Lazio, papa’ Inzaghi: «Vi racconto il mio Simone»

«Che emozione a palermo. allenare la lazio era il suo sogno. Filippo gli diceva di andar via, bravo a resistere»
Fabrizio Patania
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ROMA - L’emozione non ha voce, cantava Celentano. Alle tre del pomeriggio il telefono lo ha tradito. La voce si è strozzata due o tre volte, ha faticato a trattenere l’emozione. Papà Giancarlo Inzaghi ci stava raccontando il debutto di suo figlio Simone, il fratello di Pippo, sulla panchina della Lazio. E ci stava portando dentro la semplicità e l’amore di una famiglia speciale, due ragazzi nati e cresciuti con la passione per il pallone, tirati su da mamma Marina e diventati gli idoli di San Nicolò, un paesino di seimila anime a pochi chilometri da Piacenza.

«Non so quanti padri riescano a sentire i propri figli per telefono quattro o cinque volte al giorno. Noi ci riusciamo» ha raccontato in un fremito d’orgoglio, svelando la compattezza e l’unione di una famiglia e di due fratelli in cui la parola rivalità non è mai esistita. Simone ha appena raggiunto il suo traguardo e ha debuttato vincendo in serie A dopo sei anni di gavetta nel settore giovanile. Ora avrà altre sei partite per convincere Lotito ad affidargli il progetto futuro della Lazio. Lo inseguirà ferocemente, come ci ha assicurato papà Giancarlo.

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L'INTERVISTA - Papà Giancarlo, domenica era davanti alla tv a vedere la Lazio di Simone Inzaghi. Ci può raccontare? «E’ stata una grande emozione. Ci ha sempre pensato. Il suo sogno era la panchina, voleva allenare la Lazio. Ha perseverato, ci è arrivato. Simone ha una grande volontà. E’ andato bene con i giovani. Questa è un’avventura difficile, ci sono diversi problemi. Ho provato una enorme soddisfazione a vederlo vincere a Palermo. Mi sono addormentato alle tre di notte. E ho dovuto prendere le gocce... Dopo la partita c’era un po’ di tensione».



Cosa le ha detto prima della partita? «Ci siamo sentiti, ma non abbiamo parlato della partita. E’ sempre stato così con Filippo e con Simone. Riflettono, pensano, li lascio tranquilli. La speranza era quella che facesse bene. Ho visto una bella partita. La Lazio era convinta. Ha trovato grande disponibilità da parte dei giocatori, il pericolo quando non ci sono obiettivi era che mollassero. Invece erano carichi, motivati, hanno lavorato solo quattro-cinque giorni. Ha fatto colloqui individuali. Come ha spiegato, ha dovuto lavorare più sulla testa che sulle gambe».

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E cosa le ha detto dopo? «Dopo la partita è stato un continuo sentirci, aveva il telefono pieno di messaggi. Mi è piaciuto nelle interviste, l’ho visto calmo, mi è sembrato avesse perso tre chili. Lui è fatto così, ha questa forza. Era più emozionato il primo giorno di allenamento che alla prima partita».



Cosa le è piaciuto della Lazio a Palermo? «Tutto. E non era prevedibile in quel modo. Simone ha cambiato tanto, non poco. Ha dato fiducia a gente che non giocava da mesi come Onazi e Gentiletti. Ha un buon materiale, il problema della Lazio è stato in difesa. Se ti mancano De Vrij e Radu non è facile, ma chi è sceso in campo ha dato tanto. Speriamo sia l’inizio di una bella avventura. Il calendario non è semplice. Guardate l’Empoli come sta giocando. Spero in un riavvicinamento con pubblico e tifosi. Verso di lui mi sembra ci sia stata sempre disponibilità. Non lascia niente di intentato. Poi ci vuole buona sorte. E’ un maniaco di calcio, se gli chiedete chi è il centravanti della Civitanevese, lui lo sa. Vive. E’ come Filippo. Vede tutto. Ora è fermo ed è un continuo aggiornarsi. Il sogno è vederli uno contro l’altro dopo averli visti come giocatori. Tra loro due c’è un affiatamento speciale».

Cosa ha pensato quando la Lazio ha affidato la panchi na a Simone?  «Era nell’aria, se n’era parlato anche prima della partita con il Milan. Quelli della Roma sono dei mostri, hanno un organico incredibile. Me lo aspettavo un pochino, ma non si dà mai niente per scontato. Allenare la Lazio a casa sua era un sogno. Simone ama Roma. Ha avuto proposte interessanti negli anni passati, ma era titubante all’idea di andare via. Filippo gli diceva di andare. Simone no. Non ci pensava. Ama il contesto. La città, i suoi figli. E’ un padre eccezionale».

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