direttive impartite. A mero titolo esemplificativo si ricorda che la giurisprudenza penale ha più volte riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro delegante qualora non abbia attivato un idoneo sistema di controllo del modello gestionale ed organizzativo finalizzato a verificare la concreta attuazione delle attività delegate ed il rispetto delle prescrizioni legislative ed amministrative. Analoghe considerazioni sono state piú volte ribadite anche dai giudici amministrativi in ordine alla responsabilità concorrente del delegante per omessa vigilanza dell'attivitá del delegato. Orbene, nel caso di specie non vi è agli atti alcuna delega formale attribuita al Dott. Calvo in ordine alle attività che si afferma siano state allo stesso delegate, né in atti emerge alcuna attività di controllo e di verifica effettuata dall'Agnelli in ordine all'operato dei soggetti delegati; tale circostanza si appalesa estremamente grave se si considera: - il lunghissimo arco di tempo in cui le condotte illecite sono state poste in essere; - la circostanza che lo stesso Agnelli avesse impartito, come da lui stesso affermato, specifiche direttive in ordine alle modalità di vendita dei biglietti; - la circostanza che per effetto delle reiterate predette violazioni normative la Societá sarebbe stata potenzialmente esposta a pesanti sanzioni non solo di natura sportiva, ma, soprattutto, di natura amministrativa in ragione del combinato disposto degli art. 1 quater e 1 quinquies del D.L. 28/2003. Dagli atti versati in giudizio, il Calvo, il D'Angelo ed il Merulla non sembrano mai preoccupati dell'eventuale circostanza che gli illeciti posti in essere vengano scoperti dal Presidente Agnelli e dai vertici societari (cosa che invece dovrebbe essere normale qualora un preposto contravvenga in maniera così abituale e reiterata a norme di legge e/o a direttive), elemento sintomatico del fatto che non sembra che tale modus operandi fosse considerato deplorevole all'interno della Societá, tanto é vero che, una volta emersa la condotta illecita, non risulta che la Società abbia adottato una politica di completa dissociazione ovvero abbia attivato azioni risarcitorie nei confronti dei dirigenti "infedeli". Degna di nota é, inoltre, la circostanza che il nominativo di Calvo risulta essere stato inserito nei fogli di censimento della Societá Juventus FC, fra i collaboratori individuati ex art.22 delle NOIF della FIGC, solo nella stagione sportiva 2014/2015. Il predetto articolo precisa che "Sono collaboratori nella gestione sportiva delle Societá coloro che, svolgendo per esse attivitá retribuita o comunque compensata, siano incaricati di funzioni che comportino responsabilitá e rapporti nell'ambito dell'attivitá sportiva organizzata dalla FIGC". Orbene, puó ritenersi, pertanto, che l'Agnelli, con il suo comportamento abbia agevolato e, in qualche modo avallato o comunque non impedito le perduranti e non episodiche condotte illecite poste in essere dal Calvo - che, al contrario di quanto sostenuto, non fosse titolare di una delega tale da consentirgli piena autonomia organizzativa e decisionale - e, conseguentemente dal D'Angelo e dal Merulla, al dichiarato fine di mantenere rapporti ottimali con la tifoseria. In tale ottica si commenta anche l'emblematico episodio della introduzione nelle curve dello zainetto contenente gli effetti/strumenti "proibiti" della tifoseria, a ministero del Dirigente D'Angelo (art. 12 CGS comma 3), la cui difesa appare oggettivamente labile sul punto. Il Tribunale ritiene che detta introduzione sugli Spalti si verificò appieno anche se per motivazioni, per certi versi, sensibili (cercare di evitare lo sciopero della tifoseria); ma il gesto sconsiderato e pericoloso, anche a livello di immagine, resta. Sul punto il Tribunale esprime tuttavia la convinzione che il Presidente Andrea Agnelli nulla sapesse, tant'è che la successiva telefonata intercorsa tra i due espone chiaramente come il gesto illecito fosse stato perpetrato dal Dirigente in quella occasione e di sua iniziativa, nulla sapendo preventivamente il Presidente al riguardo; altrimenti non avrebbe avuto senso redarguire il Dirigente preposto allo scopo di stigmatizzare il comportamento assunto. D'altronde la telefonata, avvenuta successivamente al verificarsi dell'evento, non puó essere intesa quale implicita autorizzazione preventiva. In tal senso la richiesta della Procura Federale ex art. 12 CGS comma 3 in danno del Presidente non viene avallata, posto che il Tribunale ritiene di prosciogliere il deferito Andrea Agnelli sulla specifica contestazione. Con riferimento, poi, alla contestazione formulata ex art. 12, comma 9 del CGS formulata nei confronti di Agnelli Andrea, il Collegio ritiene che non é stata fornita prova concreta che, nella stagione 2015/2016, unica stagione sportiva in cui, ratione temporis, é applicabile la fattispecie incriminatoria il Presidente abbia posto condotte illecite riconducibili alla violazione sopra indicata. Sempre ai fini dell’eventuale valutazione dell’entità delle sanzioni da infliggere, sussiste in atti un focus oltremodo pressante legato alla presenza, all'interno delle frange della tifoseria, di personaggi legati alla malavita organizzata. Invero il coacervo di indagine ebbe impulso proprio sulla scorta di tale gravissimo presupposto fattuale e processuale, che tuttavia all'esame degli atti non ha mantenuto la valenza originariamente contestata. Si legge infatti, nel capo di incolpazione, che i soggetti malavitosi sarebbero stati infiltrati nella tifoseria e che la dirigenza juventina avrebbe avuto una "consapevole" correlazione con gli stessi. Al riguardo viene puntualizzato un episodio che riguarda il Presidente Andrea Agnelli il quale avrebbe intrattenuto un incontro con il Sig. Rocco Dominello, appartenente appunto a una associazione malavitosa. Il Tribunale dopo ampia valutazione del materiale probatorio acquisito, è giunto alla determinazione che tale frequentazione avvenne in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati. Del resto risulta per tabulas che la notizia ufficiale riferita alla presunta appartenenza dei citati soggetti a cosche illecite, venne resa pubblica in epoca successiva rispetto ai rapporti intercorrenti tra la dirigenza e la tifoseria, e che non appena appresa la notizia connessa allo status malavitoso, ogni contatto ebbe immediato termine. Il Tribunale non ritiene quindi sufficientemente provato che una simile frequentazione fosse dotata della contestata "consapevolezza" riferita allo status di quei tifosi; e lo stesso valga per il Presidente Andrea Agnelli, da ritenere completamente ignaro in merito alla peculiarità illecita del personaggio Rocco Dominello, presentatosi ai suoi occhi come deferente tifoso, ma non già come soggetto incline alla pericolosità sociale. Questa appare essere la corretta chiave di lettura dell'assunto accusatorio, la cui valutazione non può esimere una palese rivisitazione di tutti gli episodi in contestazione e facenti parte del deferimento integralmente inteso anche ai fini dell’entità delle sanzioni applicabili.

In conclusione, questo Collegio ritiene che tutti i deferiti abbiano violato l'art. 12 CGS commi 1, 2 nei termini sopra esposti, mentre il medesimo art. 12 CGS, comma 3 è di esclusiva pertinenza di colui il quale si rese protagonista del gesto, cioè del Sig. D'Angelo. Dalla ricostruzione giuridico-fattuale sopra esposta discende la piena sussistenza della responsabilitá diretta ed oggettiva della Societá Juventus FC in ragione della chiara riconducibilità dei comportamenti sopra imputati, all'interesse della Societá medesima. Sul piano sanzionatorio, occorre premettere che il Tribunale condivide l'assunto della difesa del Calvo in ordine all'esclusione dell'applicabilità della sanzione di carattere generale prevista dall'art. 1 bis comma 1 CGS in presenza della espressa previsione sanzionatoria di cui all'art.12 per le fattispecie in contestazione. Con riferimento, infine alla concreta applicazione nei confronti dei deferiti, si ritiene, in ragione della gravità dei fatti, della sostanziale identità delle condotte poste in essere e dei ruoli rivestiti all'interno dell'ordinamento federale, di applicare la medesima sanzione per tutti i Dirigenti (inibizione temporanea di anni 1 per tutti i dirigenti, con l'aumento di mesi 3 per il solo Dirigente D'Angelo), non avendo la Procura Federale giustificato il diverso trattamento sanzionatorio richiesto per i deferiti, con esclusione della estensione delle previste sanzioni in ambito FIFA e UEFA, unitamente all'irrogazione delle ammende nella misura pari ad Euro 20.000 per tutti i deferiti. Con riferimento al trattamento sanzionatorio nei confronti della Societá Juventus FC si ritiene congrua la sanzione dell'ammenda pari ad Euro 300.000,00 escludendo, tuttavia, l'ulteriore sanzione richiesta, non sussistendone i presupposti previsti dall'art. 12, comma 6 CGS. P.Q.M.

Il Tribunale Federale Nazionale - Sezione Disciplinare; rigettate le eccezioni preliminari, accoglie parzialmente il deferimento proposto dal Procuratore Federale e, per l'effetto, in parziale ridefinizione delle richieste formulate dispone di irrogare le seguenti sanzioni: - Andrea Agnelli: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda; - Francesco Calvo: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda; - Stefano Merulla: anni 1 (uno) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda; - Alessandro Nicola D’angelo: anni 1 (uno) e mesi 3 (tre) di inibizione + € 20.000,00 (Euro ventimila/00) ammenda; - Juventus FC Spa: € 300.000,00 (Euro trecentomila/00) ammenda.


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