In-dimenticabili - Autobianchi Primula

Nel 1960 la FIAT produsse con il marchio Autiobianchi la Primula, a trazione anteriore e motore trasversale. Infrangendo un Tabù che viniva da lontano.
In-dimenticabili - Autobianchi Primula
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Non verrà ricordata tra le auto belle, anzi probabilmente anche la Primula, marchiata Autobianchi e prodotta tra il 1964 e il 1970, è nella classifica delle auto brutte viste in Italia, almeno a guardarla con gli occhi di oggi. In realtà la Primula, al di là dell’estetica molto curata e innovativa, un pregio ce l’ha, e grande: se esiste la FIAT (o FCA) come la vediamo oggi lo si deve proprio a quest’auto qui.

Per capire come mai bisogna fare un bel passo indietro e arrivare fino a Torino, nel 1930, quando in casa del Senatore del Regno Giovanni Agnelli suona il telefono. Dall’altra parte del filo nientepopodimeno che Sua Eccellenza Benito Mussolini, che avanza una richiesta precisa e perentoria: “dovete produrre una Italica automobile che sia accessibile a tutti: costo massimo 5.000 lire” (dieci volte la paga mensile di un operaio) e, senza tanti convenevoli, riattacca.

Nel 1930 è iniziata da due anni la trasformazione del Regno in uno stato dittatoriale. La sede del governo, formato per intero da membri del partito fascista, si è appena trasferita a Piazza Venezia e l’Italia guarda anche all’Africa per avere il suo impero, dal quale prendere materie prime di cui è povera, tra queste il petrolio. Nel paese circolano poco più di 200.000 autoveicoli e nel conto sono compresi anche quelli pubblici. Di fatto avere un’auto è un lusso che possono permettersi in pochi e agli occhi di Mussolini brilla l’esempio degli Stati Uniti d’America, dove Henry Ford ha iniziato a realizzare il sogno di dare un’auto a tutti già dal 1908 e la mitica Ford T, Lizzie per gli amici, è addirittura andata in pensione da un paio di anni, dopo essere stata prodotta in 15 milioni di esemplari.

Nel 1930 Giovanni Agnelli detto “il Senatore” è alla guida della Fabbrica Italiana Automobili Torino, in piena crescita. Un uomo ricco, di denaro, ma anche di intuito, che sa benissimo che produrre un’auto da 5.000 Lire non è un buon affare per la Fiat, ma che sa altrettanto bene che non si può dire di no a Sua Eccellenza. Quindi, malgrado ciò, l’utilitaria si deve fare e del progetto viene incaricato Oreste Lardone che, a dir poco entusiasta, immagina una piccola auto con propulsore da 500 cc e trazione anteriore.

È l’estate del 1931 e il prototipo dell’auto che la FIAT non voleva realizzare è pronto: l’equipaggio di collaudo è composto da un autista collaudatore (senza non si può), Lardone (probabilmente impaziente di vedere all’opera la sua creatura) e lo stesso “Senatore” (un’eccezione, ma d’altra parte la richiesta veniva direttamente da Sua Eccellenza). L’auto parte e percorre diversi chilometri: si comporta bene, ha una buona velocità, lungo il percorso si dimostra agile e ben piantata in terra. L’ottimismo sale, l’entusiasmo pure. Agnelli si vede già al telefono con Sua Eccellenza a comunicare l’ennesimo successo di casa FIAT fino a quando, all’improvviso, l’auto prende fuoco a causa di una piccola perdita di carburante per una vite mal fissata. Tutti fuori dall’auto, a guardarla bruciare, miseramente, come il sogno dell’auto per tutti. 

Agnelli con la giacca bruciacchiata torna in fabbrica e prende tre decisioni: Lardoni licenziato, subito; il progetto insabbiato, Sua Eccellenza dimenticherà; e poi: mai più auto a trazione anteriore in FIAT. E così sia.

Uno dei propositi viene subito smentito: il progetto viene ripreso l’anno successivo su sollecitazione dello stesso Mussolini (che a quanto pare non aveva dimenticato nulla) e viene affidato ad Antonio Fessia e a Tranquillo Zerbi che, sentendo puzza di bruciato lo girano a loro volta a Dante Giacosa, molto giovane (così si fa le ossa e se va male peggio per lui) e agli inizi della carriera che lo avrebbe portato ad essere uno dei migliori designer e progettisti di auto al mondo. Proprio Giocosa, pur sapendo che il progetto migliore era quello di Lardone e che era stato abbandonato, realizzerà la “Topolino” a trazione posteriore. Un’auto semplice, piccola e con soluzioni ispirate all’economicità che avrà un buon successo sul mercato e che contribuirà a fare la storia di FIAT.

Il divieto di produrre auto a trazione anteriore durerà fino all’inizio del 1960 sopravvivendo anche al Senatore Agnelli, morto nel 1945. A infrangerlo sarà lo stesso Lardone, rientrato in Fiat dopo il licenziamento e sostenitore della necessità per la casa torinese di prendere la strada della trazione anteriore con motore trasversale. I vertici dell’azienda ben sapevano che Lardone aveva ragione ma il diktat di Agnelli era diventato un vero e proprio tabù, per infrangere il quale occorreva agire con oculatezza. In quegli anni al comando della casa Torinese sedeva da quasi un ventennio Vittorio Valletta, la cui presenza cominciava a fare ombra a un altro Giovanni Agnelli, “L’Avvocato” che di lì a pochi anni ne avrebbe preso il posto.

Il progetto per la realizzazione di un’auto a trazione anteriore prende origine proprio nel 1960, con il nome di “codice 109” ma si decide di non rischiare il marchio Fiat e di procedere con la produzione di una nuova auto marchiata Autobianchi. L’Autobianchi era nata sei anni prima da un’idea di Ferruccio Quintavalle, all’epoca presidente della Fabbrica Automobili e Velocipedi Edoardo Bianchi (il marchio che produceva le bici più famose al mondo: quella di Coppi per dirne una), che intendeva rilanciare la sua azienda grazie al coinvolgimento di due soci, in parti uguali: Fiat e Pirelli (quindi per la FIAT l’Autobianchi non è una controllata, ma quasi).

Per l’auto viene realizzato un nuovo pianale sul quale si monta il motore della gloriosa FIAT 1100, versione D (che in realtà era un 1221 cc di cilindrata) ma in posizione anteriore e trasversale. Novità epocale in casa Fiat. Altra novità: il cambio non viene posto a bagno nella coppa dell’olio del motore ma lateralmente, separato dal resto della componentistica. Come conseguenza quindi il cambio è immerso in un bagno d’olio specifico, più denso e quindi può avere una vita più lunga.

La tenuta di strada è garantita da sospensioni anteriori a ruote indipendenti Mc Pherson che assieme allo sterzo a cremagliera (un’asta dentata che viene mossa grazie a un pignone dentato azionato direttamente dal guidatore tramite lo sterzo) rappresentano le ultime due novità che completano l’auto.

La Primula esce sul mercato nel 1964, ha una carrozzeria a due volumi e due versioni: berlina e coupè, con una configurazione che va da 2 a 5 porte. Il portabagagli è inglobato nel volume centrale della vettura e il lunotto posteriore risulta quindi molto inclinato, l’auto ha una conformazione “fast back”, con la coda leggermente più alta rispetto a una tre volumi e un bagagliaio molto spazioso. Uno stile nato in America negli anni ’40 che oggi si può riconoscere in alcune coupé a 4 porte, come la Porsche Panamera.  Altra caratteristica dell’auto è la presenza delle pinne posteriori, poste sopra i gruppi ottici, prese anche queste dalle auto Americane disegnate o indirettamente influenzate nei disegni dal genio di Harley Earl, dalla cui magica matita era uscita, tra le altre, la Buick Y Job.

La Primula piacque, e molto, in Italia, ma anche in Francia. Non solo: passò a pieni voti l’esame dei critici vertici FIAT e venne prodotta in circa 76.000 esemplari prima di essere sostituita dalla A111. Fu più di un’auto da lanciare sul mercato: fece da apripista alla produzione (fortunata) di innumerevoli modelli a trazione anteriore del gruppo Fiat; introdusse il cambio laterale accoppiato alla trazione anteriore e al motore trasversale; infine rese giustizia a Oreste Lardone, che 30 anni prima (e con dieci anni di anticipo rispetto alla rivoluzionaria Traction Avant della Citroen disegnata da Bertoni, un altro italiano) aveva proposto questa soluzione alla FIAT. Purtroppo però l’ingegner Lardone non fece in tempo a vedere realizzato il suo progetto: era scomparso a seguito di un infarto tre anni prima del lancio dell’auto, troppo presto per raccogliere quanto gli era dovuto.

 


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