Al Teatro Vittoria arriva la storia degli “angeli del rugby”

Parte domani lo spettacolo di Claudio Fava, Mar del Plata, che racconta la tragica vicenda dei rugbisti che non si piegarono alla dittatura argentina
Al Teatro Vittoria arriva la storia degli “angeli del rugby”
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Da domani fino al 13 novembre il Teatro Vittoria ospita Mar del Plata, lo spettacolo con cui Claudio Fava racconta una storia vera, toccante e tragica quella degli “angeli del rugby”. Quegli angeli facevano parte della squadra di rugby La Plata, un gruppo di ragazzi che alla fine degli anni ’70, nell’Argentina della dittatura militare, decisero di non abbassare la testa davanti alla ferocia degli emissari di Videla e di rimanere in campo fino alla fine del campionato nonostante la squadra venne decimata dalle crudeltà del regime.

Nel testo di Claudio Fava emergono costanti connessioni con un’altra storia, un’altra guerra, molto più vicina a noi quella che veniva combattuta tutti i giorni in Sicilia con la, mafia. Un racconto realizzato dello sceneggiatore dei Cento passi che con un padre ucciso dalla mafia conosce bene l'orrore e il peso dei silenzi di certi fatti storici. «Si moriva in Argentina come in Sicilia perché una banda di carogne regolava in questo modo i propri conti con i dissidenti. Pensarla storta, fuori dal coro, era un peccato imperdonabile. A Buenos Aires come a Catania. Negli anni ho imparato a raccontare quei morti con le parole dei vivi, le madri di Plaza de Mayo, le vedove di via d’Amelio…!». 

Di quella trista e tragica storia Raul Barandiaran ne è l’unico sopravvissuto e ancora oggi è il testimone vivente di quella squadra che decise di correre contro tutto e tutti, anche contro la violenza e l’oppressione. Da sempre il rugby è uno sport nobile e quando si entra in campo coraggio, lealtà e altruismo sono gli unici valori che contano. «Ho cercato di riannodare i fili invisibili che legano vite lontane tra loro: i giovani agenti di Paolo Borsellino che rinunciano alle ferie per far da scorta al loro giudice, i giovani rugbisti di Mar del Plata che rinunciano a trovare rifugio in Francia pur di giocarsi fino all’ultima partita il loro campionato… II nome di Raul, il sopravvissuto, l’ho conservato. Gli altri, carnefici e vittime, li ho ribattezzati: volevo che ciascuno di loro portasse in questo teatro qualcosa in più della propria storia, qualcosa in più della propria morte. Perché alla fine poco importa che quei ragazzi fossero argentini o siciliani. Importa come vissero. E come seppero dire di no»


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