Diesel-gate Volkswagen: tutti sapevano da un anno. I retroscena

La dettagliata ricostruzione di Bloomberg svela il ruolo decisivo dell’ICCT un’organizzazione no-profit che ha prodotto il report fatale. La Francia chiede un’inchiesta Ue, la Corea concovoca i vertici VW
Diesel-gate Volkswagen: tutti sapevano da un anno. I retroscena
Pasquale Di Santillo
6 min

Alla Volkswagen sapevano di essere sotto esame da più di un anno e una lettera delle autorità americane dello scorso 8 luglio ha costretto ad esami più approfonditi che hanno generato l’epilogo-terremoto di questi giorni scorsi. Così mentre il mondo inizia a farsi domande per cercare di sapere la verità su quello che mette sulle sue strade e nell’aria, emergono retroscena inquietanti sul diesel-gate che ha coinvolto il Gruppo di Wolfsburg. 

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CASO MONDIALE - Si estende a macchia d’olio nel mondo la bolla di incertezza sull’effettiva pulizia dei diesel Volkswagen. Il trucco per ridurre le emissioni di scarico delle macchine vendute negli States dopo aver generato un pesante crac in Borsa del titolo VW (ieri bruciati circa 13 miliardi di euro), avviato una crisi mai vista nella gestione del gruppo in attesa anche della pesante multa in arrivo dalle autorità americane (18 miliardi di dollari), adesso Volkswagen deve difendersi dagli attacchi di tutto il Mondo. Ha iniziato la Francia con Bernard Sapin, ministro francese delle Finanze che ha invocato "un'inchiesta europea" sulla casa di Wolfsburg. Contemporaneamente il governo coreano ha convocato i vertici locali della Volkswagen. «Abbiamo invitato i rappresentanti e gli ingegneri della Volkswagen per un incontro al ministero nel pomeriggio - ha spiegato il vice ministro Park Pan-Kyu. «Cominceremo a svolgere dei controlli al piu’ tardi ad ottobre ed annunceremo i risultati alla fine di novembre».
   
RETROSCENA - Tutto è cominciato parecchi mesi fa, a inizio 2014, come racconta la dettagliata ricostruzione di Bloomberg. Un test molto serio realizzato dalla International Council for Clean Transportation (ICCT) una organizzazione indipendente nonprofit in un lungo viaggio tra San Diego a Seattle per verificare realmente dati che non tornavano sulle emissioni di CO2 dichiarate dalle Case. Un lungo viaggio davanti al Pacifico a bordo di una BMW X5, una Volkswagen Passat e una Volkswagen Jetta. Strategia di impatto resa necessaria dalle risposte mai complete e davvero chiare a fronte dei ripetuti interrogativi posti a Wolfsburg. Il primo report arriva dal gruppo-Mock, responsabile europeo dell’ICCT, esperto studioso delle emisisoni reali dei diesel di ultima generazione: «Le analisi suggeriscono l'applicazione di strategie di controllo degli NOx che sono ottimizzate per le attuali procedure d'omologazione, ma non sono sufficienti a garantire risultati adeguati su strada».
   
DISCREPANZA - Quello che sorprendeva Mock e tutti gli altri era l’incredibile e incomprensibile differenza tra i dati emersi dal banco motore e quelli dai test su strada. Mock si sposta negli Usa e coinvolge il suo omologo americano, tale John German (guarda te il caso...).  German e Mock chiedono collaborazione al Center for Alternative Fuels, Engines and Emissions dell'Università della West Virginia, che per le misurazione delle emissioni utilizza il Pems (Portable Emission Measurement System). Una strumentazione maneggevole e comoda da sistemare nel bagagliaio delle auto per misurare così i consumi direttamente su strada. Attenzione: il Pems verrà usato per le omologazioni nell’Ue a partire dal 2017... Ma torniamo al viaggio americano: i risultati che arrivano dal Pems lungo le 1.300 miglia sono devastanti. La Passat produce NOx per un livello 5-20 volte superiore al consentito, la Jetta tra le 15 e le 35, mentre la BMW X5 viene stata promossa. L'Icct, informa l'Epa e il California Air Resources Board, che avviano l'inchiesta.

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LA TRATTATIVA - E qui iniziano le trattative con Volkswagen che dopo qualche mese chiede di ripetere il test per cercare di risolvere il problema. A Wolfsburg sostengono di aver scoperto il "baco" all'origine delle emissioni fuori controllo, e avviano un provvedimento di richiamo (dicembre 2014) riguardante quasi 500.000 vetture. Ma le autorità americane che non  fermano le indagini verificano che le contromisure VW non risolvono il problema e così arriviamo all’8 luglio del 2015 quando l'ufficio californiano emette l'informativa ufficiale, indirizzata all'Epa e alla Volkswagen stessa. Washington chiede a Volkswagen ulteriori delucidazioni, minacciando la non certificazione di conformità necessaria alla commercializzazione negli Usa. Da questa scossa il terremoto di ieri.

MULTE DEL PASSATO - Nella storia dei costruttori, le irregiolarità e le multe relative non sono esattamente l’eccezione alla regola, anzi. Nel 2014 la Hyundai venne multata di 300 milioni di dollari (soltanto come parte di un accordo), per aver imbrogliato sui valori reali dei consumi di 1,2 milioni di modelli venduti negli Stati Uniti. La Toyota, nel 2013 ha pagato 1,2 miliardi di dollari sempre negli Usa dopo il richiamo di oltre 10 milioni di vetture per un problema (in alcuni casi mortale) al pedale dell’acceleratore. La stessa Honda, di recente ha dovuto versare 70 milioni di multa per essere intervenuta tardi sull’airbag difettoso (prodotto dai giapponesi di Tanaka), costato la vita ad almeno sette persone. Per ultima, la G.M. è stata multata di 900 milioni di dollari per aver tenuto nascosto un difetto al sistema di accensione su alcuni modelli che sono per costati la vita a 127 persone (casi riconosciuti dal costruttore americano). Andando indietro nel tempo rimase storica l’ammissione dela Mitsubishi Motors che nell’estate del 2000 fu costretta ad ammettere di aver nascosto difetti alle proprie auto per oltre venti anni. Il boss si allora Katsuhiko Kawasoe andò a scusarsi in tv, si dimise ma con lui persero il lavoro anche 11.000 operai per la crisi seguita alla clamorosa ammissione.


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