Napoli, tutti i segreti di Sarri

Una favola nata in Toscana. Faceva il bancario, prese la guida dello Stia in difficoltà e s’inventò allenatore. Il racconto dei suoi ex ragazzi
Alberto Polverosi
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STIA (AREZZO) - Se in tutta la Toscana c’era un paese dove era giusto che prendesse vita una storia di panchina e di campagna come quella di Sarri, è proprio questo, Stia, all’epoca frazione di Pratovecchio, provincia di Arezzo, duemilacinquecento abitanti. Qui, pochi anni dopo l’inizio della carriera di Maurizio Sarri, ci girarono “Il Ciclone”. E chi non ha visto quel film non conosce il significato esatto della parola “toscano”. Qui Leonardo Pieraccioni si rivolse a uno stralunato Ceccherini che, per di più stordito dall’incanto delle ballerine di flamenco, chiedeva dove fosse la Catalogna. “Ignorante, è un modo di dire, un esiste mia. E’ come dire l’Atalanta, la Sandoria, un esiste mia l’Atalanta”. E qui incontriamo un falegname che ha trasformato un bancario, anzi, un promotore finanziario, in allenatore. Vanni Bergamaschi è il Geppetto calcistico di Sarri. «Me ne parla Maurizio tutte le volte che ci vediamo, ma io mica me lo ricordo. Mi dice: “Vanni, mi hai aperto una carriera”. Se lo dice lui... Io mi ricordo soltanto che quell’anno lo Stia non andava tanto bene e Maurizio, che faceva il terzino, un tipo grintoso, con un bel fisico, ma tecnicamente non brillava ed era sempre un po’ stronco, una volta il ginocchio, una volta la schiena, mi sembrava avesse certe attitudini per allenare». Sarri ha raccontato che un giorno quel Vanni gli disse: “Dai, prendila tu la squadra”. E così andò. Vanni Bergamaschi giocava col 10 e vent’anni dopo, quando Sarri lo presentò al suo amico Ulivieri, gli disse: “Renzo, vedi questo signore, è stato uno dei 10 più forti che abbia mai allenato”.

L’OSSERVATORE. Lo Stia, che veste in viola come la capolista e prossima avversaria del Napoli, è in fondo alla classifica di un girone di Seconda categoria e la prima mossa di Sarri sorprende tutti. «Chiamò un suo amico, di soprannome fa “i’caciano”, e gli disse che da quella domenica doveva fare l’osservatore. Lo mandava con penna e taccuino sul campo dove giocava la nostra prossima avversaria. Voleva sapere tutto di ogni giocatore, destro o sinistro, se era veloce, se era furbo, se dribblava. Un osservatore in Seconda categoria non si era mai visto, ma i nostri difensori non avevano più paura, sapevano tutto del loro diretto avversario. E poi ne inventò un’altra: allenamento di rifinitura al sabato mattina». Restano a cena negli spogliatoi almeno una volta a settimana e all’allenamento del sabato arriva un’altra novità: gli schemi su calcio piazzato. «Spesso battevo io gli angoli e le punizioni, chiamavamo gli schemi per numero: uno, due e tre. Cominciammo a segnare anche in quel modo. Maurizio rimasto legato a quel gruppo e anche alla Faellese, che allenò l’anno dopo».

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