Speciale Lazio: l’ultimo regalo di Maestrelli l’uomo bandiera

La vicenda Bielsa ha stabilito il punto più basso del rapporto tra tifoseria e dirigenza. Eppure parliamo di una società che nella sua storia ha vissuto momenti emozionanti. Ecco un appassionante viaggio che serve a tutti, anche al presidente Lotito, per ricordarsi sempre cosa vuol dire "la lazialità". La grave malattia del tecnico del primo scudetto e il ritorno per salvare i biancocelesti: 16 maggio ’76, altro atto d’amore dopo il tricolore
Speciale Lazio: l’ultimo regalo di Maestrelli l’uomo bandiera
Stefano Chioffi
7 min

ROMA - Traffico bloccato, vespe e motorini, macchine parcheggiate in seconda e terza fila, tra gli alberi e il marciapiede di viale di Tor di Quinto. Scendono in tanti anche dagli autobus verdi dell’Atac, alle fermate, davanti ai bigliettai con la divisa e il cappello. Arrivano da ogni quartiere, hanno attraversato Roma, appena la notizia ha cominciato a circolare. «Torna in panchina, è sicuro, lo scrivono i giornali, lo ha detto la radio della Rai», è un passaparola. Sembra una processione: studenti, pensionati, operai che hanno staccato dal cantiere, con le mani ancora sporche di calce, impiegati, papà e bambini, professionisti con il loden. Cinquemila persone, forse di più. Chi non sa, si ferma a chiedere, a domandare, non capisce questa confusione. I cancelli del centro sportivo sono aperti, intorno al campo si è già formato un foltissimo gruppo di tifosi, alcuni lo aspettano da diverse ore, hanno rinunciato al pranzo, si sono portati da casa un panino, i più fortunati si sono aggrappati alla rete di recinzione e fissano lo sguardo verso quella porta di legno, dietro la tribunetta, vicino alla lavanderia. La Lazio ha cambiato allenatore, ha esonerato Giulio Corsini dopo la sconfitta ad Ascoli. Sette giornate, cinque punti, quart’ultimo posto in classifica: solo una vittoria (a Genova contro la Samp, con il primo gol in A di Giordano), due pareggi (uno in rimonta nel derby grazie a Chinaglia), tre ko

PRIMA PUNTATA - SECONDA PUNTATA

E adesso la gente si è riunita lì, in frenetica attesa, con gli occhi ludici, commossi, per rivedere ancora lui, Tommaso Maestrelli, il papà della Lazio più bella della storia, l’inventore del primo scudetto, di nuovo con la tuta azzurra e la scritta “S.S. Lazio” ricamata sul giubbetto, pronto a dirigere l’allenamento con i suoi consigli, con i suoi sorrisi, con la sua dolcezza, con il suo carisma. E’ giovedì 4 dicembre 1975: la squadra, da Pulici a Wilson, da Chinaglia a D’Amico, lo ha già abbracciato nel parcheggio, quando lo ha visto scendere dalla sua Giulietta bianca, e ora è in campo, si scalda facendo il “torello”. Ma anche loro, gli ex campioni d’Italia, quelli che hanno portato il tricolore sul petto e regalato per due anni il gioco più moderno e brillante del campionato, corsa e pressing nel segno della scuola olandese di Cruyff, Rep e Rensenbrink, hanno lo sguardo puntato verso la porta di legno dello spogliatoio di Maestrelli. L’ingresso è da brividi: le mani tra i capelli brizzolati, la corda con il fischietto intorno al collo, un applauso che non finisce. Si guarda intorno e saluta: è tornato a casa sua. Ogni suo passo ha il potere di cancellare tutti i brutti pensieri degli ultimi mesi, perché non è solo un sogno che prende forma: il suo ritorno è molto di più, somiglia a un miracolo. Il 31 marzo si era dovuto ricoverare presso la clinica Paideia per sottoporsi a un delicato intervento chirurgico, lasciando la guida della squadra a Bob Lovati, il suo vice, il suo primo consigliere, un fratello: almeno all’inizio il professor Ziaco, il medico della Lazio, sempre al fianco di Maestrelli, aveva nascosto la verità ai giocatori, li invitava a stare tranquilli. «È una semplice colecistite».

Amore: Sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia: amore... “non è altro che unimento spirituale de l’anima e de la cosa amata” (Dante) dal vocabolario Treccani

Una bugia per prendere tempo, per trovare le parole giuste, per prepararli: “epatocarcinoma”, un tumore al fegato molto aggressivo. A operarlo, il 7 aprile, era stato il professor Paride Stefanini. La lunga degenza, con le tenerezze della moglie Lina, che dormiva sul piccolo divano della camera: sempre al suo fianco, come le figlie Patrizia, Tiziana e i gemellini Massimo e Maurizio. Aveva perso quindici chili, ma poi si era ripreso, aveva ricominciato a nutrirsi, era stato dimesso dalla Paideia e aveva lasciato l’appartamento al Fleming per trascorrere un periodo di vacanza con la famiglia a Rosa Marina, seguendo sempre la sua Lazio, affidata nel frattempo a Giulio Corsini. Il primo dicembre, poi, la telefonata di Umberto Lenzini, la richiesta di tornare ad aiutare una squadra che si era smarrita e non aveva più riferimenti, costretta a lottare per la retrocessione a un anno e mezzo di distanza dal tricolore: i contrasti con Corsini, il richiamo dei Cosmos per Chinaglia, gli errori sul mercato del tecnico, che aveva deciso di cedere Oddi e Frustalupi al Cesena in cambio di Ammoniaci e Brignani, ma anche Nanni al Bologna. Maestrelli, ancora debole e fragile, aveva accettato: un atto d’amore. E ora, il 4 dicembre, si trovava un’altra volta a Tor di Quinto, tra la sua gente. Una scelta solo di cuore, perché non era guarito: i medicinali, la febbre, la stanchezza, eppure non si sfilava mai la tuta. «Sai Felice, a volte arrivo alla fine dell’allenamento che fatico a stare in piedi», confidò un giorno con l’affetto di un padre a Pulici, davanti al cancelletto che portava agli spogliatoi. Non si lamentava mai, però: cuore e dedizione, anche se le energie stavano finendo e i medici gli avevano ordinato di fermarsi. Ma c’era una promessa da mantenere: a Como, il 16 maggio del 1976, nella giornata che avrebbe chiuso il campionato, Maestrelli aveva trentotto di febbre, lo sapevano tutti. Faceva caldo, lui sentiva freddo. Dopo diciassette minuti la Lazio era in B, perdeva 2-0: Pozzato e Correnti. «Vi dico che ce la farete anche stavolta». Aveva ragione: il gol di Giordano, quello di Badiani, il pareggio, la salvezza. L’ultimo regalo di Maestrelli.


© RIPRODUZIONE RISERVATA