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NAPOLI - E’ il tempo ch’è volato (letteralmente) via:
dodici anni e quasi non sentirli più, dimenticando cosa fu quell’estate, le rovine del calcio e d’una Napoli ammaccata dentro, perché fu dolore collettivo. Un pallone sgonfio, lo scantinato che è nell’immaginario cittadino, le uova lanciate a Castel Capuano, l’ira sparsa tra i rioni e raffigurata nell’espressione stanca di chi teme di non avere un futuro: fu fallimento, fu la scomparsa, fu un momento che pareva eternità, sospesi nel vuoto assoluto, non un paracadute, non una liana, fino a quando non ci fu la svolta.
ERA DE LAURENTIIS - L’era-De Laurentiis è il simbolo d’un Rinascimento a presa rapidissima, la sintesi d’un progetto ch’è nei fatti, la rappresentazione d’una «diversità» che vale ormai da sette anni la qualificazione in Europa e che dunque esprime il prestigio d’un club nella elite con Higuain & Reina, Callejon & Mertens, Allan & Insigne e che ci è arrivato attraverso Cavani & Lavezzi, Hamsik & Quagliarella, De Sanctis & Pandev. Calcisticamente, è un miracolo.