TORINO - Festeggiato il pass per gli ottavi di Champions League con la Juventus, poco dopo aver ottenuto quello per i Mondiali di Russia 2018 con la sua Argentina, Paulo Dybala si è raccontato in un'intervista a 'Vanity Fair' che gli ha dedicato la copertina di questa settimana. «Dio ci dà un dono, ma poi quel dono va lavorato - spiega il numero 10 bianconero -. Ne ho visti tanti di fenomeni nei settori giovanili. Ragazzi di cui dicevano: “Se solo avesse avuto la testa, avrebbe potuto essere Maradona o Messi”. Ecco, io ho lavorato soprattutto per evitare questo». E l’obiettivo è stato raggiunto, perché oggi Dybala è tra i migliori al mondo nel suo ruolo.
DALLE STRADE DI CORDOBA A TORINO - Tolti i panni del calciatore, la 'Joya' siracconta in una veste un po’ più intima. Dalle strade di Laguna Larga e Cordoba a quelle di Torino con il cuore sempre pieno del ricordo di papà Adolfo. «È morto per un tumore, quando avevo 15 anni. Fu un dolore fortissimo. Nei mesi precedenti non riusciva più a venirmi a trovare e il club mi fece andare a casa per un po’ di tempo. Sei mesi erano troppo pochi e mi venne la tentazione di mollare tutto. (…) Forse un giorno lo ritroverò o forse no, a papà però penso sempre e gli dedico tutti i miei gol».
PALLONE D’ORO E MONDIALE – Uno dei tanti sogni di Dybala è il Pallone d’Oro. «Quando ci riunivamo intorno al fuoco, da bambini, d’estate, espressi quel desiderio con i miei amici. (…) Vincerlo sarebbe un messaggio importante per tanti bambini. Per tutti quelli che nati in un piccolo posto lontano dai grandi centri possono sperare di poter raccontare una storia simile alla mia».