La rivincita di Toni: Balotelli guarda e impara!

Quando si hanno 38 anni restare in sella costa più fatica. I dolori si sentono, il recupero è più lento, ecco perché l'applicazione deve essere ancora maggiore
La rivincita di Toni: Balotelli guarda e impara!© ANSA
Matteo Marani
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I 21 gol raggiunti da Luca Toni, che gli valgono il titolo di capocannoniere e che seguono i 20 gol segnati appena un anno fa, ci dicono molte cose. La prima è che nessun altro attaccante della Serie A è riuscito a fare altrettanto nello stesso periodo di tempo, cosa curiosa per un ragazzo che due anni fa i club italiani non contemplavano più. Tornato dall'esperienza in Dubai, si sentì rispondere da un dirigente emiliano: «Grazie, ma sei un giocatore non più adatto alla Serie A». Infatti. L'idea della Fiorentina di riportarlo a casa, propagandata come atto di amicizia di Andrea Della Valle, è stata ripagata con otto reti, pur giocando da riserva. Poi il Verona, dove in tanti considerarono un azzardo quello di affidare l'attacco della neopromossa a un Matusa. Si disse: l'ha aiutato la freschezza di Iturbe ed è invece vero il contrario, fu l'esperienza di Luca ad accompagnare la crescita dell'argentino, poi disperso a Roma. Perché la seconda cosa che ci insegna Toni è che un calciatore, soprattutto il più grande, si mette a disposizione della squadra, dell'allenatore. Questo fa un professionista. La terza cosa, la più importante di tutte, è che il calcio non è solo talento e dono di madre natura. È impegno, sacrificio, serietà, dieta e rinunce. Quando si hanno 38 anni, come lui tra due giorni, restare in sella costa più fatica. I dolori si sentono, il recupero è più lento, ecco perché l'applicazione deve essere ancora maggiore. Non è facile avere quella fame, ma Toni ce l'ha. È quella che manca a Mario Balotelli, non a caso fermo a un misero gol in Premier. Ricco, appagato, celebrato, Super(?)Mario a 25 anni non ha un decimo della forza morale di Toni. Anzi, era più forte a 18 anni di oggi. Non continuo a capire perché Prandelli - proprio come esempio per i giovani - non si sia portato Toni in Brasile da 23esimo. Un autogol gestionale, non l'unico. Toni non è nato campione, lo è diventato, subendo fischi a Vicenza e a Brescia. Ma ha insistito, anche quando Cavasin non lo faceva giocare a Fiorenzuola. L'ha aiutato lo spirito emiliano, terra di costruzione per eccellenza, e una raggiunta serenità famigliare. Non si è sentito arrivato neppure dopo una Scarpa d'oro e un Mondiale vinto da titolarissimo, mentre tanti signor nessuno si danno arie sul nulla. L'aneddoto spiega più di tutto. Anni fa, nello spogliatoio della Fiorentina, Ljajic si pavoneggiava. Luca, sua riserva, lo avvicinò a marzo: «Scusa Adem, quanti gol hai fatto quest'anno?». E l'altro, tutto soddisfatto: «Beh, sette». «Sai che anch'io una volta ho segnato sette gol. In una settimana». Era vero.

 


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