Roma, Luis Enrique meritava più pazienza?

Torna da ex dopo aver vinto tutto. Visse un anno duro a Trigoria
I 10 momenti peggiori di Luis Enrique alla Roma
Roberto Maida
3 min

ROMA - Veniva da un altro mondo. Altre logiche, etica differente. Quando arrivò la prima volta a Riscone di Brunico, dove la Roma avrebbe preparato la stagione, guardò la tribunetta posta accanto al campo e chiese: «Quella a che serve?». «E’ per i tifosi» gli risposero. Luis Enrique, nascosto dagli occhiali scuri che gli avrebbero tirato addosso lo scherno dei giocatori, mosse la mascella contrariato, come a dire: «Ma siete matti?».

IMPATTO - No, non erano matti alla Roma. Ma forse non era matto nemmeno lui, se poi ha vinto tutto nel Barcellona. Semplicemente non erano fatti l’una per l’altro, almeno in quel momento dei rispettivi cammini. Luis Enrique aveva accettato di lasciare la casa madre, dove già gli avevano promesso il posto di successore di Guardiola, perché convinto dalla filosofia di Franco Baldini: costruire piano piano la squadra, rifondandola più o meno integralmente, «mai schiavi del risultato» come fecero scrivere alla Curva Sud. Uno dei primi dibattiti riguardò la gestione di Francesco Totti, che molti a Trigoria ritenevano già troppo maturo (diciamo così) per guidare il salto nel futuro. Luis Enrique disse la sua, i dirigenti la loro. Firmarono un contratto biennale.

ECCOLO - Ma Luis Enrique ha stracciato a metà strada quel contratto, divorato dallo stress e dalla sua stessa coerenza. Non poteva accettare certe tensioni e certe critiche, visto che considerava il calcio un divertimento, tanto da giustificare l’abolizione del ritiro anche prima delle partite in trasferta. Un’eresia, per le nostre abitudini. E i risultati negativi, che in teoria non dovevano essere determinanti, crearono il pretesto per la separazione. Luis Enrique aveva promesso che se ne sarebbe andato alla prima contestazione della Curva Sud. Non se lo fece ripetere il 25 aprile 2012, giorno degli insulti per la sconfitta con la Fiorentina. Era pronto a dimettersi subito, senza aspettare la fine del campionato: fu trattenuto sempre da Baldini. «Vedrete, non allenerà più» confessò un importante dirigente della Roma, sinceramente toccato da quell’addio che svelava tanta umana fragilità.

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