Sticchi Damiani: «Monza intesa vicina e Alfa in F1 con Ferrari»

Intervista esclusiva al presidente dell'Automobil Club Italiano: « 2 milioni e si chiude con Ecclestone: un main sponsor e vinciamo tutti. Vedo il Biscione come junior team di Maranello con i piloti che cresce l'Aci»
Pasquale Di Santillo e Fulvio Solms
20 min

Al Corriere dello Sport-Stadio ci ha raggiunti per un forum Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Aci, assieme al segretario dell’Aci Csai Marco Ferrari e a Marco Perugini dell’ufficio stampa Aci. Questo il testo dell’intervista al presidente.

Monza, qual è il nodo della trattativa e in quanto se ne verrà fuori?
«Il nodo è di natura economica. Aci attraverso la Legge di Stabilità 2015 è stata messa in condizione dal Parlamento di utilizzare le proprie risorse, anche quelle provenienti dal PRA (Pubblico Registro Automobilistico, ndr). Può farlo anche perché chiude i propri bilanci in attivo. Il tutto deve essere compatibile con le altre attività. Non siamo lontani dalla richiesta di Ecclestone e non abbiamo alcuna intenzione di fare un braccio di ferro per il gusto di imporre condizioni: ci divide qualcosa come il 10% della cifra in discussione. Ci siamo dati comunque un tetto, non possiamo creare problemi al bilancio all’ente».

Sintetizziamo: lui chiede 22 milioni di dollari, voi potete arrivare a 20. Monza rischia di perdere la gara per questo 10%?
«Non credo ma sarei sciocco se pensassi di costringere Ecclestone alle nostre condizioni. La soluzione è nell’individuazione di un main sponsor, che sto cercando affinché alla fine si possa tutti vincere».

Nella trattativa per il salvataggio del G.P. di Monza è entrato Briatore. Le risulta?
«Sì, c’era anche lui all’incontro di due settimane fa a Milano tra Ecclestone e il presidente della Regione Lombardia, Maroni. Con lui non ho mai parlato, non so a che titolo fosse lì e se aspira a un ruolo in questa vicenda. La mia opinione è che a questi incontri debbano partecipare le istituzioni, gli enti pubblici come Aci e Regione Lombardia che devono seguire le logiche degli enti pubblici. Se entrano in gioco i privati, legittimamente, cambiano metodi e procedure».

Sias contro Aci, Lombardia contro Coni, auto contro moto, Monza contro Imola: come si è arrivati a questa situazione?
«A settembre si sono chiariti i ruoli, è stata data la delega pesantissima al sottoscritto. A dicembre è arrivata l’autorizzazione del Parlamento e a gennaio abbiamo iniziato la vera trattativa, che quindi dura da appena tre mesi e mezzo. Perché il dualismo con la Superbike? Ecclestone è sempre stato contrario alle attività extrautomobilistiche che Sias ha portato avanti. E devo dire che è un discorso condivisibile. “Se voi spendete denaro per qualcosa che non è F.1, che non riguardano il Gran Premio - è il suo ragionamento -, se impegnate risorse per le moto, io prendo atto ma perché vi devo fare degli sconti?”. Inoltre ritiene che la gestione di Sias non fosse efficiente, e replicava il suo ragionamento: “Non vedo perché debba pagare le conseguenze di ciò che non fate o fate male”. E’ difficile non condividere questo discorso. Gli ho detto che ho un limite massimo alle risorse. Per la prima volta in Italia si firmerà un contratto che comporterà sicuramente delle perdite: potremo discutere del range di queste perdite, un minimo, un massimo. Ma le perdite ci saranno. Comunque l’indotto, parliamo di svariate decine milioni di euro, va a favore del territorio, dei comuni. E poi diciamo la verità: oggi quale gran premio gode di una vicinanza di una città come Milano, bella con negozi importanti, ristoranti alla moda? Al di là delle cose nuove, Abu Dhabi, per carità, Singapore. Ma alla fine c’è solo Barcellona, che comunque è fuori città».

In questi tre mesi la parola Imola è mai stata fatta? Avrebbe le carte in regola per fungere da piano B?
«Sì, se n’è parlato, Imola ha una bellissima storia, vent’anni di grande F.1 e ha giustamente il desiderio di tornarci. Condivido lo sforzo del sindaco e di tutti quelli che ci stanno lavorando. La mia idea è che Imola debba aspirare a diventare Gran Premio d’Europa, a rotazione con un’altra sede. Quest’anno si corre a Baku, che sta soffrendo per il rublo debole e allora potrebbe ruotare con l’Azerbaigian, magari anche con Valencia. Due Gran Premi in Italia non sono una cosa impossibile. La logica vuole che prima si chiuda il discorso di Monza, senza creare concorrenze assurde con Imola, e poi si affronti la seconda battaglia, forti dell’esperienza della prima».

Ecclestone non è interessato alla storia dei circuiti: lo ha invitato alla targa Florio? E che effetto le fa sentirlo dire “qui si chiude alle mie condizioni”?
«Non l’ho invitato, so che è troppo impegnato. Per il resto è giusto, lo capisco. Io cerco di fare tutto il possibile per venire incontro alle sue richieste nella speranza di non finire a litigare per gli spiccioli. Io ho la responsabilità di un ente pubblico con finalità associative, ho bilanci positivi, importanti, grazie a tagli pesantissimi. Abbiamo risparmiato 70 milioni ma siamo legati a un tetto, non possiamo perdere più di tanto. La sua logica è mantenere una situazione che serve a mantenere intatti alcuni equilibri in Europa su circuiti e Gran Premi. Sappiamo tutti che la F.1 costa, ma anche che le richieste dei costruttori sono per avere una F.1 meno cara, visti anche i costi altissimi per la rivoluzione relativa alle power unit. Insomma, ha un ruolo delicato perchè ha dimostrato che lui riesce a mantenere tutti questi equilibri e con lui la F.1 è cresciuta e si è stabilizzata su un business importante. Con questo lui giustifica tutti i suoi comportamenti, ma anche io nel mio piccolo ho le mie ragioni…».

Magari ha fatto tutto questo per rimanere in eterno il fulcro della F.1.
«L’eternità non è di questa terra. Lui regge sicuramente, ma bisogna vedere se il sistema regge. Le sue logiche sono condivisibili: accontentare le Case, mantenere la F.1 ad alto livello la qualità della F.1 ma non si può dimenticare che il pubblico, l’audience e l’interesse degli sponsor calano. La F.1 perde valore per motivi anche indipendenti dalla sua volontà - la moto tira di più con Valentino - ma lui chiede sempre di più e così il sistema non regge. Il problema di Monza ce l’hanno tutti quanti, tranne l’Austria grazie a un uomo ricchissimo (Dietrich Mateschitz, patron dell’impero Red Bull, ndr) che ha grandi interessi in F.1 e ha investito molti soldi nell’autodromo, Ma è un caso a parte, non può essere un riferimento. La F.1 è un giocattolo costoso e molti Paesi europei non se la possono più permettere. Noi ci confrontiamo con Germania, Inghilterra, Spagna, Belgio. La Francia non ha un gran premio da cinque anni perché Sarkozy disse che non era indispensabile ed eravamo allo stesso livello di anzianità. La Germania non lo ha avuto lo scorso anno, per il 2017 non c’è contratto firmato con il Nürburgring. La Spagna ha rinnovato, ma ci sono problemi con il GP di Catalogna. Oggi non è pensabile che un GP di F.1 si possa gestire con gli introiti degli ingressi - di questo stiamo parlando - se tutto il resto lo prende la FOM. Se non c’è un sostegno di regioni, Stato e governo non si può andare avanti. Oggi un gran premio è un costo, ma l’Aci ha questa possibilità di investire su Monza, un gran premio che nessuno vuol perdere».

Da cinque anni l’Italia non ha un pilota in F.1. Cosa state facendo per colmare questa lacuna?
«L’Aci Team Italia ne supporta quattro giovanissimi, nati tra il ’94 e il ’96, e bravissimi: Marciello, Ghiotto e Giovinazzi nella GP2, Fuoco nella GP3. Confidiamo, sulla base dei risultati, che di questi qualcuno divenga rapidamente titolare in Formula 1».

Quanto pesa la Ferrari che non riesce più a vincere il Mondiale da anni?
«E’ giusto pretendere una Ferrari vincente, per i proprietari, i tifosi, gli italiani e non solo. Perché la Ferrari vittoriosa non la vogliono solo gli italiani. Ha scontato questa fase di passaggio, un cambiamento epocale, uno scatto enorme rispetto al passato. Forse è stato sottostimato il problema, forse non si riteneva che Mercedes fosse così avanti e avesse investito così tanto. In effetti anche tutti gli altri sono rimasti indietro, Renault, McLaren: solo i tedeschi hanno avuto questa capacità di dare il massimo. Inseguire non è mai facile, superare un gap così grande in uno o due anni è difficilissimo, anche perché si ha a che fare con un avversario che ha grandi capacità di spesa, che migliora insieme con te e ha piloti e team eccezionali. La Ferrari deve fare i miracoli per recuperare, ci vuole tanto tempo soprattutto se si considera che è tutto più difficile in regime di continuità di regolamento. Eppure quest’anno, in proporzione, Ferrari è essere cresciuta più della Mercedes. Ma in questo Mondiale non è ancora riuscita a dimostrare tutto il suo potenziale per tanti piccoli e banali episodi che hanno limitato il rendimento di Vettel, soprattutto, e di Raikkonen. Quando Vettel viene tamponato due volte nelle prime curve di due gare… Ma le Mercedes non sono imbattibili: quando partono davanti a tutti, e riescono a prendere il ritmo e a viaggiare in aria pulita, non le fermi più. Ma se gli si riesci a sporcare l’aria come dimostra il rendimento di Hamilton domenica scorsa a Sochi, qualche difficoltà ce l’hanno anche loro…».

I poteri forti della F.1: Todt nel dopo Mosley ha avviato un processo democratico, mentre Ecclestone esalta i dittatori. E’ un gioco delle parti o una visione antitetica di gestione della F.1?
«Hanno due ruoli fondamentalmente diversi. Todt ha fatto un lavoro straordinario in questi cinque anni e mezzo, un lavoro di modernizzazione e riorganizzazione. Basta vedere i bilanci della Fia degli ultimi anni: da 40 milioni all’anno è passata ad incassarne 100 grazie a una visione manageriale. Ma poi è stato attento ad aspetti di democrazia, ha creato condivisione e anche per le elezioni tutti pesano allo stesso modo, noi come San Marino valiamo un voto. Jean gira il mondo continuamente e si interessa di tutte le esigenze del movimento. Bernie è invece l’uomo commerciale, vive il business giorno per giorno, cercando di mantenere quell’equilibrio di cui parlavamo tra esigenze dei team e maggiori introiti per non far perdere di valore il prodotto. Mantiene sempre un altissimo profilo, alla fine sono condannati ad andare d’accordo. Sto seguendo con entusiasmo il lavoro di Jean. La Fia è in ottime mani, ben organizzata e strutturata. Fa cose straordinarie nello sport, vedi la Formula E e non solo».

A proposito: perché Roma nella prima edizione del Mondiale delle auto elettriche era in calendario e poi è stata depennata?
«Il sindaco Alemanno aveva siglato un accordo con Todt, venuto a Roma il 5 dicembre 2012. Fu fatta addirittura una prova alle Terme di Caracalla: doveva essere la gara d’esordio, che invece fu spostata a Pechino. Il nuovo sindaco Marino cambiò idea. Era un momento, quello, in cui il costo organizzativo era zero, gratis. Adesso invece come minimo costa cinque milioni di euro. Sarebbe bello che Roma rientrasse. In Italia abbiamo storie fantastiche - ogni giorno me ne convinco di più - sono un po’ impolverate ma basta soffiarci, passarci un panno e tornano a brillare. L’esempio? La Targa Florio: non potete capire cosa stia succedendo per l’edizione del centenario. E quanto questo nome sia importante nel mondo. Pensate, a correre viene il presidente della Coca Cola con una Giulietta Spider del 1960, parte da New York… E ci sono tanti altri esempi. Significa che appena si è capito che c’era la volontà di fare seriamente una rievocazione della Targa Florio, c’è stato un riavvicinamento incredibile. Questa corsa è stata preda in un passato recente di tante vicissitudini, che hanno creato un disvalore. Ce n’erano troppe in giro, quasi una al giorno e la gente aveva perso la percezione di quale fosse la Targa. Ora (si corre in questo fine settimana, ndr) abbiamo fatte quattro gare, riuscendo a riunire tutto insieme: il rally moderno che ha portato avanti la numerazione di un evento più vecchio di un anno rispetto a Le Mans, il rally storico che ne è la conseguenza, la Targa Classica. E poi macchine che hanno corso davvero la Targa Florio del passato, con alcuni piloti dell’epoca. E’ una rievocazione che ricolloca la Targa nel posto e nel valore che le compete. La Targa è una e va preservata da altri eventi e imitazioni e dalle persone che se ne vogliono appropriare. E non si deve perdere il concetto che la Targa è una gara di proprietà dell’ACI di Palermo, che negli anni scorsi ha avuto parecchi problemi. Noi continueremo ad affiancarla, ad aiutarla finché non sarà in grado di andare avanti con le proprie gambe e magari fare anche utili, come la Mille Miglia o la Coppa d’Oro delle Dolomiti».

Tornando alla F.1: crede davvero al ritorno dell’Alfa Romeo in F.1 come ripete di continuo l’a.d. del Gruppo FCA, Sergio Marchionne?
«Ferrari e Alfa Romeo insieme in F.1 è possibile, ma prima la Ferrari deve tornare a vincere il Mondiale, almeno nei costruttori per poi potersi concentrare su obiettivi importanti come questi. Se FCA decidesse di schierare anche l’Alfa Romeo, credo lo farà in uno junior team, non credo a una concorrenza diretta tra Ferrari e Alfa Romeo. L’Alfa è un marchio molto amato in America e l’America è un mercato importante per il nostro costruttore nazionale. La Giulia la vedremo sulle nostre strade nel giro di un mese. Ecco, se tutto questo aiutasse l’exploit di questo modello… l’ho visto alla presentazione di Arese un anno fa. Già il nome Giulia ha un nome magico e non è stato scelto a caso. Incarna tutto lo spirito, il dna di Alfa Romeo che ha una storia sportiva di cent’anni. Non mi illudo di interpretare le logiche commerciali di un grande gruppo, ma per me Marchionne fa benissimo a puntare su questo straordinario passato. Sono convinto che se questo passo si farà, sarà un passo vincente. E lui ne ricaverà grandi soddisfazioni».

Magari sulle Alfa Romeo potrebbero crescere i piloti dell’Aci Team Italia.
«Sarebbe un’idea straordinaria e per quello che ci compete faremo tutto il possibile perché si avveri. E ricordo solo una cosa: nel nostro piccolo abbiamo ottenuto un grande risultato anche dal punto di vista commerciale con la F.4. Siamo stati la prima federazione sportiva ad accogliere questo progetto della FIA, i primi a mettere insieme, a incoraggiare l’unione tra un telaio Tatuus e un motore Abarth. Che tutto questo sia stato scelto dalla Federazione tedesca, cui i motori certo non mancano, e che Abarth oggi corra in Germania, quasi mi commuove: è la premessa per fare altre grandi cose».

Ci sono le premesse per rivedere un marchio italiano nel Mondiale Rally, dopo l’epopea Lancia divenuta ormai un ricorso?
«Assolutamente sì. Stiamo toccando il mio punto delicato, io vengo da lì, dal rally. A Ginevra rivedere la riedizione della 124 Abarth mi ha commosso. Ci ho corso, è davvero bella, è stata un tuffo nel passato. C’era Miki Biasion e gli ho detto “Miki, speriamo”. E’ un’ipotesi, ma conosco anche le perplessità che vengono avanzate: che il Mondiale Rally non ha grande visibilità, che è poco attraente per gli sponsor e soprattuto che i numeri tv non sono proporzionati all’investimento necessario. In realtà ho trovato molto furbo aver fatto un prodotto che avesse il sapore di una macchina del passato che ispirò tanta passione negli anni 70, è una bella operazione. Quelle di oggi non ci riescono, non sono attraenti, sono tutte uguali anche se efficientissime, danno spettacolo ma non creano passione. Averne riprodotta una dal sapore antico è stato molto intelligente. Quando si dice che i ragazzi non si appassionano, non amano più le macchine un po’ di ragione c’è e i motivi sono tanti. Ai miei tempi vedevo passare l’Aurelia Spider e mi emozionavo. Ci si appassionava a certi modelli, macchine indiscutibilmente belle come Giulietta Sprint di Bertone, Fiat 1600 spider di Pininfarina, tutte macchine capaci di sopravvivere al tempo. Restano belle anche oggi. Davvero delle opere d’arte. Ora abbiamo perso quella personalità, le macchine hanno esigenze diverse, necessità tecnologiche, ma sfido a riconoscerle. Tornare a prodotti con forme del passato è una scelta vincente anche se fare due macchine è un conto, e farne in serie è diverso. Bisogna capire se FCA intenda davvero investire importanti risorse per riprendersi quello che per anni è stato lo stradominio di Fiat e Lancia. E mi sanguina il cuore a vedere un marchio come la Lancia ridotto alla Ypsilon, anche se capisco che FCA si stia impegnando a rilanciare l’Alfa Romeo dalla Giulia al SUV che verrà, con tutto quello che significa a livello di investimenti». 

Qual è il segreto del Rally d’Italia in Sardegna e del Rally Italian Talent?
«Rally Italian Talent è stata una grande idea di Renzo Magnani. Sostenuto da altri sponsor, Aldo Cerruti in particolare, che hanno avuto l’intuito di capirne il potenziale. E cresce ogni anno di più, diventa sempre più popolare. Parliamo di 5000 ragazzi italiani che pur senza un pilota italiano di vertice nel Mondiale, hanno avuto l’opportunità di imparare da personaggi importanti. Il segreto del Rally d’Italia è figlio delle nostre battaglie perché la Fia si convincesse che il nostro Rally aveva un grande valore anche se in un’isola, per loro idea assolutamente sbagliata, come la Corsica. E per me è stata una soddisfazione enorme. E’ vero, costa tutto di più, c’è meno pubblico rispetto alla terraferma. Ma è lo spettacolo nel più bello scenario del mondo, con prove tecniche validissime: un prodotto al quale manca solo la tv. Dobbiamo riuscire a valorizzarlo e ci stiamo arrivando. Adesso, non so se riusciremo a mantenere Monza e Sardegna, perché tutto non si può fare. Questo è un altro grosso problema, perché la sento come una mia creatura. Come ai tempi del Rally del Salento, dove tutti erano sicuri non si potesse organizzare un rally senza montagne. Ma ho vinto la prima sfida in Salento, la seconda in Rally di Sardegna, ora devo vincere la terza a Monza. Farle entrambe sarà la quarta…»

L’accordo Fca-Google può aiutare i progetti di sicurezza stradale dell’ACI?
«Una macchina, un mezzo in grado di circolare da solo è l’obiettivo di lungo termine ma noi preferiamo pensare a passaggi intermedi, a vetture in grado di correggere gli errori del neopatentato, dell’anziano, questo è l’obiettivo che ci poniamo. L’idea di dire a un novantenne, “guarda che c’è un autista invisibile che ti lascia la libertà di muoverti senza correre rischi per te e per gli altri” sarebbe una conquista pazzesca, come il genitore del diciottenne che potrà stare più tranquillo quando lascia la macchina al figlio».

Parliamo di Roma 2024: come andrà affrontato il tema della mobilità nella Capitale?
«Ho seguito con grande attenzione la presentazione del progetto che è fatto veramente molto bene. Condivido la filosofia dell’utilizzo delle strutture esistenti e la loro dislocazione. Parliamo di agosto, quando Roma è la città più vivibile d’Italia: la presenza dei Giochi non creerà problemi, anche considerato che la maggior parte delle attività sarebbe svolta a Tor Vergata».

L’Olimpiade verrà assegnata il 13 settembre 2017, pochi giorni dopo il GP d’Italia a Monza… ce lo promette?
«Certo che ve lo prometto. L’ho già promesso a me stesso».

 


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