Nembo Kid Riva, il vero “americano”

Nessuno come lui in Serie A: 14.397 punti realizzati in 785 partite dal 1977 al 2002. Lo volevano in NBA ma scelse per sempre l’Italia
Nembo Kid Riva, il vero “americano”
Fabrizio Fabbri
6 min

Non arrivava certo da Krypton ma più semplicemente dai campetti di Rovagnate, nella nebbiosa e laboriosa Brianza. Ma il soprannome di Nembo Kid, o meglio il Nembo Kid del basket italiano appioppatogli dal maestro delle telecronache Aldo Giordani, se lo è cucito addosso grazie al suo immenso superpotere: fare canestro in ogni modo. Oggi a 63 appena compiuti, è nato il 28 febbraio del 1962 a Lecco, Antonello Riva sfoggia ancora un fisico da urlo, quasi che per lui il tempo non fosse mai passato. Salutista, scalatore di montagne porta sulle spalle con leggerezza un po’ di record della pallacanestro italiana. 3784 sono infatti i punti realizzati in maglia azzurra, in 207 partite giocate, che ne fanno il più prolifico di sempre con la Nazionale A davanti al mito Dino Meneghin che si è fermato a 2847. È anche il giocatore che sempre con l’Italbasket ha messo in archivio il massimo realizzativo in una singola partita insaccando ben 46 punti nel canestro della malcapitata Svizzera il 29 ottobre 1987 in una partita terminata 141- 75. E per non farsi mancar nulla eccolo in testa anche alla classifica come miglior marcatore di sempre della serie A come certificano i 14.397 punti realizzati in 785 partite disputate dal 1977 al 2002.

Gli inizi

Bicipiti possenti, elevazione da saltatore in alto, fin da fanciullo un predestinato. Anche quando i primi passi li ha mossi sulle mattonelle dell’oratorio di Rovagnate. Faceva cesto anche allora e questo non passò inosservato agli osservatori della Pallacanestro Cantù che andavano in giro per i campetti della provincia lombarda. Era più alto dei suoi coetanei e aveva quella splendida predisposizione a smuovere la retina che è elemento essenziale dello sport immaginato e poi reso reale dal professor Naismith. La trattativa per portare nel club di Pierluigi Marzorati l’allora sconosciuto Antonello Riva si consumò in breve. Il tempo di un caffè, di una stretta di mano ed ecco che per una sacca di palloni e di un pulmino da utilizzare per le trasferte l’affare fu dichiarato concluso. E la strada verso la gloria spianata lì davanti se è vero che Arnaldo Taurisano, uno dei grandi maestri del basket italiano lo fece sollevare dalla panchina per regalargli, a soli 16 anni, l’esordio in serie A.

I trionfi e l'Nba

E dopo il Tau ecco l’allenatore che ha cambiato il corso della storia sportiva dell’ormai ex ragazzino che sognava sulle mattonelle di Rovagnate. A Cantù quel geniaccio di Lello Morbelli, allora general manager plenipotenziario del club brianzolo, chiamò Valerio Bianchini. Il Vate ci mise un attimo ad intuire le potenzialità di Nembo Kid. Tiro mortifero, sangue freddo, voglia di emergere convinsero il coach che decise in corso d’opera di gettare nella mischia Riva dando il benservito a Terry Stotts, americano avvezzo a giocare lontano da canestro, per affidarsi ai muscoli e alle bizze di Tom Boswell sotto le plance liberando così la grande capacità offensiva del ragazzino. Mossa azzeccata perché la Pallacanestro Cantù conquistò il suo terzo scudetto, mentre Riva il primo. Che resterà anche l’unico di una carriera dove però di vittorie ne sono arrivate parecchie. Basta guardare il suo palmarès in cui al tricolore ha aggiunto sempre con Cantù due Coppe dei Campioni (1982, 1983) tre Coppe delle Coppe (1978, 1979 e 1981) e una Coppa Intercontinentale (1982). E poi una Korac (1993) vestendo i colori della rivale di sempre dei brianzoli, ovvero l’Olimpia Milano. Le sue doti attirarono anche l’interesse della NBA. Altri tempi. Fosse stato oggi sarebbe salito su una scaletta ed avrebbe iniziato a macinare canestri anche sugli illustri parquet della lega professionistica americana. Golden State, sì proprio la franchigia di Stephen Curry, lo voleva. Lui voleva la NBA : «Fui votato – ha raccontato Nembo Kid - nel miglior quintetto base con Michael Jordan. Dopo quei Giochi fui chiamato da Golden State. Ma per le norme di allora se andavi a giocare in NBA non potevi giocare più in Nazionale e addirittura se tornavi in Italia eri considerato straniero. Già ero molto indeciso, poi mi infortunai e non ci pensai più».

L'azzurro e oltre

La sua America è rimasta l’Italia e in Nazionale si è messo al collo il metallo più pregiato, l’oro, agli Europei del 1983 in Francia a Nantes e poi, quasi un decennio dopo nel 1991 l’argento sempre negli Europei che si disputarono a Roma. Ha giocato, oltre con Cantù e Milano, anche con Pesaro, Gorizia e Rieti dove ha diviso minuti in campo con il figlio Ivan. Nel novembre 2004 a stagione in corso, con Terminillo a fargli da testimone, ha annunciato il proprio ritiro dal basket giocato all’età di 42 anni. Fermato dagli acciacchi, non certo dalle difese avversarie di cui è stato un autentico terrore.

 

 

 


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