Rio, la redenzione di Ervin: vicino al suicidio e ora campione olimpico

Dal baratro al paradiso, la splendida storia olimpica dello sprinter statunitense
Rio, la redenzione di Ervin: vicino al suicidio e ora campione olimpico© Getty Images
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RIO DE JANEIRO - Sedici anni per tornare a vedere l'Olimpo, dopo aver toccato il fondo. Un baratro fatto di droga, alcol e pensieri negativi, un'esistenza trascinata con troppi senza, tra alloggi di fortuna e notti passate per strada, alla ricerca di una speranza. Fino ai folli pensieri di suicidio. Un tunnel in cui nemmeno l'acqua amica è servita ad attutire i colpi: l'uomo che visse due volte si chiama Anthony Ervin, è un 'sopravvissuto' al suo stesso male di esistere, ma la battaglia per tornare a galla l'ha vinta mulinando quelle braccia possenti marchiate dai tatuaggi. A 35 anni e quattro Olimpiadi dopo il titolo vinto a Sydney 2000, il californiano a Rio ha chiuso il suo cerchio: di nuovo oro nei 50 stile libero. Un'impresa che per le statistiche viene catalogata come quella del nuotatore più anziano della storia a laurearsi campione. Ervin ha fatto molto di più: in vasca ha battuto il francese Florent Manaudou e il connazionale Nathan Adrian, ma soprattutto ha ricacciato indietro i fantasmi che dopo il ritiro a soli 22 anni lo hanno tormentato, portandolo in una strada che sembrava senza ritorno.

«L'amore delle persone, della mia famiglia, del nuoto mi ha permesso di arrivare qui - ha detto lo sprinter statunitense - è stato un viaggio incredibile, sedici anni dopo». Ervin è un uomo diverso da quel ragazzo che a 19 anni saliva sul gradino più alto del podio: il suo primo pensiero appena compiuto il piccolo miracolo è stato abbracciare chi lo ha sostenuto e mandare un messaggio alla sua primogenita, appena sei settimane e che ancora deve conoscere perché nata durante i Trials Usa. «Il sogno americano è per tutti - dice il campione a stelle e strisce - senza differenze, non importa che tu sia uomo o donna, o di che colore sia la tua pelle o che forma abbiano i tuoi occhi, o chi decidi di amare, o la religione che segui: se si vuole inseguire il sogno americano basta la forza di chi ci ama e sconfiggere chi ci vuole distruggere».

Un percorso di redenzione quello di Anthony, tornato a sperare prima dei Giochi di Londra: il nuoto, poi anche la scrittura. Due forme di catarsi: la prima gli ha permesso di riappropriarsi del suo corpo, martoriato dagli effetti dell'alcol, della droga, delle notti insonne. La seconda è stata una terapia dell'anima: scrivere la sua vita fatta di eccessi, in quegli anni in cui l'unica consolazione era il rock, e la band in cui suonava la chitarra, lo ha aiutato ad essere l'uomo che è oggi. «Non rinnego tutto quello che ho fatto - racconta il nuotatore - gli alti, i bassi, i dolori. Tutto è servito per essere quello che sono. Ora so vivere il momento e sento che dietro c'è gente che mi sostiene». A Londra quattro anni fa il suo percorso di riabilitazione lo aveva comunque riportato in acqua e il quinto posto finale poco conta. Per un ragazzo senza speranza, confuso, depresso, il lavoro trovato e poi perso, e quella morsa perenne che lo aveva spinto fino all'idea di farla finita, il ritorno in acqua era già stato un successo. Ma anche nel suo tunnel Ervin ha sempre avuto chiaro dove fosse giusto stare. E così l'oro vinto a Sydney lo mise all'asta, e il ricavato devoluto per aiutare i sopravvissuti dello tsunami del 2004. A Rio la vita dello sprinter americano si arricchisce di una nuova storia e la sua autobiografia di un altro capitolo: due titoli vinti, prima la staffetta e poi quei 50 metri. 21"40 per rinascere ancora.


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