Creed 2, la recensione: Rocky si congeda da leggenda

Un film bellissimo, emozionante che riabbraccia 35 anni dopo la figura di Ivan Drago
Creed 2, la recensione: Rocky si congeda da leggenda© ANSA
Simone Zizzari
5 min

Diciamo la verità: rivederli uno di fronte all’altro sul ring è stato emozionante. E’ un incantesimo che si ripropone a distanza di decenni ed è come la prima volta, roba da pelle d’oca. Ivan Drago e Rocky Balboa in mezzo al popolo urlante russo è l’immagine che inevitabilmente si prende la scena anche se i protagonisti sono altri. Il bello di Creed II (da domani nelle sale italiane) è proprio questo. E’ il miglior congedo che un monumento come Rocky poteva sognare. Il passaggio di consegne è adesso finalmente concluso: Rocky lascia la scena ad Adonis Creed, come si era ormai capito da tanto tempo. Il passaggio di consegne è anche metaforico: ultimo atto a Philadelphia prima di fare i bagagli e trasferirsi nella sicuramente meno poetica Los Angeles. Questo pretende la storia e così sarà.

Per il futuro si vedrà, adesso però c’è lui, Ivan Drago, che torna sulla scena. Lo avevamo lasciato sanguinante al tappeto al termine del leggendario scontro con Rocky a Mosca. Quasi 35 anni dopo (passati in esilio in Ucraina senza più una moglie, una professione e con solo tanta, tantissima rabbia dentro) l’ex campione russo ha la possibilità di riscattare il suo nome e il suo onore attraverso il mastodontico figlio Viktor che non conosce null’altro nella vita se non la boxe. Fra i due i rapporti sono molto freddi ma la solitudine nella quale vivono non gli lascia alternative: in tutti questi duri anni sono sempre stati l’uno al fianco dell’altro. Uno sul ring, l’altro sotto, come suo allenatore. Ivan Drago ha la chance che aspettava da tempo immemore: dare Adonis Creed – che nel frattempo è diventato campione del mondo - in pasto alla furia del figlio. Sì, proprio quel Creed, figlio di Apollo, colui che Drago uccise in un combattimento. Già questa idea da sola reggerebbe il film per intero.

In realtà c’è anche Rocky che in questo film ha un ruolo meno centrale ma comunque determinante. Il primo incontro con Drago a Philadelphia nel suo ristorante mette i brividi come anche l’iniziale rottura fra lui e Adonis quando il giovane pugile decide di accettare la sfida lanciata da Viktor Drago.

Il film scorre via velocissimo e non annoia mai. Ha pochi difetti ed è una continua escalation fino al grande match finale disputato in Russia. Già, in Russia. E’ questo uno dei tre difetti del film. Andiamoli ad elencare.

Le dinamiche e lo sviluppo della storia riprendono troppo da vicino il capitolo 3° e 4° della saga. A tratti è come vedere in Adonis un Rocky IV 2.0. La sensazione è che si volesse andare sul sicuro, senza correre il rischio di intraprendere strade ancora sconosciute per la saga. Il secondo neo è la mancanza di un vero villain. Voi direte: e Viktor/Ivan Drago? Il “problema” è proprio Drago. Non è più la macchina assassina silente e dopata del quarto capitolo. Questo Drago ha dei sentimenti, ha sofferto tantissimo (insieme al figlio) e quindi il pubblico finisce inevitabilmente per immedesimarsi nella sua situazione provando per lui quasi simpatia. Un problema che emerge nello spettacolare match finale: si fa fatica a tifare per Adonis. O meglio, Drago finisce quasi per fare tenerezza. Ultimo difetto (ma è il meno rilevante di tutti): si poteva/doveva approfondire di più il rapporto padre/figlio fra Ivan e Viktor, di sicuro i protagonisti di una pellicola ottimamente elaborata, che fa commuovere ed esaltare. E’ Creed 2, bellezza.


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