Giacomo Bulgarelli chi è stato? È stato il... calcio. Ma no, di più, è il calcio. Era il numero 8 di ieri, la mezzala, ma in parte anche il 6 e il 10, e cioè il mediano e il fantasista, perché sapeva fare tutto, perché vedeva il gioco come nessun altro, perché aveva un’intelligenza superiore ed è stato (o meglio è) tanto tanto tanto per il Mondo Bologna. Il “prosatore Realista” e giocatore preferito di Pier Paolo Pasolini per la sua capacità di giocare un calcio in prosa, una leggenda, un mito, una bandiera. «Onorevole Giacomino, salute» e l’Onorevole Giacomino, certo, era Bulgarelli. Il rito era sempre lo stesso: Giacomino usciva dal sottopassaggio degli spogliatoi ed entrava sul prato del Dall’Ara, il supertifoso Gino Villani gridava quella frase ad alta voce che è diventata storia e a quel punto la partita poteva cominciare. Con Bulgarelli che era (come) uno del popolo rossoblù, che rappresentava e giocava per Bologna, e non solo per il Bologna, sì, per l’amore infinito che aveva nei confronti della maglia. Della Sua Squadra. Quel grido era tutto, un invito alla battaglia, un incoraggiamento ma al tempo stesso, come scriveva sempre il nostro immenso narratore Gianfranco Civolani, anche un omaggio al figlio più amato della città, nato a Medicina, studente di liceo classico al San Luigi, «occhi cerulei e sempre la riga tra i capelli, come usava in quegli anni, la faccia pulita del bravo ragazzo ma anche il piglio del giovane playboy al quale non potevi che voler bene per come era stato cresciuto tagliatelle, tortellini e scappellotti dalla sua mamma».
Il "compagnone" Giacomino
L’onorevole Giacomino, lo abbiamo detto, inventava calcio con naturalezza ma spezzava anche il gioco degli avversari, sapeva essere artista ma portare anche la croce quando era necessario, era l’uomo dell’ultimo passaggio ma anche quello che faceva partire l’azione. La verità è una sola, dicevi Bulgarelli e dicevi tutto. E che carisma aveva, tutto il calcio non gli riconosceva solo dosi straordinarie di qualità ma anche una grande personalità. Dentro il campo e anche negli spogliatoi. Quella personalità che un giorno quel ragazzotto vivace, scaltro e pieno di ironia di Eraldo Pecci mise a dura prova. «La prima volta che lo vidi era seduto sul lettino del massaggiatore, al quale dissi di fare piano perché avrebbe potuto rischiare di rompergli qualche pezzo. Ricordo che Giacomino mi fulminò con gli occhi, poi quando capì che facevo l’asino accennò a un sorriso. Di quell’asino che sono io Bulgarelli diventò amico, e io ero orgoglioso che un campione del genere potesse stimarmi sia come calciatore che come uomo». Giacomino era un compagnone, gli piaceva vivere in “balotta”, andare in osteria, giocare a carte. «Se Giacomino era anche un tiratardi? Ehhh, boh. Diciamo che ognuno la sera aveva un proprio programma». Peccione ci racconta un’altra storia. «Una sera Giacomo mi portò a mangiare il tartufo a Dovadola, sulle colline forlivesi, andava pazzo per il tartufo, mangiammo tanto, bevemmo tanto e facemmo tardi. La mattina avevamo l’allenamento. Vidi Giacomino con tutte le sue tele sintetiche attorno al corpo per sudare e perdere peso. Poi una volta in campo si mise a tirare il gruppo, come faceva sempre. Da allora tutte le volte che lo vedevo così tappezzato gli chiedevo perché non mi avesse portato con lui a Dovadola, ma magari era stato solo alla sua solita Osteria del Sole in Vicolo Ranocchi».
Il guaio fisico e la Corea
Il Bologna, lo scudetto del ‘64, la Nazionale, Bulgarelli sempre e dovunque protagonista. Una volta anche in negativo per colpe non sue: Mondiali del ‘66, è la notte di Italia-Corea del Nord, Middlesbrough 19 luglio, la notte della Waterloo azzurra. Giacomino si infortuna, deve uscire anche se non avrebbe mai voluto dovendo lasciare a quel punto la squadra in 10, e la Nazionale di Edmondo Fabbri, il “Mondino nazionale”, perde ingloriosamente. Per tanti, se non addirittura per tutti, quel guaio fisico di Bulgarelli fu la causa principale di quella sconfitta che fa storia, gol di Pak Doo-ik. Anche se ci fu chi imputò almeno in parte allo stesso Fabbri le responsabilità di quella disfatta. Ad esempio Giovanni Lodetti, calciatore del Milan e di quella Nazionale, morto nel settembre del 2023. Secondo Lodetti, “Mondino” sottovalutò quella partita, lasciando fuori alcuni titolari e mandando in campo ugualmente Bulgarelli, nonostante non stesse bene fisicamente.
Faccia lei, Bulgarelli
L’onorevole Giacomino aveva un rapporto quasi privilegiato con Fabbri, per tanti suoi compagni di squadra e anche di Nazionale pare che “Mondino” lo ascoltasse molto. Sempre. E in questo senso ancora Pecci ha un episodio da far rivivere che riguarda stavolta Bulgarelli e Pesaola, l’allenatore di quel Bologna, ma che evidenzia (appunto) il carisma e la personalità di Giacomino. «Nel ‘74, nella finale di Coppa Italia che giocammo all’Olimpico di Roma contro il Palermo, andammo ai calci di rigori: i tempi regolamentari finirono 1-1, gol del pareggio di Savoldi negli ultimi attimi. Alla fine della partita Giacomo si rivolse al “Petisso” e gli chiese chi avrebbe dovuto tirarli. Ebbene, guardandolo in faccia Pesaola gli rispose tra ironia e fermezza. “Faccia lei Bulgarelli, tanto per lei non sarà un problema, fa sempre come le pare”. Sì, fece Giacomino e vincemmo la Coppa Italia».