Toyota TS050, la carica giusta per sfatare il tabù di Le Mans

La Casa giapponese non ha ancora mai vinto a Le Mans e per riuscirci ha realizzato un prototipo tutto nuovo
Toyota TS050, la carica giusta per sfatare il tabù di Le Mans
Alessandro Vai
5 min

ROMA - È dal 1985 che Toyota prova a vincere la 24 Ore di Le Mans, senza mai riuscirci e, visto che ha “fatto 30”, quest’anno ci riprova per la trentunesima volta, con un’auto tutta nuova e apparentemente competitiva. La cautela è d’obbligo, perché quella francese è la gara più difficile, dura e selettiva del campionato WEC – l’unica che dura un giorno intero – oltre a essere colma di storia e di leggenda. Nella classe regina, la LMP1, si sfidano bolidi ibridi prossimi ai 1.000 cavalli, con un confronto tecnico di altissima caratura e quanto mai variegato. Se le “cugine” tedesche, Audi e Porsche, si affidano rispettivamente al diesel e a un 4 cilindri, la giapponese rilancia con un V6. Il numero dei pistoni, tuttavia, è un indicatore molto parziale del livello tecnologico di questi prototipi, dove la ricerca ingegneristica è più alta che in Formula 1.

Il regolamento, infatti, non pone particolari limitazioni in termini di cilindrata e frazionamento, ma fissa in modo rigoroso la quantità di energia che si può utilizzare, così come quella di carburante. Le definizioni sono diverse ma legati a doppio filo, perché questi bolidi portano ai livelli più estremi il concetto di propulsione ibrida. Così, i 1.000 cavalli che la Toyota dichiara per la TS050 Hybrid, arrivano solo per metà dal 2.4 V6 bi-turbo, con il resto che è fornito dai motori/generatori elettrici, anteriori e posteriori.

Numeri che, unitamente al passaggio dal condensatore alla batteria agli ioni di litio, ne hanno permesso l’omologazione nella più alta delle classi di potenza, quella degli 8MJ, proprio come la Porsche, mentre Audi si è “accontenta” dei 6MJ. Che cosa vuol dire? Che il prototipo di Ingolstadt è in grado di usare meno energia elettrica rispetto agli altri due e che ha diritto a consumare più carburante. Se sembra complicato, è perché lo è davvero, ma questa è la misura della sfida tecnica alla 24 Ore di Le Mans.

Un appuntamento che è particolarmente sentito in Giappone (anche dagli appassionati) e ancora di più dalla Toyota, che, pur avendo conquistato il titolo WEC nel 2014, non ha mai vinto nella Sarthe. Inoltre, l’unica Casa giapponese a esserci mai riuscita, è stata la Mazda nel 1991, con l’incredibile 787B a motore Wankel. Ma questa è un’altra storia. Il presente è fatto dalla sfida nippo-tedesca, con prestazioni velocistiche quasi identiche e un’affidabilità – vera incognita di ogni 24 Ore – tutta da verificare, perché basta un inconveniente di poco conto per gettare alle ortiche mesi di fatica. Ne sa qualcosa la Gazoo Racing – la squadra ufficiale Toyota – che nel 2014 vide sfumare la vittoria dopo 14 ore in testa.

E ne sanno qualcosa anche i tecnici che operano in Giappone alla Motor Sport Unit Development Division, così come quelli della Toyota Motorsport GmbH di Colonia, in Germania. Il lavoro sulla TS050 Hybrid è stato ampio e profondo; ha riguardato la parte aerodinamica, quella del raffreddamento e, ovviamente, l’affidabilità. L’obiettivo è quello di dare alle vetture numero 5 e 6 la possibilità di conquistare finalmente la corsa (probabilmente) più importante e famosa del mondo. Sulla prima delle due Toyota si alterneranno gli ex iridati Anthony Davidson e Sébastien Buemi, affiancati dal velocissimo Kazuki Nakajima; sulla seconda si daranno il cambio Alex Wurz e Stéphane Sarrazin, aiutati da Mike Conway.

Otto ore di guida per pilota, dunque, divise in turni da due o tre ore, percorrendo i 13,629 km del circuito francese in poco più di 3 minuti e 20 secondi, toccando velocità anche superiori ai 330 km/h. Tutto questo con auto che raggiungono i 200 km/h da fermo in meno di 5 secondi e che riescono a percorrere quasi cinque chilometri con un litro, un consumo che fino a pochi anni fa era proprio di auto sportive stradali e nemmeno troppo potenti. Come dire, che chi pensa che le corse siano una cosa fine a sé stessa e non portino progresso tecnologico, si sbaglia e anche di grosso.


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