Caironi, la Bolt azzurra portabandiera a Rio

La sprinter bergamasca scelta quale alfiere dell'Italia paralimpica. Oro a Londra 2012 sui 100 amputati, è primatista del mondo di 100 e 200 metri
Caironi, la Bolt azzurra portabandiera a Rio© EPA
di Francesco Volpe
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Martina Caironi ha degli occhi azzurri come il mare e il cuore azzurro come ogni italiano di buona volontà. Da oggi anche un po’ di più. Sarà lei infatti la portabandiera italiani alla Paralimpiade di Rio 2016. L’ha nominata ieri la Giunta nazionale del CIP su proposta di Luca Pancalli. “Avevamo tanti atleti che avrebbero meritato questo onore - sottolinea con orgoglio il presidente del Comitato paralimpico - Penso ad Alex Zanardi, ad Alvise De Vidi o a Federico Morlacchi. E’ il segno che il movimento è cresciuto. Ma abbiamo scelto Martina per il suo modo di essere atleta. Sempre disponibile, sempre sorridente. La messaggera ideale del mondo della disabilità”.

ORO E RECORD - Bergamasca di Alzano Lombardo, tesserata per le Fiamme Gialle, la Caironi ha perso la gamba sinistra, amputata sopra il ginocchio a causa di un incidente con il motorino, quando aveva 18 anni. Lo sport le è servito per reagire, trovare la forza di darsi nuovi obiettivi. E che obiettivi! Campionessa olimpica dei 100 metri amputati (ctg T42/43) a Londra 2012, primatista mondiale su 100 (14”61) e 200 (32”29). E' la Bolt dello sport italiano. “Sono sorpresa e orgogliosa. Non ho una lunga carriera alle spalle e non me l’aspettavo. Sono emozionata adesso, figuriamoci quando a Rio avrò dietro di me tutta la squadra!” si illumina Martina, studentessa universitaria in mediazione linguistica e culturale.
    “Sei anni fa ho chiesto di fare atletica, mi hanno dato una protesi (superteonologica, studiata dai laboratori del Centro Protesi Inail Vigorso di Budrio; ndr) e mi sono messa a correre - racconta la Caironi - E’ venuto tutto così, in modo molto naturale. Ho trasformato la mia rabbia in energia positiva ed oggi non ho vendette da consumare, né rancore verso qualcuno, neppure nei confronti di chi provocò il mio incidente. Rappresento la normalità e con il mio esempio cerco di dare speranza agli altri”.


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