La battaglia dei sessi, i registi: «Il tennis non è mai stato così importante»

Presentata a Roma la pellicola dei registi Valerie Faris e Jonathan Dayton che racconta la mitica sfida del 20 settembre 1973 fra il tennista Bobby Roggs e la campionessa Billie Jean King
La battaglia dei sessi, i registi: «Il tennis non è mai stato così importante»© ANSA
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ROMA - Era inevitabile, ma all'incontro stampa con Valerie Faris e Jonathan Dayton (Little Miss Sunshine), registi di La battaglia dei sessi, in sala dal 19 ottobre con la Fox, non si è parlato altro che dello scandalo di Harvey Weinstein e del maschilismo di Donald Trump. In questa commedia, con al centro il tennis, si racconta infatti un fatto storico poco conosciuto, la celebre partita avvenuta il 20 settembre 1973 tra Bobby Riggs (Steve Carrell) e Billie Jean King (Emma Stone). Un evento che fece epoca con 90 milioni di persone davanti alla tv per assistere al match tra un 50enne, ex campione di tennis e "porco maschilista" (parole sue), e una campionessa 29enne in guerra con la federazione tennistica Usa perché venisse riconosciuto alle donne lo stesso compenso maschile. Non solo. Nello stesso anno, grazie anche alle battaglie delle femministe, venne approvato il Titolo IX della Costituzione per la parità dei diritti fra uomo e donna e la Corte Suprema emise poi una sentenza sul diritto all'aborto.

Infine, tra i temi del film, quello dell'omosessualità femminile. Billie Jean King, infatti, pur essendo sposata, scopre a un certo punto la sua omosessualità che più tardi renderà pubblica diventando anche una sostenitrice dei diritti LGBT. Nella 'Battaglia dei sessi' c'è una ricostruzione perfetta dell'epoca, con al centro la figura di Riggs, scommettitore seriale e furbo clown, capace come nessuno di sfruttare i media. Comunque un personaggio, che al grido "la donna in cucina e a letto", trovava sostenitori tra i reazionari dell'America di quegli anni. "Persone come Donald Trump e Weinstein mostrano come certe cose non siano affatto cambiate nonostante certe battaglie" dicono i due registi oggi a Roma.

E aggiungono: "Personaggi così ci sono poi ancora oggi in ogni paese del mondo. E va detto che la candidatura di Hillary Clinton alla presidenza degli Stati Uniti dimostra come il match uomo-donna non si sia mai davvero esaurito, ma solo trasferito in politica".

La forza propulsiva del femminismo degli anni Ottanta "è certo calata - dicono Faris e Dayton - , come d'altronde è capitato a tutti i movimenti. Certo dopo Trump il femminismo si sta per riattivare, ma la rivolta è ormai solo digitale, si protesta sul cellulare, ma non è la stessa cosa. Nel caso di Weinstein, ad esempio, molte delle sue vittime non hanno parlato, non ne hanno avuto il coraggio, mentre una persona come Billie Jean King ha messo a rischio la sua reputazione, è stata ed è una combattente".

Le polemiche sui temi di questo film lo hanno anticipato: "Prima che uscisse erano solo commenti negativi, un conduttore di un talk show ha addirittura inventato il termine 'femminazi'. Ci sono state, insomma, molte reazioni maschiliste e scioviniste da parte liberal. Peccato, perché questo film è stato fatto per tutti", hanno sottolineato.


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