Dossier Milan: tutti gli errori che Berlusconi non deve rifare

Premesso che nessuno misconosce, sottace, ignora i fasti di una gestione che ha portato 28 titoli, fra nazionali e internazionali  nella splendida sala dei trofei in Via Aldo Rossi a Milano, ecco quali sono stati i loro principali errori
Dossier Milan: tutti gli errori che Berlusconi non deve rifare© ANSA
Xavier Jacobelli
6 min

ROMA - Dice che sta cercando investitori seri e affidabili, mentre Mister Bee si sta progressivamente irritando per i continui rinvii e Mister Lee sta seduto lungo il fiume e aspetta. Avverte che vuol costruire un Milan tutto italiano. Garantisce che punta molto sui giovani (infatti Cristante è stato ceduto al Benfica per 6 milioni e dal Chelsea è arrivato Van Ginkel), mentre le veline di regime informano dei suoi forsennati tentativi di convincere Ancelotti a tornare a casa. Ancelotti, lo stesso che nel 2009 Carlo venne congedato senza tanti riguardi, lui che dal 2001 al 2009 aveva segnato la seconda età dell’oro dopo i fasti del primo Sacchi e di Capello. Se le parole di Silvio Berlusconi si tramutassero in fatti, milioni di tifosi milanisti oggi sarebbero più sereni. Ma sereni non possono essere: da quattro anni il Milan non becca palla e la discesa agli inferi continua inesorabile. Quattro anni di mercati sbagliati, di parametri zero sopravvalutati e strapagati, di stagioni storte come quella che, a 180 minuti dalla fine, vede il Milan undicesimo in classifica, a 37 punti dalla Juve campione d’Italia per il quarto anno consecutivo con Pirlo superstar. Già, Pirlo. Il peccato originale del disastro Milan firmato Silvio Berlusconi con il concorso operativo di Galliani ilquale, però, fa ciò che l’ex premier dispone.

Premesso che nessuno misconosce, sottace, ignora i fasti di una gestione che ha portato 28 titoli, fra nazionali e internazionali nella splendida sala dei trofei in Via Aldo Rossi a Milano, ecco quali sono stati i loro principali errori.

1) Scaricare Pirlo: imperdonabile. Pensare che Van Bommel potesse sostituirlo, addirittura inconcepibile. Lasciare andare Pirlo alla Juve ha chiuso il cerchio. E, per sovrammercato, Pirlo a Torino ha ritrovato Allegri del quale, ai tempi, si diceva fosse proprio lui il principale responsabile del divorzio del Milan dal fuoriclasse bresciano. S’è visto.
2) Radere al suolo l’organico nell’estate 2012, a cominciare dalla doppia cessione di Ibrahimovic e Thiago Silva. E non solo per avere impoverito irrimediabilmente l’organico, ma per avere raggiunto la cifra monstre di 180 milioni di euro lordi all’anno di monte ingaggi.
3) Pagare 11 milioni per Matri, calcisticamente cresciuto nel vivaio rossonero, prelevandolo dalla Juve, salvo prestarlo in seguito alla Fiorentina, al Genoa e di nuovo alla Juve, nel gennaio scorso, accollandosi comunque il 40 per cento dell’ingaggio. Matri ha firmato la conquista della decima, storica Coppa Italia bianconera.
4) Scaricare su Allegri le colpe della crisi che nell’inverno 2013-2014 si era acuita, ma non a causa dell’allenatore il quale, al primo anno sulla panchina del Milan, aveva vinto scudetto, poi aveva vinto la Supercoppa di Lega, poi era privato secondo e quindi terzo, prima di essere cacciato.
5) Prendere Seedorf, catapultandolo dal campo del Botafogo a Milanello e licenziarlo dopo sei mesi nonostante avesse totalizzato 35 punti nel girone di ritorno e soltanto Conte e Garcia avessero fatto meglio di lui. L’olandese percepisce tuttora circa 206 mila euro netti al mese e li percepirà sino al 30 giugno 2016.
6) Sostituire Inzaghi con Seedorf, mandando allo sbaraglio un debuttante assoluto in serie A senza mettere a sua disposizione una rosa da Milan e facendo finta che l’anno prima non avesse allenato la Primavera e due anni prima gli Allievi.
7) Presentarsi un venerdì a Milanello con Sacchi senza spiegare a che titolo e vagheggiando un ruolo da allenatore degli allenatori, mai ricoperto da Arrigo. Mossa che ha comunque indebolito Inzaghi all’esterno.
8) Presentarsi spesso il venerdì a Milanello fra Hip Hip Hurrà, promesse e rassicurazioni sistematicamente smentite dai fatti (“Siamo da terzo posto”, “Vinceremo la Coppa Italia”, "Non abbiamo nulla da invidiare alle altre squadre”, eccetera eccetera).
9) Smentire che il Milan sia in vendita, salvo allacciare trattative con interlocutori thailandesi, cinesi, arabi, ingenerando confusione, col risultato che, oggi come oggi, non si capisce chi e se comprerà il Milan, a quale prezzo, a quale titolo. Tanto che, oggi come oggi, nessun allenatore, a cominciare da Ancelotti e proseguendo con Klopp, Lippi, Spalletti, Montella, Conte, Emery, accetterebbe di guidare la squadra senza avere precise garanzie sui piani di rafforzamento. Cioè di ricostruzione totale.
10) Avere escogitato nel dicembre 2013 la formula del Diavolo a due teste (Barbara Berlusconi e Galliani) per indurre il braccio destro a ritirare le dimissioni, rassegnate dopo il, durissimo attacco della Delfina in data 3 novembre 2013 e prontamente rientrate prima di Natale. Col risultato che la guerra continua, neanche tanto sotterranea, ad onta dei sorrisi ufficiali e delle veline di Palazzo. O la terra bruciata che Barbara sta facendo in Via Aldo Rossi è un’invenzione giornalistica?
11) Avere posticipato a dopo il 31 maggio ogni decisione sul futuro del Milan perché di mezzo ci sono le elezioni amministrative. Così, sul mercato la società partirà in ritardo, mentre la Juve ha già preso Rugani, Dybala e Neto. Morale: o Berlusconi si dà una mossa o il Milan non esce dalla palude in cui s’è cacciato. Senza dimenticare i 91 milioni di passivo certificati per il 2014 e le cifre di un indebitamento inquietante. Coraggio, Silvio: soltanto chi cade, può rialzarsi. L’importante è fare in fretta.
 


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