F1, Rosberg: «Io e Hamilton faremo pace»

Il neo campione del mondo (appena ritiratosi) ospite di prestigio ieri a Bologna alla 51ª edizione dell’autorevole riconoscimento di Autosprint i Caschi d'Oro
F1, Rosberg: «Io e Hamilton faremo pace»© ANSA
Fulvio Solms
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BOLOGNA - Nessun pentimento. Neanche qualcosa che possa vagamente somigliarvi. Nico Rosberg piomba ai Caschi d’Oro di Autosprint trentaquattro anni dopo papà Keke, si prende il prestigioso trofeo e di fronte a tanto affetto non viene sfiorato dal minimo ripensamento. Perché dovrebbe, d’altronde, dopo aver coronato una carriera da (grande) mediano vincendo il Mondiale e poi prendendo una delle decisioni più clamorose e rivoluzionarie di sempre per un pilota? Parla, parla come chi ha voglia di esperimersi in libertà quando è tra amici. Lui è stato la punta dell’iceberg. Sotto le volte della Sala Maggiore, a fianco della Fiera che ospita il Motor Show, si sono riuniti grandi nomi del motorsport mondiale, oltre che l’Italia da corsa al completo. Wolfgang Ullrich capo dello sport Audi, Aldo Costa (team Mercedes F.1), Oracio Pagani, Emerson Fittipaldi, Stefano Domenicali, Alex Zanardi, Giampaolo Dallara, il presidente dell’Aci Sticchi Damiani, Lance Stroll che nel 2017 guiderà la Williams, Antonio Giovinazzi, sono solo alcuni tra i personaggi intervenuti a far festa con Autosprint. «Tanti tifosi italiani mi hanno chiesto di tornare sulle mie decisioni - ha esordito Nico - ma non lo farò. Oggi sono contento di aver messo termine a una carriera in cui ho realizzato tutto ciò che sognavo da bambino». Lui e l’Italia, un amore grande, confermato ieri dalle difficoltà superate per non mancare alla festa: neanche la nebbia lo ha fermato. L’aereo di Rosberg è atterrato a Firenze, poi dritti d’un fiato a Bologna, in auto. E dire che anni fa Nico, guardando la statuetta nelle mani di un altro pilota, disse: «Bella, è come quella che ha mio padre a casa». In quel momento nacque la scommessa: «Se vinco il Mondiale la voglio». Ed eccoci qui. Dunque Nico: da dove ripartire? «Ora con destinazione Caraibi, e senza biglietto di ritorno. Me lo merito no? Come anche mia moglie si merita di avere a casa un marito e un padre».

Se le proponessero qualche gara divertente tipo DTM o GT?
«No, non è il momento. Non so in futuro ma ora mi viene da pensare solo a vacanze, al limite guiderò i kart. Poi, quando mi sarò disintossicato di tutta questa adrenalina pazzesca, ci penserò».

Dal desiderio di adrenalina non si guarisce facilmente: presto il desiderio tornerà.
«Certo che tornerà, ma non la cercherò tornando a correre. Saranno sfide di tipo diverso, professionali, ma so già adesso che tornerò ad averne bisogno, nella mia vita».

Nel suo futuro non ci sarà la gelateria che ha a Ibiza...
«Certamente no, anche se quell’iniziativa è stata divertente».

Ha detto di voler fare il manager: e se la cooptassero i nuovi proprietari americani della F.1?
«Beh non è solo il mio sport, è il mio mondo. Valuterò le possibilità che mi si presenteranno».

Lei viene una profonda amicizia con Hamilton, che negli ultimi anni si è trasformata in feroce rivalità: cosa rimarrà in futuro di tutto questo?
«Io credo che alla fine torneremo amici. Massì, non è impossibile: abbiamo condiviso tanti di quei momenti da ragazzi... Poi certo, quando ti batti nella stessa squadra e con la stessa macchina, e per lo stesso obiettivo, non è possibile andare d’accordo».

Gli chiede Alex Zanardi: cosa hai preso da tuo padre Keke?
«La capacità di non arrendermi mai. Io l’ho vista nei suoi occhi quando ero bambino, ne ho fatto tesoro e mi sono accorto che ne avevo fatto un’abilità nel 2014 e poi nel 2015, quando il Mondiale contro Lewis lo avevo perso così male...».

Torniamo un po’ indietro, agli ultimissimi giri del GP di Abu Dhabi. Cosa le è venuto in mente, avendo in Mondiale in mano ma sapendo che avrebbe potuto scivolarle via?
«Sono stati momenti allucinanti. Avevo fatto un bellissimo adrenalinico sorpasso a Mad Max (Verstappen, ndr), poi il mio caro compagno ha pensato bene di rallentare. Non sono stati momenti piacevoli perché ho realizzato che il più piccolo errore avrebbe fatto sfumare il mio sogno di bambino che era a portata di mano. Io da piccolo volevo vincere un Mondiale, dico, non cinque...».

Il tutto alla fine di un anno lunghissimo e complicato.
«...in cui infatti mi sono fatto aiutare da un allenatore mentale. Lui mi ha dato una bella mano a sentirmi “nel momento”, a rimanere presente anche negli istanti più bui, come appunto quegli ultimi giri. Devo dire che la mia ultima stagione è stata la migliore, la mia ultima gara la più spettacolare e pazzesca».

Poi ad Abu Dhabi festeggiamenti non proprio a base di acqua minerale.
«Ne abbiamo fatte di tutti i colori, io e i miei amici che mi avevano raggiunto lì a sorpresa e di nascosto, perché io li avevo pregati di restare lontano per farmi restare concentrato... Sono riapparsi nel box e abbiamo saltato insieme cantanto “Siamo campioni del mondo”. In italiano ovviamente, perché io l’Italia ce l’ho nel cuore. Devo dire che da quei festeggiamenti non mi sono ancora ripreso bene».

Ora non le manca più nulla.
«No, mi mancavano il Mondiale e... il Casco d’Oro, che avrà un posto d’onore... aspettate, ne devo parlare prima con Vivian. A casa è lei è il boss».
 


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