Il Milan a Pasqua sarà di mister Li

Cda il 14 aprile, ecco come il cinese si prenderà il club
Il Milan a Pasqua sarà di mister Li© ANSA
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MILANO - Ora ci sono anche le date: il 14 aprile in prima convocazione e il 4 maggio in seconda. Ieri, come previsto, il CdA rossonero ha deliberato le date per la prossima Assemblea dei soci che avrà, all'ordine del giorno, la nomina del nuovo Board, conseguenza del cambio di proprietà del club. Anche Fininvest, comunque, garantisce che il "giorno" sarà il 14 aprile, mentre il 4 maggio è stato aggiunto solo pro forma. Insomma, il closing si avvicina, ma questa è l'unica - relativa, visti i precedenti... - certezza. Sul futuro, invece, continua a pendere un grosso punto interrogativo. E' vero che Yonghong Li, rivolgendosi al fondo Eliott, è riuscito a mettere insieme i soldi per comprare il club, ma non significa che poi avrà i mezzi anche per rilanciarlo. La verità è che, saltata la scadenza del 3 marzo, la preoccupazione di perdere i 200 milioni già versati è stata tale da spingerlo a rivolgersi ad un finanziatore che ha imposto tassi altissimi - 11,5% per 180 milioni e 8% per altri 120 -, non solo per i tempi stretti, ma perché d'abitudine interviene in situazione disperate. E lo scopo finale non è certo salvare il contraente, ma guadagnare il più possibile.

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PRECEDENTI -  Elliott è un fondo speculativo che gestisce asset per 31 miliardi di dollari. Il suo business prevede l'acquisto, a prezzo scontato, del debito di aziende, ma anche di nazioni, per rivenderlo con profitto oppure ricorrere in tribunale e chiederne il risarcimento. "Calcio e Finanza", in questo senso, ha ricostruito una serie di esempi. Si comincia dal 1996, quando Elliott compra bond in default del Perù per 11,4 milioni di dollari, fa causa e, in secondo grado, ottiene 58 milioni. L'esempio più eclatante di questa condotta, però, riguarda l'Argentina. Anche in questo caso si finisce in tribunale dopo un investimento di 82 milioni di bond al collasso. Elliott prima ottiene il sequestro di una nave scuola militare, poi, nel 2012, dopo un decennio, la corte federale a New York impone a Buenos Aires il risarcimento, che, con gli interessi, arriva addirittura a 1,5 miliardi di dollari, talmente elevato da provocare il secondo default del Paese in tredici anni.

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