Salvini, intervista al Campione Honda

Quattro chiacchiere con il Campione del Mondo Enduro 2013, Alex Salvini, motociclista purosangue mai sceso "in pista".
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Se nella velocità arranchiamo, nell'off-road non abbiamo rivali. E per un Valentino Rossi che non regge il confronto con gli spagnoli in MotoGP, o un Marco Melandri che non trova la quadra in Superbike, abbiamo grandi talenti come Tony Cairoli nell'MX1 o Alex Salvini nel Mondiale Enduro.

Bolognese, classe 1985, ricorda un po' un giovane Alberto Tomba, per via del fisico da gladiatore e il sorriso sempre smagliante da buon emiliano tirato su a pasta fatta in casa. Lo abbiamo incontrato a Roma, nel quartier generale di Honda Italia: Alex, come noto, è infatti portacolori del team Honda-Zanardo, con cui lo scorso anno ha dominato la categoria E2, laureandosi Campione del Mondo, in sella alla sua CRF 450R. L'occasione, la consegna ad Alex di una Honda CR-V (guarda il video) come riconoscimento per i suoi successi, era informale e propizia per avvicinare il pilota e porgergli qualche domanda non prettamente sportiva.

Alex, parliamo un po' di te, quando hai iniziato ad andare in moto?
A nemmeno 11 anni, grazie alla passione di mio zio: mio padre giocava a calcio, mentre mio zio aveva la moto. Anche io ho iniziato col calcio, anche perché i miei non avevano tante possibilità economiche per farmi correre, poi seguivo mio zio alle gare, che mi regalò la prima moto. Dopo un paio d'anni, siccome mi riusciva piuttosto bene, sono partito con il Minicross e da lì, tra alti e bassi, è iniziata l'escalation che mi ha portato qui.

Qual'è stata la tua prima moto?
La primissima è stata una Lem 50, ma è durata un mese, poi l'ho aperta in due, era una moto piccolina, mentre io ero già grosso (ride Ndr). Poi una TM 80 del 1992 ed era il '96. 

Soprattutto agli inizi il motociclismo non è uno sport economico, ma cosa può dare in più rispetto ad altre discipline?
Tutti gli sport ti danno una lezione di vita, sia di squadra che individuali. Quelli individuali ancora di più perché sei da solo, nel calcio se non sei in “giornata no” hai altri dieci compagni che possono compensare. Essere un motociclista impone disciplina e ti insegna, in un certo senso, anche come stare al mondo, anche perché l mezzo che ti viene affidato ha un valore non da poco. Lo sport in generale di da grosse emozioni ma quando guidi, quando piloti un mezzo a motore le emozioni sono diverse.

Ti piace anche la velocità?
Si, sono molto amico di Melandri, e anche di Dovizioso, col quale correvo assieme da ragazzino nel minicross: la velocità mi piace, mi appassiona, però devo ammettere che non sono mai sceso in pista con una moto da strada. 

La moto che sognavi da ragazzino?
La TM di Alex Puzar, quella blu, con le stelline, lui era l'icona del cross anni '90. Per me era un sogno.

E le auto?
Anche se il mio cuore batte per le moto ho una grande passione per le auto, vuoi anche per cultura famigliare: dalle mie parti in inverno nevica parecchio e con mio cugino ci divertiamo ad andare a “piegare” e parecchie volte sono sceso in pista con macchine da rally.
 
 

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