Boss in incognito, intervista all'interista Nicola Savino

Il nuovo conduttore del programma targato Endemol fa il punto sul cammino in campionato della sua squadra: «Pioli ha riportato ordine ed equilibrio. De Boer? Fose gli mancava la grinta. Gabigol somiglia a Jonathan»
Boss in incognito, intervista all'interista Nicola Savino© ANSA
Simone Zizzari
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ROMA - Il nuovo "Boss in incognito" debutterà stasera su Rai 2. La quarta stagione del programma targato Endemol Shine Italy vedrà alla conduzione Nicola Favino che già nel periodo natalizio aveva regalato un piccolo antipasto con la prima puntata. Prosegue da stasera quindi il viaggio attraverso le grandi realtà imprenditoriali italiane i cui capi ancora una volta lavoreranno, sotto copertura, fianco a fianco coi propri dipendenti. Dopo aver scoperto il boss delle patatine fritte, sarà la volta del capo del Maglificio Gran Sasso, figlio di uno dei fondatori Guido Di Stefano. E successivamente sarà la volta di un’azienda che produce olio extravergine d’oliva, passata di pomodoro, ceramiche e ancora torroni e dolciumi o accessori per mobili.

«La mia edizione sarà un po' differente soprattutto nel meccanismo, o meglio nel camuffamento del boss. In questa stagione i boss fingeranno di essere protagonisti di un nuovo docu-reality ma non voglio aggiungere altro», ha raccontato Favino al Corriere dello Sport.it. 

«L'idea di condurre questo programma non è nata da me ma dal direttore di Rai Due. Io ho accettato subito nonostante Boss in incognito abbia un taglio meno ironico e divertente e più serio, quasi un racconto con venature drammatiche. Noi raccontiamo il lavoro precario, un lavoro che ti costringe a lasciare casa e i tuoi affetti, un lavoro che racconta le difficltà degli extracomunitari che svolgono i lavori che noi non vogliamo più fare. Però poi c'è anche la goduria di vedere il re nudo, l'amministratore delegato di grandi aziende che fatturano milioni di euro che si china a terra per raccogliere i pomodori o impastare la pasta dei torroni», ha proseguito Savino, per nulla spaventato dai paragoni con i suoi predecessori Costantino della Gherardesca e Flavio Insinna: «A vincere qui è il formato, non il conduttore».

A proposito di boss. Uno con la B maiuscola è diventato il nuovo presidente degli Stati Uniti d'America: «Di Trump non ho grossa stima. Non può piacermi un presidente che prende in giro un giornalista paraplegico, questa è ignoranza e rozzezza. Capisco che il peso che dovrà sostenere è enorme: venire dopo un figo pazzesco come Obama è molto difficile, anzi, una missione impossibile», ci ha detto Savino.

Il discorso poi verte sul calcio e sul primo grande amore di Savino, l'Inter. «La nuova proprietà cinese mi piace molto. Ma soprattutto faccio i complimenti a Pioli che ha sistemato questa squadra. Il mercato? Dobbiamo sistemare la difesa e i due di fascia. Io a D'Ambrosio voglio un gran bene e adoro l'impegno che ci mette però dobbiamo trovare maggiore qualità in quel reparto. Cosa farei se fossi il boss dell'Inter? La prima cosa è rinnovare San Siro. Lo farei solo interista togliendo il terzo (e forse anche il secondo) anello e lo renderei ultra moderno. L'ideale è avere un impianto da 40 mila posti. Non riesco a capire come si possano spendere 30 o 40 milioni di euro per un giocatore e non 150 milioni per un nuovo impianto». 

Fantascienza a parte, torniamo con i piedi per terra. «L'Inter è una squadra già forte e Suning dovrebbe ripartire da alcuni punti fermi. Chi? Perisic, Icardi, Gagliardini, tanto per fare tre nomi. Se Icardi merita la fascia da capitano? Noi abbiamo delle buone tradizioni sia con i portieri che con i capitani. Per quanto riguarda la fascia, pensa ad esempio a  Bergomi o a Zanetti. Icardi è capitano per esclusione. Magari poteva esserlo Handanovic ma ogni anno dice sempre che vuole andare via... E comunque Icardi mi piace tantissimo, Pioli lo sta trasformando nell'Eto'o del triplete: Mauro non si è mai sacrificato tanto per la squadra come adesso».

Savino ha le idee chiare anche di Gabigol e De Boer: «Sull'attaccante brasiliano si è scatenato un affetto pazzesco, una febbre assolutamente incomprensibile, fatta di affetto, ironia non feroce e un po' di tenerezza. La stessa che si era scatenata sul Divino Jonathan. Quest'ultimo però era molto più scarso di Gabigol. Diciamo che è uno dei motivi per i quali adesso vale la pena andare allo stadio. E comunque è molto forte, deve solo capire bene il campionato italiano».

Su De Boer l'opinione è diversa: «Secondo me non era così scarso. Io però sono troppo tifoso per millantare adeguate competenze tecniche. Non posso sapere se De Boer è bravo o no ma so che non puoi stare seduto tutto il tempo impassibile mentre la tua squadra in campo sta perdendo per 2-0 in casa. Forse gli serviva più grinta».

Ultima battuta sulla Cina che sta provando a saccheggiare i campioni del pallone: «Kalinic ha rifiutato e per questo motivo gli faccio i complimenti. Io non avrei mai detto di no a certe cifre, sono sincero. il calcio poi è cambiato, ormai non c'è più molto spazio per i sentimenti. Però fossi in Cassano la Cina non la rifiuterei mai», ha concluso Savino.


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