F.1, la Ferrari rinuncia al direttore tecnico

Binotto al posto di Allison? No, è in un altro ruolo. In pratica non c'è più un "padre" unico per la Rossa. Un vero azzardo
F.1, la Ferrari rinuncia al direttore tecnico© Ansa
Fulvio Solms
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Non arriva Key, non arriva Costa, non arriva Bell. Non arriva nessuno ma va via James Allison, come ci diciamo da giorni e come ieri la Ferrari ha confermato con una nota ufficiale. Un divorzio maturato in tempi brevissimi, impensabile solo fino a un mese fa.

La nomina a capo del settore tecnico colpisce (sic) Mattia Binotto: un bel pasticcio, ma qui occorre una premessa. Binotto è un ingegnere motorista di grandi capacità manageriali e organizzative, ottimo risolutore di problemi. E’ stato lui a programmare nascita della nuova sede della Ges, dal foglio bianco al taglio del nastro: un lavoro complesso, durato anni e concluso con successo.

Azzardo. Il problema è che il presidente Sergio Marchionne manda via il “technical director”, il direttore tecnico, Allison appunto, e promuove Binotto “chief technical officer” che è un’altra cosa: capo degli uffici tecnici. In questi termini presi dal tecno-burocratese della Formula 1 si annida sostanza, per cui prende forma l’ennesimo azzardo di Maranello: non c’è più un direttore tecnico, un cervello che tira le fila di tutti i singoli reparti e nella sua testa ha chiaro il progetto-macchina nella sua completezza. Binotto è capacissimo, ma fuori ruolo. Puoi avere anche Messi, ma schieralo in difesa e sta’ a vedere che succede. Un bel pericolo insomma, per la Ferrari e per lo stesso Binotto.

La nota di Maranello ha annunciato che con Allison le parti «hanno deciso, di comune accordo, di prendere strade diverse». Seguono ringraziamenti e auguri reciproci tra Arrivabene e il tecnico, che si congeda definendo gli ultimi tre anni «grande esperienza professionale e umana».

Ma cosa è successo con Allison? La rottura risale a un mesetto fa, quando Marchionne gli ha fatto uno shampoo per i risultati che non arrivavano, chiedendogli ragione di quanto l’ingegnere aveva prefigurato all’inizio dell’anno: il sorpasso alla Mercedes. Una convinzione fondata sui progressi prestazionali della Ferrari 2016 rispetto alla macchina precedente, reali ma insufficienti per ribaltare i valori.

Allison ha sentito mancare la fiducia e ne ha tratto le conseguenze, come si dice in questi casi. La tragica perdita della moglie in marzo e la necessità di stare più vicino ai figli certo non hanno contribuito a semplificare il quadro, ma non sono stati la causa del divorzio.

Dinieghi. La Ferrari ha cercato ovunque e tutti gli ingegneri interpellati (certamente Adrian Newey, Ross Brawn, James Key della Toro Rosso, Rob Marshall della Red Bull) hanno detto no. Ciò ha spinto Marchionne alla scelta interna che è disperata, ancorché sorretta da una profonda convinzione: poter imporre un nuovo modello di linea di comando, che fino ad oggi ha funzionato nelle sue aziende. Mai prima, però, in Formula 1.

Tale nuovo modello può sintetizzarsi così: i grandi nomi non servono perché abbiamo sufficienti competenze all’interno dell’azienda, alcune di esse nascoste e mortificate. Recuperiamole, valorizziamole, diamo fiducia a gente nuova.

Tutto bellissimo. Tradotto in pura operatività: il telaio continuerà a farlo Simone Resta, autore dello chassis che è alla base dei litigi tra macchina e gomme, quasi raggiunto dalla Toro Rosso con motore Ferrari 2015 (spompato rispetto agli attuali). Ancora: i motori continuerà a disegnarli Lorenzo Sassi, primo firmatario dell’attuale unità che è potente quanto il Mercedes ma si rompe spesso (turbo all’inizio dell’anno, cambi e trasmissioni di recente, quattro Ers usati a metà stagione su cinque disponibili per tutto l’anno). Un capo dell’aerodinamica non c’è più e presto se ne dovrebbe andare anche l’ottimo Dirk De Beer, vicinissimo ad Allison. Binotto dovrà andare a pescare un nuovo specialista sul mercato però - attenzione - stiamo parlando di un’area in cui la Ferrari è sempre stata deficitaria e che l’anno prossimo diverrà estremamente importante. Quando il nuovo vertice tecnico sarà al completo, tutti riferiranno al nuovo “chief technical officer”.

Senza risposta. Non trovano risposte semplici domande: chi farà la macchina? Chi avrà in testa il progetto nella sua interezza? Chi accenderà le intuizioni sulle priorità cui dare spazio, senza farsi influenzare dalle sue competenze specifiche? Chi sarà il volpone in grado di leggere tra le pieghe del regolamento e inventare qualcosa?
Tra l’altro Binotto, nella sua nuova posizione, quasi collide con la figura dell’attuale team principal Maurizio Arrivabene. Il quale, a questo punto, si annuncia come il prossimo agnello sacrificale, delegittimato tre settimane fa dal “ghe pensi mi” di Marchionne, che pur avendo un ufficio nella sede storica di Via dell’Abetone se n’è fatto allestire uno nei nuovi locali della Gestione Sportiva. Un commissariamento bello e buono.
Tocca aspettare ancora, tocca sperare. L’obiettivo per il 2016 è la vittoria della bandiera, quello del 2017 chissà.


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