Faltoni: «Ford la preferita dalle famiglie italiane»

La nuova Fiesta, la gamma sport utility e i piani per il futuro: intervista al presidente Ford Italia
Faltoni: «Ford la preferita dalle famiglie italiane»
Pasquale Di Santillo
13 min
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ROMA - La filosofia è un complesso di idee che ispira scelte e linee di condotta di gruppi di persone. Che però alla fine del mese devono fare i conti, letteralmente, con i numeri. Nel caso dei costruttori di auto, quelli delle macchine vendute. E allora bisogna lavorare di cervello per trovare il compromesso tra filosofia ed esigenze pratiche. In fondo, è un po’ quello che succede in Ford, come in numerose altre Case. Se il principio di partenza è sempre stato One Ford e la “Fiesta Company”, oggi in tempi di invasione SUV e proiezione elettrica & autonoma è meglio spostare il timone, diventare globali, “mobility company”.
 
Fabrizio Faltoni, romano, 47 anni, da aprile è il nuovo presidente e a.d. di Ford Italia e dopo anni passati a crescere nelle filiale italiana dell’Ovale Blu nell’ultima sua esperienza ha avuto modo di conoscere a fondo il mercato europeo. Per cui analizza quello italiano e la posizione conquistata da Ford da una prospettiva più completa. 
 
Faltoni, dopo otto mesi da presidente di Ford Italia che idea si è fatto del 2017 che sta per finire?
«È stato un anno che possiamo dividere in due fasi. Fino a giugno e luglio abbiamo venduto quella che è la nostra gamma tradizionale, quella SUV. Da luglio in poi abbiamo lanciato la regina incontrastata del segmento B, la nuova Fiesta. In definitiva, un anno di successi, come il 2015 e il 2016. Ford continua ad essere il marchio preferito dalle famiglie italiane. Se pensiamo al mercato delle automobili e a quello dei veicoli commerciali uniti, siamo i leader dei marchi stranieri, dietro solo a Fiat. Sempre primi tra le vetture nel canale privati con una fortissima crescita anche nel mercato aziende (dietro ancora solo a Fiat). Un anno che si conclude con un enorme successo nei commerciali, visto che il Ford Transit Custom è il veicolo più comprato in Italia! Nel mercato dei van facciamo il 30% del mercato».
Un anno importante che si è chiuso con il lancio della vettura-icona di Ford, la Fiesta. 
«L’abbiamo lanciata subito dopo l’estate soltanto con le prime due versioni della nuova, quella di ingresso Plus e la Titanium. Entro la prima parte dell’anno concluderemo il lancio con la ST Line, per i clienti più giovani e con la versione Vignale. Infine, l’attesissima Active. Al momento non siamo ancora a pieno regime proprio perchè sul mercato c’è solo il 50% del portafoglio Fiesta. Comunque siamo contenti, anche perchè abbiamo avuto una disponibilità di prodotto al lancio non in linea con quelle che erano le vendite del modello precedente. Con la gamma completa contiamo di tornare a fare le circa 3.700 vetture come negli ultimi 24 mesi».

 
E dopo Fiesta, Ford metterà tanta altra carne al fuoco...
«Il 2018 sarà un bellissimo anno, mi reputo fortunato a guidare l’azienda in questo periodo con lanci importanti già da gennaio. Rinnoviamo completamente l’EcoSport: motorizzazioni, qualità interni, di guida, design esterno e cambio automatico anche sul pluripremiato motore Ecoboost 1.0 tre cilindri, disponibile anche 4x4. Poi toccherà al nuovo Transit, mentre nel secondo trimestre lanceremo la piattaforma C con la Focus, anche lei completamente nuova. Nel 2018 prevediamo un mercato leggermente più grande del 3%, rispetto al 2017, e puntiamo a fare più o meno gli stessi volumi, lavorando meglio sul brand. Mi spiego: vorremmo provare a vendere una vettura su tre SUV e avendo la fortuna di avere Ecosport, Kuga ed Edge cercheremo di sfruttare molto di più tutta la gamma».
 
Facendo un passo indietro, che voto darebbe al 2017 di Ford?
«All’azienda, al marchio e alla rete dei concessionari un 9.5 per quello che riguarda i risultati di di vendita e soddisfazione dei clienti sui veicoli commerciali, una solida e stabile leadership crea valore per il marchio in questo settore e per i clienti. Per quanto riguarda le vetture farei delle distinzioni: darei un 9 sul mercato privati, un 8,5 sul mercato aziende e un 7 sui chilometri zero, perché storicamente non è un canale dove ci piace competere. Preferiamo far scegliere l’automobile al cliente quando entra nei nostri nostri concessionari e non imporgli una macchina, obbligarlo a comprare una vettura di km zero. Ci investiamo poco perché ci interessa poco, ci vogliamo essere il minimo indispensabile anche se è diventata una parte importante del mercato stesso...».
 
Una scelta in controtendenza rispetto al mercato italia: cosa ne pensa?
«I dati del mercato auto italiano si fermerà nel 2017 intorno ai 2 milioni, ai quali vanno aggiunti 200mila veicoli commerciali. Insomma, siamo i crescita. E anche nel 2018 faremon un altro passo avanti come in Italia accade ormai da quasi da due anni. È ovvio che ci sono crescite spontanee e altre molto meno, guidate ancora dalla sovracapacità produttiva - nonostante la domanda - da parte di alcuni marchi. I dati dicono che ci sono stati dei picchi di oltre il 20% del mercato del mese, fatto di macchine vendute ai concessionari e immatricolate da loro senza essere vendute al cliente. Sono tante...».
Cosa pensa della politica dell’Unrae su questa materia?
«L’Unrae dà piena visibilità dei dati con analisi e commenti estremamente oggettivi. Stiamo cercando una regia per avere maggiore coordinamento con le istituzioni. Tutte le Case in questi anni hanno investito tanto per il controllo e la riduzione delle emissioni di CO2 e di Nox e vorremmo concertare con le istituzioni il percorso futuro del sistema Italia perchè sia pronto tra 5-10 anni con le infrastrutture necessarie ad ospitare la mobilità del futuro. Senza dimenticare la regolamentazione dei blocchi del traffico a seconda delle città»
 
Tipo quella dell’Euro6 a Roma?
«Al sindaco Appendino a Torino siamo riusciti a far capire che l’euro6 diesel è molto meno inquinante, in termini di CO2 e NoX rispetto ad un euro5 o euro6 a benzina anche di cilindrata maggiore. Ora affronteremo lo stesso discorso a Roma. Perché bloccare l’Euro6 diesel significa bloccare il 4% degli automobilisti del parco circolante che invece hanno investito su una macchina nuova. Accanimento? A volte c’è un po’ di demagogia; altre, poca conoscenza di quelli che sono i dati reali sulle emissioni e poi soprattuto non si è fatto un calcolo dei risultati. Oggi, bloccare euro6 diesel significa avere benefici molto bassi. Spero di organizzare presto incontro a presto con il Comune».
 
L’illusione, un mese da Presidente del Consiglio: quali sarebbero le tre decisioni sulla mobilità che farebbe approvare in maniera immediata? 
«Intanto aiuterei chi ha bisogno di cambiare la propria automobile e non ha possibilità di farlo. Il grosso del parco circolante è ancora fermo all’euro3. Agevolerei le famiglie italiane a sostituire la loro automobile, aiutando comunità e inquinamento. Come? Non con incentivi, magari proverei a garantire delle formule di finanziamento sovvenzionate dallo Stato con tassi agevolati, forse un tasso zero. Così stimolerei la domanda, aiutando i cittadini.  Poi, come già accade in molti Paesi Europei, passerei alle aziende sostenendo il rinnovo del loro parco con una maggiore deducibilità rispetto all’attuale. Il terzo provvedimento, strategico, sarebbe quello di aiutare noi costruttori a capire dove sta andando il sistema Italia. se verso l’incentivo a GPL e metano o verso l’auto elettrica con la realizzazione delle infrastrutture che servono. Chi compra una macchina elettrica nei prossimi anni non fa vincere la casa madre perché costa troppo farla, non vince il cliente perché il prezzo è troppo alto e non vince ancora quando la utilizza visto che per autonomia e infrastrutture ancora non c’è la libertà di guidare con serenità una vettura elettrica».
 
La sua idea del futuro in termini di guida autonoma o assistita che sia?
«Mia figlia che oggi ha 9 anni avrà la fortuna di guidare una macchina autonoma o assistita. Bisogna vedere di che mondo parliamo: in America o in Norvegia, entro tre anni, può succedere qualcosa, visto che già adesso anche contro la legge qualcuno va in ufficio leggendo in macchina. Da noi in Italia, no. Entro 10-15 anni vedo al massimo il 20% del mercato elettrico. Per le automobili a guida autonoma, bisogna andare molto oltre. E quando faccio questo discorso mi riferisco a quella che noi internamente definiamo guida autonoma di livello 4, cioè completa. L’altra, quella assistita può arrivare prima».
 
Mobilità sostenibilità: due termini di tendenza.  in cosa consiste secondo lei?
«In tutto quello che non coinvolge motori a combustione interna. In realtà, per me riguarda anche i sistemi di sicurezza che dovrebbero essere obbligatori, magari pagando meno tasse. Come in Danimarca, dove le tasse sull’acquisto o sul possesso dell’automobile non vengono calcolate solo in base alle emissioni ma anche in funzione dei dispositivi di sicurezza montati sul veicolo , che in quel caso prende un punteggio e sulla base di quello viene calcolata la tassa. Avere l’auto con la frenata d’emergenza in città, ad esempio, riduce l’incidentalità tra passeggeri e pedoni, e così si potrebbero ridurre di tanto i costi sociali della sanità. anche questa è mobilità sostenibile. Lo stesso discorso vale per il cambio automatico che e’ una tecnologia con costi di produzione ormai molto bassi rispetto a dieci anni fa ma non è ancora di massa. Mentre sicuramente aiuta a concentrarci alla guida, perché consente di avere  due mani al volante. Se alcuni dispositivi fossero incentivati si potrebbero migliorare le cose. In Italia non c’è nulla che sostenga queste cose».
 
Qual è secondo lei il rapporto corretto tra tecnologia e auto?
«Il rischio di esagerare con l’eccesso di engineering , di tecnologia sulle macchine c’è. Con l’ingresso di molti marchi, tra cui i coreani,si sta rischiando di accendere una sfida pesante tutta incentrata sulla tecnologia. La mia opinione, e penso di rispecchiare l’idea di Ford, è che bisogna continuare a commercializzare auto con il giusto contenuto di tecnologia. Quella che il consumatore è in grado di utilizzare e quella che effettivamente serve. Nel frattempo le Case devono continuare ad ingegnerizzare le tecnologie per i clienti che lae possono comprare o che la sanno utilizzare. Se dovessi prendere il mio esempio posso tranquillamente dire ch riesco ad usufruire del 30-40% della tecnologia che ho a bordo della mia vettura…».
 
Come va la Mustang?
«Va bene, facciamo i numeri che ci eravamo immaginati e prefissati come obiettivi quando l’abbiamo portata in Italia. Intendo 300-350 pezzi l’anno in particolare, la cilindrata 2.3. Anche i SUV vanno benissimo, in particolare la Kuga. Ormai siamo arrivati vicini a fare il 10% tra i privatie ha iniziato ad andare bene anche nelle flotte aziendali che si stanno spostando dai segment C e D sulla Kuga. Va meno bene, anche se in continua crescita la Edge che si scontra con marchi premium come BMW e Audi e difendersi quel segmento lì è dura. Oltre il 30% delle nostre auto vendute sono SUV. Siamo molto contenti, siamo il mercato che fa la migliore performance in Europa».
 
Per non spingete di più la gamma Performance, quella sportiva? 
«Perché la direzione del segmento è quella, oggi lì nessuno vende più o quanto prima. Nemmeno la Peugeot 205 e la Golf Gti. Le acquistano  solo i veri intenditori. per quanto ci riguarda, aver deciso di mantenere le versioni RS e ST ci ha permesso di sviluppare la ST Line che funziona bene. Ad esempio stimiamo di vendere una Focus, un EcoSport e un Edge su 3 ST Line e una Fiesta su 5  ST Line».
 
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