ROMA - Tenerlo sotto vetro sarebbe stato offensivo nei confronti della buona sorte, uno sgarbo a lui e una mortificazione per i tifosi dal cuore tenero e dalla pelle coriacea che avevano pagato per dare una mano alla Chapecoense. D’altra parte Patrik Schick oggi come oggi è come il primo girato di un film ancora da montare, qualcosa di informe che si mostra alla produzione tanto per far vedere che nessuno sta buttando denaro.
Lui lo sa, non ha tentato di camuffarsi da giocatore, ha mostrato la stoffa grezza di cui è fatto. E’ stato abbastanza per capire quanto sia preziosa e che cosa se ne potrà cavare una volta ricamata e cucita. Uno scarto laterale di qua, una girata con innesco indipendente di là. Lo Schick autentico, montato a dovere e cucito a regola d’arte, è noto al pubblico per quanto fatto nella scorsa stagione con la Sampdoria, quando aveva ancora vent’anni, cominciava sovente in panchina e una volta entrato accartocciava le partite.
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INTERVENTO - Quando la Sampdoria, che ha continuato a essere la sua squadra fino agli inizi della scorsa settimana, ha dato una stretta alla preparazione lui c’era, ma con poca partecipazione interiore. E alle prime due partite ha preferito non partecipare del tutto. Significa che non ha lavorato granché in questo inizio di stagione, come ha fatto notare lo stesso Di Francesco. Nessun pensiero malvagio vi sfiori. Schick ora si è messo sotto.
Lo avrebbe fatto anche se, paradossalmente, fosse rimasto alla Samp, perché tutto è meno che un lavativo. Sabato, per esempio, mentre il resto della squadra si riposava dove a ciascuno più piaceva il ceco era a Trigoria a mettere fiato in corpo. C’è tutto un programma di pronto intervento stilato dai preparatori atletici, pronto abbastanza da mettere Schick in condizioni di nuocere nel giro di due settimane. Oggi tra parentesi riprendono a lavorare tutti esclusi i nazionali, domani ci si allenerà due volte.
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