Lazio, il papà di Strakosha: «Vi racconto Thomas»

«Non volevo diventasse portiere, ma era il suo sogno. Guai fermarsi dopo un errore o una bella parata. A 22 anni non ero ai suoi livelli: ora che stress a vederlo giocare!»
Lazio, il papà di Strakosha: «Vi racconto Thomas»© Bartoletti
Fabrizio Patania
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ROMA - Di padre in figlio. Si dice e succede proprio così. E’ la storia della Lazio e in fondo doveva essere nel destino di Thomas Strakosha, 22 anni, sbarcare a Formello nella primavera del 2012 e compiere un passo dietro l’altro sino a diventare il portiere del futuro. Panucci l’ha restituito a Inzaghi a causa di un lieve affaticamento muscolare, ma dietro a Berisha (un altro ex laziale) si sta già costruendo il domani, è l’erede designato tra i pali dell’Albania. Degno successore di suo padre Fotaq, leggenda del calcio albanese, portiere e capitano della nazionale (73 presenze) sino al febbraio 2005. Dopo una carriera sviluppata in Grecia (sfidò con il Panionios la Lazio di Eriksson in Coppa Coppe nel ‘99), ha lasciato Atene e l’Olympiacos Pireo (era il preparatore dei portieri del settore giovanile) per trasferirsi a Roma con la famiglia al completo, ovvero mamma Adelina e Dhimitri, 25 anni, il figlio più grande, centravanti sino a pochi mesi fa sotto contratto con il Kf Himara. Ieri ci ha raccontato suo figlio Thomas, in crescita costante, una delle realtà più belle di questa Lazio.

Buongiorno Fotaq Strakosha, suo figlio raccontò di aver deciso di diventare portiere a 4 anni per imitare suo padre, leggenda dell’Albania. Il papà quando ha capito che Thomas sarebbe diventato un portiere in grado di arrivare sino alla serie A e alla nazionale?
«Quando aveva 15 anni ho capito che Thomas possedeva le qualità per diventare un portiere forte, di alto livello. L’ho capito soprattutto dalla sua voglia di arrivare, dalla professionalità che esprimeva a quell’età. Voleva andare a dormire presto, mangiare bene e allenarsi più degli altri. Da questi aspetti ho compreso che poteva riuscire a far diventare realtà i suoi sogni».

Quante volte a settimana vi sentite al telefono? Qual è il rapporto con un figlio calciatore? Parlate tanto o poco di calcio?
«Da tre mesi siamo a Roma, la famiglia si è riunita con Thomas e siamo tornati a vivere tutti insieme. Di calcio parliamo spesso, ma non solo di quello, parliamo di tante altre cose. Consiglio mio figlio nella vita, negli investimenti, come fa ogni papà».

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