Caos Incentivi: l'ecotassa viola il diritto comunitario?

Secondo l'Ufficio tecnico del Senato, la tassa sulle vetture più inquinanti non basterebbe a sostenere gli incentivi e, secondo fonti di Bruxelles, sarebbe soprattutto contraria alle norme Ue.
Caos Incentivi: l'ecotassa viola il diritto comunitario?
Gianluigi Giannetti
8 min

La beffa prima del danno. Secondo l'ufficio tecnico del Senato, chiamato alla seconda approvazione della manovra Finanziaria già approvata dalla Camera e che contiene il provvedimento, i tanto discussi 300 milioni di euro provenienti dalla tassa sulle auto ad alte emissioni rischiano di non bastare per finanziare gli incentivi per l'acquisto di auto elettriche o a basso impatto ambientale. Anzi, gli esperti nella relazione invitano il governo ad inserire addirittura una clausola di salvaguardia " da attivare nel caso in cui gli aventi diritto possano vantare un ammontare complessivo di crediti di imposta superiori al tetto di spesa". Riassumendo, un disastro che ha il lusso di essere perfino già annunciato. E la cui portata potrebbe perfino aumentare. Se infatti la previsione di incentivi all'acquisto rientra in teoria nella facoltà di ogni Paese, fatta salvo salvo l'obbligo di non favorire produttori specifici o nazionali, molto più complicato è valutare la legittimità di un tassa sull'acquisto. Dopo aver interpellato fonti dirette a Bruxelles, possiamo infatti anticipare che il progetto del Governo italiano rischia di aprire molti fronti legali e di responsabilità nei confronti dei costruttori automobilistici di fatto penalizzati.

Andando con ordine, troviamo un piano di tassazione che impone 150 euro per i modelli che emettono tra 110 e 120 g/km di CO2, per salire a 300 euro in caso di emissioni tra 120 e 130 grammi, a 400 euro tra 130 e 140 grammi fino ad arrivare a 3.000 euro per le auto o i van che producono oltre 250 grammi di CO2 ogni chilometro.

Dovremmo innanzitutto valutare cosa finanziare con questo gettito, scoprendo la prima falla. Le vendite di auto elettriche rappresentano in Italia lo 0,3%, ovvero 4.630 vetture commercializzate nei primi undici mesi dell'anno, le ibride il 4,5%, cioè 81mila esemplari. Aggiungendo anche le 36 mila vetture a metano vendute, non si supera il 7% del mercato.

Nella logica di settori diversi da quello automobilistico, i produttori potrebbero certamente virare la produzione verso un maggior numero di vetture nelle condizioni di essere incentivate, ma trasportare questo ragionamento nelle vere logiche industriali di questo mercato significa non avere la minima idea dei tempi di produzione, di assegnazione degli stock di vetture ai singoli paesi e perfino delle difficoltà a creare le infrastrutture di rifornimento a gas o a zero emissioni. Insomma, significa non avere idea di un'auto. E neppure del sistema di gettito delle imposte, che non possono essere alimentate da tasse supplementari con la stessa forza naturale che ha l'imposta di valore aggiunto in un mercato florido alimentato dalla domanda , e non dalle penalizzazioni fiscali.

Il centro studi Promotor ha già fatto una cauta previsione dell'impatto di queste nuove norme, ovvero la perdita di almeno 100.000 immatricolazioni nel 2019, ma quel che è decisamente più grave, ha imposto la ragionevolezza dei conti, cioè spiegato che un simile provvedimento configura nella sostanza un danno all'erario dello Stato. Se infatti pure si trovassero i 300 milioni di euro derivanti dalla ecotassa all'acquisto, dovrebbero essere considerati in ogni caso briciole rispetto ad un sistema di ecoincentivi propositivo e non punitivo come quello adottato nel 1997 , che portò alle casse dello stato un introito netto di 1.400 miliardi di lire, ovvero 723 milioni di euro, generando per altro secondo la Banca d’Italia, un incremento del Pil di 0,4 punti percentuali. Quella italiana sembra una prospettiva del tutto sbagliata, insomma, come dimostra la Germania, che ha già avviato il suo piano di incentivi auto, riservati ai possessori di veicoli da Euro 0 a Euro 4, beneficiari di un contributo differenziato, ma positivo.

Detestabile a dirsi, ma se il Governo Merkel agisce per coprire le sue connivenze nello scandalo Dieselgate, lo fa comunque con strumenti opportuni, e soprattuto una consapevolezza dei vincoli comunitari che nel nostro Paese si è persa. E che il sistema di ecotassazione sull'acquisto di auto nuove viola nella sostanza.

Lasceremo infatti ai singoli costruttori che vendono vetture nel nostro Paese l'iniziativa di sollecitare da parte della Commissione Europea prima un parere, e poi una eventuale messa in mora nei confronti del progetto contenuto nella manovra, ma la considerazione è quella di una violazione del principio di reciprocità. Se infatti è nel potere di ogni azienda vedersi riconosciuto il diritto a vendere in tutto il mercato Europeo un prodotto che abbia ottenuto omologazioni in almeno un paese membro, dobbiamo valutare questo principio in modo complessivo. Ovvero, una vettura già rispondente alle più severe normative Euro 6 D-temp è di diritto rispondente alla massima richiesta legislativa comunitaria valida in termini di limitazioni alle emissioni. E ancora, il costruttore vanta un diritto nel venderla in ogni Paese membro, diritto che non può essere scavalcato senza una previsione normativa comunitaria che autorizzi il singolo stato ad andare oltre i limiti generali. Previsione che non c'è. Fatto quest'ultimo che non autorizza il Governo italiano a penalizzare un prodotto all'acquisto con una tassa, sulla base di limiti imposti in modo unilaterale.

Da alcuni viene indicato il parallelismo tra la Manovra italiana e la più recente scelta del Governo francese, che ha deciso una imposta di circolazione alle vetture che superino la soglia di emissioni di 185 g/km. Ma la sottigliezza di Parigi è stata tutta nel configurare l'imposizione non come una tassa all'acquisto pura e semplice, quanto piuttosto come un superbollo maggiorato da pagare una sola volta. Sfumature? Niente affatto, perché il dribbling dell'Eliseo ha una ragione: non si può ancora andare oltre. Solo ora il Parlamento Europeo ha iniziato a valutare la possibilità di una tassazione dei veicoli in base al loro grado di emissioni, ma il percorso sarà lungo e prevede uno step intermedio dedicato ai mezzi pesanti, che dovrebbero essere interessati a partire dal 2023. Nel frattempo, l'iniziativa non è lasciata agli stati, anzi.

Esiste nel diritto comunitario un ampio capitolo relativo agli aiuti di stato alle imprese e alla facilitazione che i Governi possano concedere ad un produttore piuttosto che ad un altro. Fattispecie punite, lo ricordiamo, ma che nell'esperienza della Comunità si sono sempre realizzate nella forma di incentivi all'acquisto. Mai avremmo immaginato di avere a che fare con una carbon tax imposta ai singoli cittadini, e non sul possesso sulla falsariga di un bollo auto, ma direttamente sull'acquisto. In questo caso, gli estremi sono quelli di una turbativa del mercato. Perchè sia chiaro.


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