Marotta dà l'addio: «Non sarò più l'ad della Juventus»

Il dirigente bianconero dopo la vittoria sul Napoli: «Le nostre strade si separano, resterò soltanto nell’area sport». Allegri: «Mancherà. Il migliore in Italia, per non dire in Europa»
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TORINO - Beppe Marotta non sarà più l'amministratore delegato della Juventus ma resterà solo come direttore generale. Lo ha annunciato lo stesso dirigente bianconero ai microfoni di Sky Sport dopo la vittoria sul Napoli: «Il 25 ottobre scade il mio mandato e nella lista dei consiglieri che sarà presentata dopodomani, in un'ottica di rinnovamento, non comparirà il mio nome. Rimarrò come direttore generale dell'area sport». In realtà Marotta fa capire che all'orizzonte c'è un addio: «Le nostre strade si separano».

IN FIGC? NO - «Smentisco che possa essere candidato alla presidenza della Figc - ha continuato Marotta -. In questo momento è un'esperienza che non mi tocca, posso dire che certamente non sarò candidato».

Non si conoscono le ragioni che hanno indotto Beppe Marotta a chiudere il proprio rapporto con il club bianconero della Juventus. Di certo c'è che la sua permanenza a Torino coincide con la conquista di sette scudetti, quattro Coppe Italia e tre Supercoppe italiane. L'ultimo riconoscimento individuale, da dirigente della Juve, è arrivato in settimana, quando a Marotta è stato consegnato il 'best executive' come miglior manager dell'anno. Stasera l'annuncio di lasciare Torino, dove invece rimarrà il ds Fabio Paratici. Nei prossimi giorni si potranno svelare i motivi che hanno indotto Marotta a prendere la decisione comunicata stasera.

ALLEGRI: «MI MANCHERÀ» - «Io col direttore sono stato quattro anni e mezzo, belli e importanti - ha detto a tal proposito Massimiliano Allegri -. È il miglior dirigente italiano, per non dire europeo. Ha costruito la Juventus insieme a Paratici, Nedved, il presidente: l'ha resa una squadra forte, vincente dentro e fuori dal campo. Non posso dire altro che mi ci son sempre trovato benissimo. Questa cosa l'ho saputa ora. A lui sono legato anche affetivamente, è normale che mancherà. Dovremo essere bravi a sopperire alla mancanza».


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