Rally, Max Rendina, la normalità del campione

QUattro chiacchiere con il campione del mondo Produzione 2014 e creatore del Rally di Roma Capitale.
Rally, Max Rendina, la normalità del campione
Francesco Colla
3 min

Se il vostro archetipo di pilota è il tartarugato Lewis Hamilton che danza con Rihanna al carnevale delle Barbados tra un GP e l’altro, qui siamo molto lontani. Ma Hamilton è l’eccezione, il resto è la norma. E Max Rendina è un normale anormale. Perché dietro quel robusto e taciturno signore che siede di fronte a noi c’è un campione del mondo. L’unico italiano, tra l’altro, capace di riportare in Italia un titolo mondiale Rally, nella categoria Produzione. Ma oltre alle corse ci sono l’attività imprenditoriale, i figli (quattro) e la figlia, ossia la gara che Max ha voluto regalare alla sua città, il Rally di Roma Capitale, giunto alla terza edizione e per la prima volta tappa del Campionato Italiano Rally.


Diventerà tappa mondiale? Max pigia subito il freno con lo sguardo di chi ha di fronte uno sprovveduto. “L’obiettivo è farlo diventare una tappa del Campionato Europeo”. Bello, certo ma Roma meriterebbe un mondiale, con la Formula 1 e la Formula E che sono saltate e la Superbike traslocata da anni. “Per organizzare un evento del genere a Roma servono dai sette ai nove mesi, in un’altra città ne basterebbe uno”. Ragion per cui la sua creatura rischia di mettere a repentaglio la riconferma a campione. Il Rally di Roma si corre dal 18 al 20 settembre, quattro giorni dopo la fine del round mondiale in Australia. Bruno De Pianto, team director di Motorsport Italia scuote la testa rassegnato: vorrebbe caricarlo su un aereo subito dopo la gara per farlo arrivare giusto in tempo a Roma. Una vita a dir poco stressante. Ma in un mondo di atleti ipervitaminici, Max sembra essere uno vecchia scuola: “Non sono uno che beve tanto e non fumo, ma non mi piace allenarmi. Certo vado a correre ma per me conta la forza di volontà più che l’allenamento”. Tocca fidarsi, lo dice uno che riesce a stare in un abitacolo con 75 gradi, anche se come faccia è un mistero.


Alle spalle, non c’è nessuna tradizione di famiglia, nessun padre pilota, solo una passione per i motori nata in tenera età e sfociata in una carriera da manager: “Ho gestito tutti i migliori piloti in Italia, Andreucci compreso, e da loro ho imparato tanto”. Da lì la voglia di scendere in pista e il resto è storia recente. Del futuro Max non parla volentieri: gli piacerebbe cambiare macchina (altro scuotimento di testa di De Pianto, omen nomen, come si suol dire) e ovviamente vincere altri titoli, ma di più non gli si scuce. Ma tra i quattro giovani Rendina c’è qualche futuro campione? La risposta è squisitamente capitolina: “Il terzo è abbastanza appassionato, ma spero faccia il calciatore, me costerebbe de meno!”. E parte una risata romana che più romana non può. 

 


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