Milan, per ora Seedorf ha tracciato una strada

In Champions mercoledì la squadra è andata a sbattere sui pali, ma il senso tattico dell’olandese stavolta si è visto, e anche bene
Milan, per ora Seedorf ha tracciato una strada© Ansa
Alberto Polverosi
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MILANO - Per avere un’idea esatta dell’attuale dimensione del Milan e in modo più esteso del calcio italiano si può partire dalla soddisfazione (peraltro giustificata da 45 minuti di gioco fatto bene) che ha suscitato lo 0-1 in casa contro l’Atletico. Un tempo, una sconfitta a San Siro non veniva commentata dai protagonisti, ma nemmeno dagli osservatori neutrali, come è successo per Milan-Atletico. Forse è la rassegnazione alla pochezza del nostro calcio che ci induce a toni comunque positivi, anche se non proprio entusiastici. Quanto meno, nessuno di noi ha più la presunzione di pensarci come quattro o cinque anni fa. Dopo l’Inter di Mourinho e Moratti, c’è stato il vuoto e siamo ancora lì dentro. Dentro al vuoto. Il Milan ha problemi ancora più lontani nel tempo. Dopo l’ultima vittoria della Champions League con Ancelotti nel 2007, e sono passate 7 edizioni, è riuscito a mettere piede in un quarto di finale solo una volta. A San Siro, nelle ultime tre stagioni di Champions, su 14 partite ne ha vinte appena 6, meno del 50 per cento. Insomma, sono problemi antichi che si ripresentano in ogni stagione e che il prossimo anno rischiano addirittura di scomparire, ma solo perché il Milan rischia di scomparire dalle Coppe. Non è un compito facile per Seedorf, inventato allenatore da Berlusconi anche se nella sua testa allenatore lo era da tempo. Già in una situazione normale, un tirocinio è indispensabile, figuriamoci nella situazione del Milan, anche perché Clarence conosceva un’altra storia del Milan, anzi, ne conosceva la leggenda, non le miserie di oggi. Da quando è arrivato, i rossoneri hanno giocato 7 partite ufficiali, segnando 7 gol e mercoledì sera, contro l’Atletico, sono rimasti a secco. Due pali, zero reti. Il giovane allenatore olandese è un appassionato di 4-2-3-1 e per seguire quella fede ha provato anche a riconvertire Abate in ala destra. Ha tentato con Robinho, con Kakà, con tutti i suoi giocatori a disposizione ma non ha mai convinto. Così, nella partita decisiva, Seedorf si è ricordato di Monaco, quando il suo amico Ancelotti piazzò il colpo da maestro, togliendo una punta e giocando con due trequartisti, uno dei quali era proprio lui, Clarence. Quel Milan fu più fortunato (forse anche perché Seedorf era in campo), vinse contro il Bayern e portò a casa la qualificazione. Il Milan di mercoledì è andato a sbattere sui pali, ma il senso tattico dell’olandese stavolta si è visto, e anche bene. Probabilmente Berlusconi non sarà soddisfatto, il dogma rossonero delle due punte vere è stato tradito, contro l’Atletico il suo allenatore ha rinunciato al 4-2-3-1 con tanti attaccanti e ha schierato la squadra col 4-4-1-1. Una volta recuperata la palla, Poli e Taarabt partivano in attacco per affiancare Kakà che si spostava largo sulla sinistra. Una volta persa, tornava indietro e spostava Essien a sinistra e De Jong sul centrosinistra. Più che una coppia, Poli-Taarabt era un blocco che si muoveva in perfetta sintonia. Una bella idea, un’innovazione, utile per sorprendere Simeone che per mezz’ora non ha trovato il modo per intervenire. Il limite di certe idee sta nella forza fisica con cui si realizzano e finché le gambe di Poli hanno retto il Milan ha convinto. Quando ha mollato, il Milan si è fermato. Ma quella è una strada, l’ha tracciata Seedorf, vediamo se avrà anche un seguito.


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