Gazidis l'introverso giusto

Incontro (informale) nella sede del Milan con il nuovo ad anglo-sudafricano. L’intesa con Elliott non contempla scadenze. Ambizioni altissime, progetto nuovo stadio e tema academy prioritario
Gazidis l'introverso giusto© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
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No interviews, please. Interviste cordialmente vietate. E chi tradisce la parola data è un burfaldino. Le cose più rilevanti uscite dal primo incontro (informale) con il nuovo ad del Milan, il 54enne Ivan Gazidis mi definisco un functioning introvert», un introverso funzionante), introdotto per l’occasione da Paolo Scaroni, Giorgio Furlani, giovane manager di Elliott, e Fabio Guadagnini, capo della comunicazione, sono:
1) Il progetto Elliott non contempla scadenze: in altre parole l’hedge fund newyorchese potrebbe gestire il Milan da oggi fino all’anno Tremila, così come da oggi a dopodomani: le ambizioni e le risorse sono dichiaratamente di prim’ordine.
2) Il progetto stadio condiviso con l’Inter («con loro dal punto di vista dell’impianto non esistono problemi da oltre settant’anni e poi il fatto di impegnarlo con due partite di alto livello a settimana aumenta l’interesse degli sponsor», nota di Scaroni) prevede l’addio a San Siro e un teatro totalmente nuovo «anche per evitare disagi al pubblico nel periodo della ristrutturazione ».
3) Il tema dell’“academy” (settore giovanile) è prioritario, anche per una maggiore adesione al territorio e ai sogni dei suoi giovani.

Ivan Gazidis, nove anni all’Arsenal, un po’ di coppe ma nessuna conquista della Premier, rappresenta qualcosa di nuovo e stimolante per il calcio italiano, anche se non è il primo manager straniero realmente operativo (ricordo Jean Claude Blanc alla Juve, e lo juventino potrebbe aggiungere “purtroppo”), è un visionario ma, attenzione, con un forte senso pratico e della sfida. Così come questo Milan ha uno straordinario senso dell’autoironia: passato da Galliani a Fassone, a Gazidis, ha stretto un accordo più commerciale che tricologico con Bioscalin.
Due note bio(grafiche) sul Nostro. Gazidis è un po’ sudafricano (nascita a Johannesburg), un po’ greco, un po’ inglese, un po’ scozzese e un po’ americano. La madre, Dorothea, proveniva da una ricca famiglia sudafricana. Il padre, Costa, era un immigrato greco molto impegnato nella lotta all’apartheid. Quando nel ’64 nacque Ivan (pronuncia Aiv’n) Costa era in prigione. Le guardie gli raccontarono che il figlio era nato morto e seppe che non era vero soltanto dopo mesi. Quando fu scarcerato, nel ‘67, dopo tre anni di isolamento, continuò a ricevere minacce e insulti, pacchi riempiti di escrementi, intimidazioni, venne pedinato, a un suo collaboratore fu spedito un pacco-bomba che uccise la figlia di quattro anni.
I Gazidis scapparono in Scozia nel ‘69, non avevano più un penny: la madre aveva dovuto rinunciare al denaro di famiglia. Abitarono nelle case popolari di Edimburgo prima di trasferirsi a Manchester. Ivan studiò, vinse borse di studio e si laureò in Legge a Oxford.
Appassionato di rock, ha fatto il batterista in un complesso relativamente noto all’epoca. Nel ‘92 si è spostato a New York e ha lavorato nello studio legale Latham Watkins. Due anni dopo ha accettato la sfida della neonata Mls, sviluppando il ramo commerciale e diventando in poco tempo il numero 2 della lega.
Nel 2008 il passaggio all’Arsenal dopo l’arrivo di Stan Kroenke. Stakanovista, la sua ultima vacanza risale al 2016.
Non è vero che Gazidis è un vecchio amico di Gordon Singer (fondo Elliott): al massimo un compagno occasionale di calcetto la domenica sera dalle parti della Westway.
Singer l’ha contattato quando la possibilità di prendere il Milan è diventata concreta. Gli ha chiesto una mano per trovare un Ceo e qualche mese dopo è tornato da lui per dirgli: «Questi sono bravi, ma io voglio te».
Sono stati Gazidis e Josh Kroenke, il figlio del capo, a mandare via Wenger mentre il boss era legato al tecnico. Probabilmente il divorzio avrebbe potuto e dovuto consumarsi molto prima. Professionisti come Raul Sanllehi (ex Barcellona, ora capo dell’area calcio), Sven Mislintat (capo del recruitment) e lo stesso Emery sono arrivati all’Arsenal con Gazidis. E la sua partenza li ha spiazzati.
Gazidis spiega di aver accettato la sfida italiana perché ha sempre vissuto il lavoro come se ogni giorno fosse l’ultimo. Al Milan guadagna meno che all’Arsenal (dove era il secondo Ceo più pagato della Premier) ma ha una serie di bonus legati alla cessione del club che sono molto sostanziosi.
Va sottolineato che quando arrivò al Londra, stadio a parte, trovò una situazione disastrosa (per gli standard inglesi) nel settore commerciale. All’Arsenal era direttamente coinvolto nel mercato e nei contratti.
Quattro i suo parametri-guida nell’acquisto di un giocatore: Il profilo tecnico-tattico. L’aspetto economico (non solo il cartellino, ma l’ingaggio, l’ammortamento, l’età, le alternative, le prospettive commerciali).
L’aspetto analitico e statistico: all’Arsenal acquistò una società, StatDNA, per 2 milioni. L’aspetto psicologico. Non solo la mentalità del calciatore e il suo background, ma anche la capacità di integrazione nel club, l’empatia con i compagni e con l’allenatore.


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