Di padre in figlio, 50.000 cuori: la dolce notte di tutti i laziali

Mogol a bordo campo, la voce di Battisti, le lacrime di Wilson: il popolo biancoceleste celebra i suoi valori
Fabrizio Patania
3 min

ROMA - Quando l’altoparlante dell’Olimpico ha cominciato a diffondere le note di Mogol e Battisti i telefoni e gli accendini si sono illuminati come ad un concerto e il pallone ha smesso di rotolare. «Che anno è... che giorno è... questo è il tempo di vivere con te». Si sono messi a cantare in cinquantamila. Le lacrime di Pino Wilson e dei campioni del ‘74, Giulio Rapetti (in arte Mogol) visibilmente commosso a bordo campo dentro un diluvio di bandiere e di emozioni.

«Che anno è... che giorno è... questo è il tempo di vivere con te». Cantavano in cinquantamila «I Giardini di marzo» diventato l’inno biancoceleste in onore a Lucio Battisti, che aveva sempre vissuto con discrezione la propria lazialità. E dentro quel canto c’era tutta la voglia di un popolo che per una sera si è ritrovato sotto la stessa bandiera, con gli stessi ideali, con la voglia di trasmettere e vivere una passione che oggi non trova più una corrispondenza d’amorosi sensi con la Lazio. Già ma quale la Lazio? Quella virtuale e nostalgica applaudita ieri o quella che i tifosi vorrebbero gli fosse restituita da Lotito? Eccolo il paradosso, l’auspicio da cui ripartire, il messaggio lanciato dalla notte dei laziali.



PADRI E FIGLI. E’ stata una serata fantastica, dolce, piena di emozioni. L’Olimpico ha cominciato a riempirsi quando si accendevano i riflettori e il Lungotevere era in tilt per il traffico. Come fosse campionato. Anzi no, perché negli ultimi mesi la strada verso lo stadio era di solito libera. Sulla pista di atletica leggera, sembrava quasi la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi biancocelesti, stavano sfilando gli atleti della Polisportiva: 64 sezioni, la realtà più importante in Europa. E’ stata una lunga passeggiata intorno al prato dell’Olimpico mentre a centrocampo entravano i bambini. Un video lungo otto minuti con immagini dedicate al popolo biancoceleste e stava iniziando la favola, filo conduttore della serata. Come si trasmette la lazialità. Quel senso d’appartenenza, un sentimento cresciuto in famiglia, a casa. Di Padre in Figlio. Appunto. Brividi, perché in campo sono entrati il nipote di Vincenzo Paparelli e anche Gabriele Sandri jr, il nipote di Gabriele, figlio di Cristiano, il fratello di Gabbo. Una famiglia di laziali. Veri. E poi i figli di Wilson, Re Cecconi, Lovati e così via. Salutavano la Curva Nord ormai piena, quasi esaurita in ogni posto, come non era mai successo in questa stagione. Quasi cinquantamila spettatori. Una cifra dalla Lazio mai raggiunta nell’ultimo campionato e neppure nel derby.

Leggi l'articolo completo sul Corriere dello Sport Stadio in edicola

BLITZ DI TARE PER MILIK


© RIPRODUZIONE RISERVATA