<span style="line-height: 18.9091px;">Dakar Rally, una storia di gloria e tragedie</span>

Dagli anni eroici della Parigi-Dakar al trasferimento in Sud America: da 35 anni è il Rally di durata per eccellenza. E il 2 gennaio parte l’edizione 2016.
Francesco Colla
4 min

Ci sono stati anni in cui la Dakar era un fenomeno di costume anche in Italia. Erano i tempi eroici in cui Edi Orioli vinceva con la Cagiva e il finlandese Vatanen dominava con la Peugeot. Da Parigi a Dakar, dalla Francia al Senegal attraversando il Sahara. Un’impresa da folli ideata da Thierry Sabine, pilota francese che nello “scatolone di sabbia” sahariano ci si era perso in sella alla sua moto: era il ’77 e si stava correndo il rally Abidjan Nizza. Salvato dalle dune, Sabine decise di mettere in piedi una “sfida per quelli che partecipano e un sogno per quelli che seguono”. Il 26 dicembre 1978 la sua ambizione divenne realtà, quando 182 veicoli partirono da Place du Trocadéro, vicino alla torre Eiffel, per sfidare 10 mila chilometri di ignoto con destinazione Dakar. I primi a scolpire i propri nomi nella leggenda furono proprio due francesi: Cyril Neveu, in sella a una Yamaha 500 XT e Alian Génestier al volante di una Range Rover. I camion avrebbero iniziato a partecipare l’anno successivo, mentre i quad sono cosa ben più recente. 

Elencare i fatti salienti di una competizione come la Dakar richiederebbe un voluminoso romanzo d’avventure, ma alla vigilia (2 gennaio) dell’edizione 2016, vale la pena ricordare alcuni episodi storici. Come quando nell’81 partecipò anche Thierry de Montcorgé, aristocratico francese che si presentò a bordo di una Rolls Royce opportunamente modificata. Stesso anno della prima partecipazione di Jacky Ickx, leggenda belga della Formula 1 e delle gare di endurance che avrebbe poi vinto nell’83 con Mercedes. Figure eroiche in un’avventura al limite del romantico, tra campi i tendati nel Tenere e guadi impossibili.

Ma l’avventura ha tante volte preteso il suo tributo di sangue e nell’86 è stato proprio il padre della Dakar, Sabine, a morire, precipitando con un elicottero assieme ad altre quattro persone. Stesso anno in cui perse la vita Giampaolo Marinoni in seguito a un fatale incidente mentre pilotava la sua Cagiva. Dal ’79 ad oggi sono purtroppo 28 i piloti che hanno perso la vita (tra cui, nel 2005, il due volte vincitore Fabrizio Meoni) nel raid più famoso del modo e oltre 40 i decessi registrati tra giornalisti, fotografi, spettatori etc. 

Tragedie, ma anche trionfi che nei decenni hanno esaltato il pubblico di tutto il mondo: nell’88 furono ben 600 i veicoli al via, a dimostrazione della fama raggiunta dal rally. Fu l’anno in cui il finlandese Kankkunen regalò a Peugeot la terza di quattro vittorie consecutive, soffiando il successo al connazionale Vatanen, che si trovò improvvisamente appiedato: la sua 405 Turbo venne rubata mentre si trovava a Bamako, nel Mali. Fece in tempo a ritrovarla e ripartire, ma ormai la vittoria era sfumata: si sarebbe rifatto l’anno dopo, quello successivo e quello dopo ancora.

Storie di ordinaria follia di una gara capace di creare miti del motorsport: come nel caso di un giovane motocilista francese con la testa fasciata da una bandana blu. Si chiamava Stephane Peterhansel e quell’anno avrebbe conquistato la prima di 11 edizioni della Dakar, di cui 5 in auto. Nel ’95 si diede l’addio a Parigi, con lo star fissato a Grenada, in Spagna, mentre nel 2000, per celebrare il nuovo millennio si decise di fare una “deviazione” sotto le piramidi de Il Cairo. L’anno dopo sarebbe stata incoronata, unica al momento nella storia, Jutta Kleinschmidt, rocciosa tedesca di Colonia, prima donna a vincere la Dakar su Mitsubishi Pajero, dando il via alla dominazione del marchio giapponese, che avrebbe vinto ininterrottamente fino al 2007.   

Poi l’addio all’Africa. A pochi giorni dall’inizio dell’edizione 2008 un cittadino francese venne ucciso da alcuni soldati mauritani, costringendo l’organizzazione ad annullare la gara e a traslocare, l’anno successivo, nel meno tumultuoso Sud America. Ma il nome, troppo famoso, sarebbe rimasto legato al Senegal e alla sua capitale e non pochi, ancora oggi chiamano il rally Parigi-Dakar nonostante parte da Buenos Aires e arrivi a Rosario, dov’è nato Che Guevara.  


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