Mal di pietre, la grande prova di Marion Cotillard

L'attrice è la protagonista dello splendido film tratto dal libro di Milena Agus che uscirà nelle sale il prossimo giovedì
Mal di pietre, la grande prova di Marion Cotillard
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ROMA - Gabrielle (Marion Cotillard) è una donna inquieta, presa da grandi passioni anche erotiche. Per la piccola comunità agricola vicino Lione dove è cresciuta, è uno scandalo. È un po' matta. In un'epoca, gli anni '50, in cui le ragazze sono destinate al matrimonio, lei è diversa.

Questa la protagonista di 'Mal di pietre', tratto dal romanzo di Milena Agus (ed. Nottetempo) e firmato da Nicole Garcia. Già passato a Cannes in concorso, arriva ora in sala da giovedì con la Good Films in 70 copie. Va detto che la storia di Gabrielle non nasconde troppo la sua natura: non mangia a tavola, ha amori immaginari e anche una deriva mistica. Chiede a Dio: "Quella cosa tu me la devi dare". E per quella cosa intende l'amore.

Vista la sua labilità, i genitori la fanno sposare con Josè (Alex Brendemuhl), un uomo solido quanto malinconico, appena sfuggito alla guerra civile spagnola. Tutto sembra funzionare, senza troppa passione, tra i due finché Gabrielle si ricovera per un periodo in una clinica termale per curare i suoi calcoli renali.

Qui incontra un fascinoso tenente in cura per una grave malattia, André Sauvage (Louis Garrel), di cui si innamora perdutamente. Gabrielle ringrazia Dio ed è finalmente pronta a tutto per lui che le promette eterno amore. A fine cura però la donna torna a casa dal paziente marito e gli dice che è incinta e che vuole andarsene, ma nel frattempo Andrè non risponde più alle sue lettere.

 

"AMORE POCO SOCIAL" - Dov'è finito? Esiste davvero? "Ora si parla d'amore in tutte le salse sui social e sui magazine. Nel libro questo amore è qualcosa di più concreto - spiega oggi a Roma la regista -, la protagonista lo chiede addirittura a Dio. Ha un aspetto sessuale e anche sacro, mistico. Non ci sono però nessi con la Bovary che, rispetto a Gabrielle, è più malinconica, urbana, meno contadina". "Il destino di questa donna incarna per me la forma dell'immaginario, la potenza creatrice di cui noi tutti siamo capaci quando abbiamo grandi aspirazioni e i nostri sentimenti ci conducono all'estremità di noi stessi - dice ancora la Garcia -. Qualche cosa nella follia delle donne mi attira, in quanto portano in loro stesse quella fragilità, quel continuo tentennare fino al rischio di una catastrofe".

NOSTALGIA DELLA SARDEGNA - Sulla trasposizione dal libro al cinema, spiega invece la Agus: "la cosa che mi è mancata di più è la Sardegna. Manca così tutta la spiritosaggine dei cagliaritani e la tragicità che c'è al contrario all'interno dell'isola. Questa nonna francese la amo però molto e mi ricorda l'Orlando Furioso, il suo mal d'amore folle per qualcosa che non esiste". E ancora la scrittrice sarda: "anche negli amori virtuali c'è spesso la stessa follia, sono spesso amori che non esistono. In fondo non è da pazzi desiderare un amore folle. Ma spesso questo ci porta a non riuscire più a vedere quello che ci è vicino, le persone vere. Viviamo come in un altro luogo".


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