Dogman, la recensione del film di Matteo Garrone

Dal 17 maggio al cinema, il film è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2018, dove Garrone ha già vinto due volte il Grand Prix.
Dogman, la recensione del film di Matteo Garrone
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Dopo la parentesi fantastica de Il Racconto dei Racconti, Matteo Gerrone torna al realismo scarno, lo stesso che aveva caratterizzato il suo primo cinema (L'Imbalsamatore, Primo Amore) e porta al cinema Dogman, un film che parte dalla vicenda di cronaca nera che vide coinvolto il "canaro della Magliana" responsabile di un efferato omicidio.

Il film, presentato in anteprima al Festival di Cannes 2018, è però una rielaborazioen dei fatti realimente accaduti, dal momento che Garrone parte dalla storia di cronaca per raccontare la sua, quella che più che all'atto di violenza è interessata alle psicologie fragili dei personaggi.

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L’attenzione di Matteo Garrone, e con essa quella dello spettatore, si focalizza sullo sguardo di Marcello, attento, dolce, malinconico. Su quello sguardo, su un sorriso appena accennato, si chiude, in nero, una storia di desiderio e di violenza, psicologica più che fisica.

Su quello sguardo Garrone conclude un altro straordinario capitolo della sua avventura cinematografica, in cui fa vibrare le viscere, spaventa e scuote, senza spettacolo o compiacimento nella violenza che pure mette in scena, “soltanto” con gli strumenti del grande cinema.


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