© Bartoletti
ROMA - La Lazio nelle prime 10 giornate di campionato aveva totalizzato 25 punti come la Juve, era terza in classifica a sole tre lunghezze dal Napoli che si era imposto nel confronto diretto dell’Olimpico segnando quattro gol nella ripresa (all’intervallo 1-0) complici gli infortuni in blocco della difesa di Inzaghi. Otto vittorie, un pareggio e una sconfitta il ruolino di marcia impreziosito dal colpo all’Allianz Stadium di metà ottobre. Volava la squadra biancoceleste, spinta dall’entusiasmo provocato da una partenza lanciata e dalla Supercoppa. La Lazio, nelle stesse 10 giornate del ritorno, ha conquistato appena 14 punti, ha vinto 4 partite, ne ha pareggiate 2 e ne ha perse 4, ora è quinta, è stata scavalcata dall’Inter e dalla Roma, e nella classifica parziale occuperebbe il settimo posto con la Fiorentina. Altro che Champions, il passo tenuto negli ultimi due-tre mesi non garantirebbe la qualificazione all’Europa League. Il saldo negativo è di 11 punti rispetto all’andata. Sono gli stessi guadagnati dal Milan e dal Napoli nel medesimo arco temporale sulla Lazio, che ha perso nei confronti della Roma e dell’Atalanta per non parlare della Juve, a livelli siderali. Inzaghi ha 3 punti in meno nel confronto con il passato campionato, chiuso al quinto posto, dopo 29 giornate. La bontà del suo lavoro e dei risultati della Lazio, ai quarti di Europa League ed eliminata in semifinale dal Milan ai rigori, restano fuori discussione. Gli episodi accaduti nelle partite di campionato con Milan, Juve, Cagliari e Bologna pesano tantissimo e non possono sfuggire all’analisi. Era successo anche dopo il derby: la Lazio è stata colpita ogni volta in cui poteva creare il vuoto restando in scia di Napoli e Juve. La stanchezza è mentale più che fisica.