Baccaglini, Auto e moto d'epoca: «Le auto? Come gli smartphones»

Il Presidente di Auto e Moto d'Epoca risponde a un nostro recente articolo: "L'auto occupa ruolo centrale nella cultura italiana".
Baccaglini, Auto e moto d'epoca: «Le auto? Come gli smartphones»
Pasquale Di Santillo
9 min

ROMA - Abbiamo ricevuto la missiva che segue dal dr. Mario Carlo Baccaglini organizzatore di Auto e Moto d’Epoca, il fortunato Salone padovano dell’infinita cultura italiana dell’automobile. E abbiamo deciso di pubblicarla integralmente perché offre riflessioni e spunti interessanti non solo come approfondimento e risposta al post che avevamo pubblicato lo scorso 2 dicembre sul futuro del Motor Show ma perché centra una delle tante questioni sospese del mondo dell’auto in Italia. E cioè quello che tutti ormai tendono a dimenticare, il valore profondo di quello che ha sempre significato l’auto nostro Paese. E’ vero, come scrive Baccaglini, l’auto non è un prodotto. Meglio sarebbe aggiungere che non è solo un prodotto. Infatti mai come oggi è un insieme variegato di prodotti che prendono forma di auto, oppure vengono inseriti all’interno della stessa per completarne il senso, oltreché la qualità. E quindi sarebbe riduttivo e sbagliato continuare ad esporla, così semplicemente come oggetto, per continuare a mungerne il prezioso succo, senza regalare punti di osservazione e approfondimenti diversi. A questo proposito, aspettiamo di capire meglio in cosa si esemplificheranno gli annunci degli organizzatori del Motor Show 2016. A giudicare dalle parole non ci dovrebbero essere grandi novità di contenuti rispetto al passato ma c’è tempo e pazienza per aspettare fatti concreti, fossero anche solo nella maniera in cui la rassegna bolognese vuole riprendere il cammino e restituire agli appassionati di motori qualcosa che gli è sempre quasi carnalmente appartenuto. Nell’attesa, ringraziamo il dr. Baccaglini per il suo contributo alla discussione e per aver scelto il nostro palcoscenico per alimentarla.

 

Gentile Di Santillo,
sono Mario Carlo Baccaglini, organizzatore di Auto e Moto d’Epoca. Vorrei contribuire alla discussione sui Saloni dell’auto in Italia lanciata nel suo articolo su Motor Village del 2 dicembre scorso. Sicuramente l’Italia merita dei grandi Saloni dell’auto, capaci di incanalare una tradizione che continua ad aggiornarsi nel presente rappresentando sia un enorme patrimonio culturale che un importante catalizzatore per il mercato della contemporaneità. Saloni che, come molto giustamente scrive, siano “profittevoli per tutti”: non solo pubblico, case automobilistiche ed esibitori ma per l’immagine del nostro Paese come meta turistica e serbatoio di prodotti di qualità. 


Per raggiungere questo obiettivo, però, bisogna fare un grande sforzo di immaginazione: guardare con occhi nuovi ciò che siamo abituati a vedere tutti i giorni e che diamo per scontato. Prima che sui Saloni, perciò, la riflessione in Italia deve essere, a mio modesto avviso, sull’auto in quanto tale: scoprendo che è molto più centrale nella nostra cultura, nel nostro immaginario e nella nostra quotidianità di quanto siamo abituati a ritenerla. L’approccio migliore ad un nuovo inizio è una frase di rottura: l’auto non è un prodotto. Certo è una delle più grandi industrie del mondo, impiega milioni di persone, muove centinaia di miliardi di dollari,eppure il risvolto economico – a parità di fascia di prezzo -è, paradossalmente, l’aspetto in assoluto meno significativo nel rapporto tra le singole auto e gli individui che le acquistano.

Ci aiuta molto a capire il valore dell’auto il paragone con l’unica rivoluzione tecnologica che riesca a reggerne il paragone: quella degli smartphones. Se ci chiediamo perché gli smartphones sono importantiscopriamo che il loro vero valore non è nella funzione che svolgono né nel loro prezzo, ma nell’essere piattaforme che ospitano centinaia di significati e attività nessuno dei quali esisterebbe senza la cultura che è nata loro attorno. I messaggi in tempo reale, le possibilità aperte dal potersi rintracciare in un lampo da un continente all’altro, l’essere sempre informati, sempre connessi ai nostri account, a network concentrici - di amici, colleghi, persone con le quali condividiamo interessi e passioni - ai database delle rete – molti redatti dagli stessi utenti -: ecco, questi sono gli ingredienti di una rivoluzione della quotidianità. Certo, gli smartphones servono anche a telefonare. Esattamente come le auto servono a spostarsi. Ma non è questo a rendere né gli uni né le altre così speciali. 


Nella percezione dell’auto e nella sua rivoluzione si incontrano tantissimi strati e livelli. In primis la libertà individuale che ha aperto le porte – tra le tante –alle vacanze come fenomeno di massa, ai concerti, alle multisale cinematografiche fuori dai centri urbani, agli agriturismi, agli appuntamenti di lavoro da una parte all’altra delle città nonché alla circolazione delle idee e delle persone come mai prima; l’ epopea: dei piloti, delle scuderie, delle grandi imprese che ancora oggi risuonano e continuano a farci vivere l’emozione delle competizioni basate sulla velocità – come la Formula1 – o sulle avversità naturali – per esempio la Parigi Dakar; l’incontro tra arte, design e artigianato; il piacere della guida, della sua riscoperta, della conservazione e della ricerca “filologica” che accomuna decine di migliaia di appassionati e club storici in giro per il mondo. L’auto è, infine e soprattutto, immaginario: significati depositatisi in decenni di documentari, film, messaggi promozionali. Significati chechi acquista una particolare auto riconosce e rafforza. Una nuova Land Rover è un fuoristrada. Ma una nuova Land Rover inserita nel solco della sua tradizione porta con sé l’eredità di cosa le Land Rover hanno significato nelle vite di ognuno: a partire dal senso di avventura e scoperta dell’ignoto lasciata dai documentari visti da giovani sulle savane dell’Africa “solcate” dai questi leggendariquattroruote. E questo è solo un esempio: ogni auto è diversa ed è la sua storia ramificata a dirci perché. Ai nostri occhi non ci sono dubbi sul fatto che una BMW abbia un “sapore” e “un colore” caratteristici come lo hanno, ognuno diverso, Mercedes, Porsche, Fiat e tutti i grandi marchi. E quel sapore nasce da una ricetta precisa e segreta: tutto ciò che abbiamo imparato, visto, letto e sentito su di loro. In pratica, perciò, chi acquista un’auto lo fa per spostarsi. Ma la scelta di una particolare auto rispecchia e rinnova ciò che quell’auto rappresenta nella coscienza individuale e collettiva stratificatesi in un intero secolo di storia. 


Per tutto ciò, considerare l’auto un semplice prodotto da esporre è estremamente riduttivo ed ogni Salone dell’autoin Italia, per aspirare a essere grande, deve saper capire e rappresentare le tantissime anime racchiuse all’interno di questo mondo.  Padova ha sviluppato la sua formula originale costruita attorno non alle auto, ma all’esperienza delle persone e a ciò che l’auto significa per loro. L’unione tra heritage e contemporaneo è la chiave, perché è esattamente lì che si trasmette in eredità il significato da una generazione all’altra. Padova è la curiosità per il nuovo con tutta la ricchezza che la tradizione vi riversa. È l’amore per la bellezza e l’arte racchiusa nelle forme del passato; forme che, non a caso, tornano come suggestioni nelle fogge del contemporaneo – nelle radio, nei refrigeratori, negli oggetti di design, negli stessi abitacoli delle auto – non perché vengano copiate, ma perché fanno parte della nostra sensibilità ad ogni nuova reinterpretazione. A Padova di questa cultura si incontrano i custodi – club, collezionisti, restauratori – e i fruitori: appassionati, curiosi e acquirenti che, amando le auto, si rivolgono a passato e presente come momenti inscindibili di un’unica epopea. 


I numeri sempre in crescita di Auto e Moto d’Epoca e del mercato dell’auto in generale evidenziano, come lei giustamente suggeriva, che la passione per l’auto è vivissima ed esiste un pubblico molto vasto che risponde con entusiasmo al suo richiamo. Padova e, dal 2015, Verona offrono una risposta – e non certamente l’unica possibile - per i Saloni dell’auto in Italia. Ma qualsiasi sia la formula adottata, il punto di partenza, a mio avviso, è capire che non stiamo “vendendo” un oggetto, ma condividendo qualcosa di molto più prezioso: una passione caleidoscopica che si riflette in mille sfaccettature della nostra quotidianità. L’intuizione, nel nostro caso, non è stato inventarsi qualcosa di nuovo, ma guardare con occhi nuovi ciò che le auto racchiudono: bellezza, cultura, storia, spettacolo, valori, aspirazioni, sensibilità individuali, sensazioni fisicheed emozioni. Sulla base della mia esperienza un Salone deve “salire” al livello del suo pubblico ed essere capace di esprimerne quante più possibile con genuinità.

Mario Carlo Baccaglini

 


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