Il romanzo di Garrincha e il calcio nella Germania Est ai tempi del Muro

Gambe storte ma classe immensa. Garrincha aiutò il Brasile a vincere due Mondiali, facendo commuovere una nazione intera. Giocatori spiati, arbitri protagonisti, squadre che dovevano vincere: ecco il calcio nella Germania dell'Est.
Il romanzo di Garrincha e il calcio nella Germania Est ai tempi del Muro
Massimo Grilli
3 min

«Aveva con la palla un rapporto che si collocava tra l’ispirazione e la relazione affettiva. E lei obbediva», spiega Zico nella prefazione. «Manè era un fenomeno unico. La cosa più bella di tutte era guardarlo. Nessuno lo poteva prendere. Non lo prendevano mai, davvero mai», chiude Pedro Manfredini nella postfazione. Se Pelè è stato il più grande calciatore brasiliano, sicuramente Garrincha è stato l’eroe del popolo, rappresentando alla perfezione la gioia e l’amarezza di un intero continente. Manoel Francisco dos Santos, meglio conosciuto come Garrincha, “il passerotto”, «non sapeva scrivere e a malapena firmava con una croce - scrive l’autore - ma vederlo giocare in campo era una poesia, come il dolce profumo di una donna». Con grande affetto e rispetto, Antonio Lombardo ha scritto il commovente romanzo di un’esistenza derelitta ma che trovò nel calcio la sua redenzione, la sua poesia. La vita di Garrincha - figlio di madre mulatta e padre indio, nato con le gambe storte (da bambino lo chiamavano “lo storpio”) - è la favola di un bambino riuscito a fuggire dalla miseria delle favelas, capace - grazie alle sue doti calcistiche - di spiccare il volo, proprio come l’uccellino da cui prese il soprannome. Ma la storia dell’ala del Brasile che vinse due campionati mondiali è anche il ritratto di un popolo dalle mille contraddizioni, capace di ritrovare il sorriso solo nella magia di un rito ancestrale o di un dribbling ben riuscito.
IL PASSEROTTO DI MAGE’, di Antonio Lombardo; Edizioni Storie di Sport, 160 pagine, 16 euro.

Dall’incrocio della storia del calcio con le vicende della Storia con la S maiuscola, nascono ogni tanto deliziosi tracciati, come questo di Paliotto, che ci ha regalato un ritratto esauriente del gioco del pallone ai tempi della Germania Est. Anche se in parte snobbato dal regime, che evidentemente spingeva soprattutto verso gli sport più propriamente olimpici, il calcio riuscì a ritagliarsi uno spazio importante, oggetto di pesanti ingerenze politiche, grazie all’intervento decisivo del temutissimo Erich Mielke, capo della Stasi - la polizia segreta del regime comunista - nonché presidente della Dynamo Berlino, squadra quindi destinata a dominare i campionati della Germania dell’Est, cosa che fece per dieci anni di seguito. Squadre gloriose ma improvvisamente private dei suoi giocatori più forti - come accadde alla Dynamo Dresda - arbitri esageratamente faziosi, la presenza pesante del doping, giocatori spiati (vi ricordate lo splendido film, “Le vite degli altri?”): Paliotto passa in rassegna tutte le sfaccettature del calcio al di là del muro, soffermandosi sull’andamento delle varie squadre fino alla partecipazione della nazionale alle Olimpiadi e ai Mondiali, con il leggendario successo, nel 1974, sulla Germania Ovest - poi diventata campione del Mondo battendo in finale l’Olanda - firmato dall’immortale Jurgen Sparwasser.
STASI FOOTBAL CLUB, il calcio al di là del Muro; di Vincenzo Paliotto, Urbone Publishing, 100 pagine, 12 euro.


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