Dindo Capello, «Le Mans avrà un futuro sempre più importante»

A tu per tu con il pilota italiano che ha vinto tre volte la 24 Ore di Le Mans, conquistando in totale nove podi, tutti con l'Audi
Dindo Capello, «Le Mans avrà un futuro sempre più importante»
Pasquale Di Santillo
4 min
LE MANS (FRANCIA) - Tutti lo salutano, tutti lo fermano per una foto o un autografo. Rinaldo, al secolo “Dindo” Capello, 52 anni compiuti proprio ieri, a Le Mans e dintorni, è una sorta di bronzo di Riace. Un idolo, un modello, di più: un’istituzione. Sui 13 chilometri e spiccioli di questa giostra lunga 24 Ore ha costruito la sua storia vincente affiancato a quella dell’Audi, portandosi a casa tre successi (2004, 2006 e 2008) e in tutto nove podi dal 2000 al 2012. E anche che se ha smesso da quattro anni, qui lo trattano come un re, con devozione. Così, alla vigilia dell’84ª edizione della gara di motori più affascinante del mondo - non potendo accedere ancora a Brad Pitt che oggi alle 15 darà il via - è inevitabile rivolgersi a Sua Maestà Dindo per dare un’interpretazione corretta delle qualifiche che giovedì notte hanno delineato una prima fila tutta dominata dai cugini di Porsche, sulla 919 Hybrid, davanti alle due Toyota TS050 e alle AudiR18, relegate in terza fila.
 
«Anche se vesto ancora la casacca Audi - spiega - e sono il presidente di un concessionaria dei quattro anelli ad Alessandria, non mi mi sentirei di parte se consigliassi di dare un peso relativo a quei tempi - spiega Capello - nessuno poteva pensare che si sarebbe potuto girare sull’asciutto solo per mezz’ora nella prima sessione. Secondo me le macchine, a differenza dell’anno scorso, sono molto più vicine di quello che si dice, a livello di performance e competitività. E non escludo che qualcuno abbia giocato a nascondere tutte le proprie potenzialità. Del resto, la pole in una 24 Ore è importante ma conta meno che in altre gare. Alla fine qui trionfa l’affidabilità. Inoltre, ho una mia convinzione personale. Il lavoro sull’aerodinamica fatto da Audi è stato incredibile, come la scelta sul sistema ibrido con più potenza elettrica».
 
Ma per Dindo Capello cosa rappresenta Le Mans, la 24 Ore?
 
«Un film, gli highlights di tutto quello che di bello ho fatto nella mia carriera di pilota. E l’ho fatto in una corsa che è leggenda come poche altre al mondo, la 500 Miglia di Indianapolis, il Rally o la F.1 a Montecarlo. Ma Le Mans è speciale, è riuscita a conservare inalterato il suo fascino. Anzi, in questi ultimi anni lo ha esaltato ancora di più, grazie anche alla scelta di lasciare quasi identico al passato il lay out della pista, rimasta pericolosa quasi quanto agli inizi».
 
Le è capitato mai di avere paura mentre guidava alla Sarthe?
 
«Certo, solo che lo capisci dopo. Quando corri hai l’adrenalina, un mostro dentro che ti permette di dare il massimo ad ogni metro, senza pensare. Poi, quando ti fermi, ti rendi conto. A me è successo nel 2007 quando sempre con Audi, abbiamo perso una Le Mans già vinta, a poche ore dal traguardo. Ero sul rettilineo di Indianapolis a quasi 250 km/h quando ho perso una gomma, chissà forse per un errore umano, un dado difettoso. Fosse sucesso 50 metri prima non sarei qui a raccontarla. Ma in corsa ero solo disperato per aver perso la gara...».
 
Passiamo ai bei ricordi, è meglio: a quale delle tre vittorie è rimasto più affezionato?
 
«Non riesco a scegliere tra tre gioie così grandi, come le tre pole (2001, 2002, 2006). Ma se proprio devo, mi è molto cara l’ultima quella del 2008. La corsa perfetta, un avittoria degli uomini sulle macchine. Eravamo sfavoriti contro Peugeot ma riuscimmo come squadra, piloti, tecnici e meccanici a dare più del massimo e con una strategia perfetta a ribaltare il pronostico. E sono contento anche di come ho smesso, senza rimpianti e al momento giusto, l’avevo programmato con Audi».
 
Che futuro avra la 24 Ore di Le Mans?
 
«A giudicare dall’interesse dagli sponsor e dai costruttori che scendono in gara, sempre più importante. Lunga vita a Le Mans».

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