Gialloblù, così il Verona difende la storia

Il Bentegodi ne ha viste tante, ma l'Hellas resta una fede. Ha vinto uno scudetto da brividi nella stagione 1984-1985
Gialloblù, così il Verona difende la storia© ANSA
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ROMA - Qui è stato vinto il più incredibile degli scudetti nella storia del calcio italiano, perché nessuno se l’aspettava e nessuno - oggi - saprebbe più replicarlo, qui allenava il grande Osvaldo Bagnoli e andava al campo in tram, qui folleggiava il più geniale degli anarchici, si chiamava Gianfranco Zigoni e nei plumbei anni ‘70 la sua sola presenza in campo illuminava il pomeriggio del Bentegodi, qui Luca Toni portava la mano all’orecchio dopo un gol e tutti allo stadio si lasciavano rapire da quell’incanto, qui si celebra l’antica Ellade, il nome classico della Grecia che accompagna da sempre Verona, qui si è fatto per anni su e giù, qui la gente al Bentegodi ci va sempre e comunque, caso raro in un’Italia del tifo che regola i propri umori a seconda dei rimbalzi più o meno felici del pallone. La storia dell’Hellas è la storia di Verona, vera e propria città-squadra, enclave di una tifoseria che vive, soffre, gioisce per i colori sociali e che ogni volta sa ricominciare da capo dopo l’ennesima caduta - così è nel dna dei veronesi - per rimettersi in piedi, tornare a camminare e aggiungere un nuovo capitolo a quel romanzo popolare fatto di gol, partite memorabili, trionfi e sconfitte, campioni straordinari e onesti mestieranti che da sempre fanno parte del grande teatro del calcio gialloblù.

Verona, i valori di un calcio diverso

HELLAS SEMPRE - Accettata la presenza dei cugini del Chievo in città, tollerata persino la supremazia territoriale degli ultimi anni - con i «Mussi del Ceo» che hanno frequentato la serie A con più assiduità - la città rimane indiscutibilmente un presidio dell’Hellas. Parliamo dell’11ª città italiana per popolazione, davanti ci stanno tutte città di serie A - ad esclusione di Palermo, Bari e Catania - parliamo di una Verona che si conferma - nonostante la crisi generale - polo d’eccellenza nel settore imprenditoriale del nostro paese; parliamo di una società che conquistò la sua prima serie A ormai sessant’anni fa, era il 1956-57, l’Italia si consegnava al «Boom» economico e Verona entrava per la prima volta nell’élite del calcio italiano.

«È come se fosse un nuovo inizio: fiducia e testa»

I giorni felici dello scudetto sono lontani, le generazioni, di padre in figlio, si sono date il cambio in curva, il bianco e nero del tempo che fu è rimasto intatto solo in certe fotografie d’epoca, Verona non vive di ricordi e sa che non ci sarà più nessun Elkjaer a segnare alla Juventus, a piedi nudi, senza una scarpa, come un Cenerentolo che seppe farsi re per regalare alla città uno dei suoi giorni più belli. Sono cambiate molte cose, da allora. E’ cambiato il calcio, è cambiato l’Hellas Verona. Rimane la consapevolezza diffusa di una squadra che si riconosce nella propria città, e viceversa; e lo fa con un senso di identità e di appartenenza che ha pochi eguali in Italia, rimane la certezza che - nella buona e nella cattiva sorte - i veronesi sapranno sempre da che parte stare, dalla parte dell’Hellas.

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