Lazio Memories, Spinozzi: «Non dormivo per lo stress»

Non solo business il calcio è anche emozioni e ricordi: riviviamo ogni venerdì in edicola alcuni momenti indimenticabili. Il difensore racconta la promozione in Serie A: «C’era tensione, D’Amico sdrammatizzava»
Lazio Memories, Spinozzi: «Non dormivo per lo stress»
Francesco Guerrieri
3 min

ROMA - In campo difensore asfissiante. Sempre lì vicino agli attaccanti avversari, non li faceva respirare. Quella maglia biancoceleste tatuata sul cuore, la mente vola all’anno della promozione: «Il momento più bello è stato l’ultima partita - racconta Arcadio Spinozzi - al ritorno da Cava dei Tirreni grande festa». Ma quanta sofferenza: «Fu un’annata dura soprattutto alla fine, le ultime gare erano tutti scontri diretti. Sembrava già fatta a metà campionato, poi alla prima sconfitta sono iniziati i problemi: i rapporti tra calciatori e società si erano incrinati». E la paura di non farcela era talmente tanta che… «In quel periodo ho sofferto molto, avevo talmente tanta ansia da non dormire la notte». E per fortuna che c’era Vincenzo D’Amico ad alleggerire la tensione: «Ci strappava sempre un sorriso, lo faceva con naturalezza». Come quella volta che… «Eravamo in ritiro, il telefono della reception squillava, era la moglie di D’Amico; e lui: “Quale delle tante?”. Gli piaceva sempre scherzare». Uno dei pochi con il quale Spinozzi è rimasto in contatto: «Miele l’ho sentito di recente, soprattutto durante Calciopoli. Anche Michele De Nadai lo sento spesso, per il resto ho perso i rapporti». I ricordi ci sono ancora però, quelli rimarranno per sempre: «Era una Lazio ben organizzata a livello tattico e equilibrata. C’erano giovani di qualità e giocatori esperti». E poi quei tifosi: «Sono speciali, non mi era mai capitato di vedere tutto questo attaccamento e affetto disinteressato. Facevano tanti sacrifici per seguirci in ogni trasferta, il fatto che si ricordino ancora di me dopo tanti anni mi sorprende ancora. Ho vissuto intensamente tutti i giorni, ogni attimo di Lazio faceva parte di me. Era la mia vita». “Una vita da Lazio”, appunto: «L’idea di scrivere questo libro ce l’avevo da tempo. Quando ero alla Lazio ogni sera aggiornavo il mio diario e prendevo appunti, con Nando Orsi che mi guardava sempre un po’ perplesso». Una vita che ora lo vede lontano dal calcio: «Ho fatto tutti i corsi a Coverciano fino al massimo livello, ma ora mi sono allontanato da questo mondo». Anche se ci ha provato ad allenare, partendo da lontano: «Nel 2000 ho lavorato anche in Ghana per poco tempo: è stata un’esperienza di vita, sapevo sarebbe stata poco utile a livello professionale». Il cuore però è rimasto a Roma, e batte ancora per la sua Lazio: «Prima venivo anche spesso allo stadio, l’ultima volta è stata nel derby vinto 4-2. Lo avevo promesso a mia figlia, ma non verrò più finché ci sarà questa società». Tempi duri per chi tifa Lazio: «Ha ottime potenzialità per fare bene, ma ho la sensazione che qualcosa si sia rotto». Ma c’è un Arcadio Spinozzi in questa Lazio? «Non credo. Io avevo grande carattere e personalità, ero taciturno ma mi facevo sentire». Altri tempi, altra Lazio. Quella che Spinozzi porterà sempre nel cuore.

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